venerdì 20 dicembre 2019

FEGATO DI RANA PESCATRICE, PORRI E FICHI DA FINCHE' C'E' TRIPPA DI DIEGO ROSSI


La mia pescheria, la Punto Mare di Rosignano S,  è speciale, l'ho detto e lo ripeto.. Scelgo una bella razza, mi assicuro che mi lascino il fegato ma è inutile chiederlo, lo sanno bene e mi accontentano sempre, anzi, la mia amica Valentina preleva anche due bei fegatini da due piccole rane pescatrici e me li mette in una busta, "tanto non se li piglia nessuno!!"
A casa, pulisco il pesce, scarto il pacchetto dei fegati  e scopro con sorpresa che quelli delle rane pescatrici sono chiazzati di rosso, segno che le buongustaie si sono alimentate a gamberi e i loro fegati avranno un gusto più morbido ed aromatico, in altre parole, saranno più buoni!!


Ho scoperto questa curiosità, e tanto altro, nel bel libro dedicato al quinto quarto sia di terra che di mare: Finché c'è trippa, scritto dallo chef Diego Rossi e dalla giornalista Barbara Giglioli, edito da Guido Tommasi, uscito a metà ottobre e subito acquistato. Il libro non è una semplice raccolta di ricette ma una vera opera, un racconto che trasmette emozioni e per me grande fonte di ispirazione.

Diego Rossi, veronese di nascita,  ha aperto nel 2015 a Milano, con il socio Pietro Caroli, Trippa,  una trattoria moderna che è diventata un vero cult e che offre cibo popolare che attinge alla tradizione contadina riproposta con guizzi di genialità sregolata e "libera" per usare un termine che lui stesso utilizza per definire la sua cucina.
Trippa  è anche una filosofia di cucina, non si riferisce solo a tutto il quinto quarto, nella sua accezione più classica di interiora e frattaglie ma si estende anche ad ogni tipologia di ingrediente il cui uso si è un po' perduto come le erbe spontanee, e recupera antiche sapienze e preparazioni dimenticate.

Grazie a questo  libro, mi si riaccende, dunque, la passione un po' sopita per il quinto quarto, peraltro presente qui sul blog nella versione marina e sulla mia seconda pagina Insalata Mista, in versione terrestre,  e mi viene voglia di sperimentare. Ma non solo,  il concetto che Trippa esprime mi provoca un'illuminazione! Forse dovrei inglobare in  Poverimabelliebuoni anche  tutto il quinto quarto terrestre, animale e "vegetale" , e non pesci dimenticati o negletti da una parte e carni, frattaglie animali e verdure e dolci dall'altra..una parola, boh..prima o poi lo faccio e unisco le due pagine.

Nel frattempo, mi sono così appassionata che, innanzitutto, ho osato affrontare per la prima volta le animelle bovine, vedi Animelle e puntarelle (ma il piatto forse è un po' troppo fighetto, almeno nella composizione estetica, per essere in sintonia con il pensiero del Rossi.... )  Non contenta, ho prenotato, ben cinque settimane prima, da Trippa e ci sono stata il 13 dicembre e mi sono divertita moltissimo. E' stata una piacevolissima esperienza, sola, soletta, accomodata al bancone in pole position, di fronte alla cucina a godermi lo spettacolo! Non potevo chiedere di meglio!



Lo chef mi ha anche fatto la dedica sulla mia copia del libro e su un'altra che devo regalare a Natale.

L'happening è stato ampiamente documentato in tempo reale sui social ovviamente con condivisione e commenti ad ogni singolo piatto : trippa fritta da sgranocchiare come aperitivo a mo' di patatine fritte sorseggiando un delizioso Franciacorta; testina di vitello con salsa verde e rafano (fantastica, sono tornata bambina con quella salsetta verde, uguale a quella della mia mamma che accompagnava il bollito di cui ero ghiotta. Il tocco del rafano è un guizzo indovinatissimo)
Poi mi ero prenotata il midollo che cuociono alla brace e servono nel suo osso con il cucchiaino. Mamma mia, che goduria!! E scarpettare col pane è d'obbligo naturalmente!
Ma prima del midollo, ci ripenso e chiedo un piatto allo chef  a sua scelta, seppur rigorosamente quinto quartista. Arriva una roba mai vista, pazzesca: esofago in insalata con cavolo viola in agrodolce e maionese all'acciuga.
Mi trattengo dal finirlo perché altrimenti il mio "esofago" si sarebbe ribellato e mi avrebbe torturato tutta notte, ma era un delitto lasciarlo.
Non riesco a mangiarmi il dessert, chiudo con il voluttuoso midollo.  Saluti e baci e chissà quando riuscirò a tornarci...sigh...

E oggi, si è riaccesa la lampadina con i fegatini di pescatrice, del resto, si cucina secondo il mercato e quando si trovano certe leccornie, non si può farsele scappare!!

FEGATO DI RANA PESCATRICE, PORRI E FICHI

Ma quale foie gras????!!! Vai col foie de mer che anche sulla tavola di Natale farebbe la sua porca figura, perché no? Squisito e sopraffino, provare per credere...


Per la ricetta, riporto le dosi indicate dal libro, con le mie note e piccole sostituzioni perché alcuni ingredienti sono stagionali come i fichi e le loro foglie :

400 g di fegato  freschissimo di rana pescatrice (se averte la fortuna di trovarli colorati di rosso/arancio, vedi sopra, sentirete che meraviglia)
200 g di porro
4 fichi neri o  verdi (sostituiti con dei fichi verdi che ho fatto essiccare quest'estate e ne avevo ancora un paio superstiti, abbastanza morbidi e poco dolci, al naturale)
4 foglie di fico (ovviamente queste ora non si trovano proprio!!)
4 cucchiai di mosto cotto di fichi (io d'uva)
1 spicchio d'aglio
1/2 bicchiere di Marsala secco (io avevo della Vernaccia di Oristano, degna sostituta)
qualche goccia di aceto di Jerez (celo!! :-)
50 g di burro
timo
sale fino e pepe nero qb

Tagliate il porro a losanghe di mezzo centimetro (io forse ho abbondato nello spessore...) e fatelo cuocere molto lentamente in una noce di burro, così da dorarlo senza però bruciarlo.
Lavate i fegati, fate dorare in padella a fuoco vivo per un paio di minuti con una noce di burro. Sfumate con il Marsala, quindi togliete dal fuoco e insaporite con aglio e foglioline di timo. Fate riposare circa 3 minuti in modo che il calore penetri dolcemente all'interno.
Tagliate i fichi a metà, scottateli in poco burro dal lato del taglio, infine glassateli con il mosto e l'aceto.
Servite (in stagione) su un letto di foglie di fico tostate in forno. Spolverate di pepe nero macinato al momento al mulinello.

PS: incredibile ma vero ho perso un sacco di tempo per impiattarlo e dargli un aspetto aggraziato, ho persino cambiato piatto due volte, mai soddisfatta. Ho vuotato il contenuto in un terzo piatto a casaccio, il risultato mi è sembrato perfetto e quello è stato immortalato!!! Bello ma non troppo "leccato"  e sicuramente allo chef piacerà di più così :-D 

lunedì 16 dicembre 2019

RISOTTO AL PESTO DI CAVOLO NERO, TRIGLIE, ARANCIA E BOTTARGA


Per questo risotto al pesto di cavolo nero, triglie e bottarga ho preso spunto da una ricetta trovata su Sale&Pepe di novembre che prevedeva una pasta fatta con farina di ceci. Io l'ho declinata in versione risotto, che ultimamente è la mia passione, e poi ho aggiunto del mio perché mi piaceva molto la combinazione proposta dalla rivista: cavolo nero e triglie ma, nonostante mi ripeta continuamente di essere essenziale, di non esagerare con gli ingredienti, così com'era mi sembrava un po' troppo semplice.
Insomma la base c'era, ho lasciato decantare un po' l'idea, presa anche da altre preparazioni, eventi e lavoro ma non l'ho abbandonata, l'ho solo riservata al momento propizio in cui mi si sarebbe accesa la lampadina per completarla in modo più soddisfacente con un tocco speciale ma ben ponderato, non solo per creare un effetto sorprendente a tutti i costi.
E il bel giorno è arrivato, di primo mattino, appena sveglia, e mi capita spesso di alzarmi con l'illuminazione; a mente fresca, si sa, si ragiona meglio, soprattutto se la sera prima siamo andati a letto presto e sobri!!
Mi interrogavo sul fatto che una spintarella sapida ci potesse stare bene e ho pensato alla bottarga ...in più, volevo anche una nota agrumata che si integrasse in modo armonioso con l'insieme e l'arancia mi è sembrata la risposta giusta con la sua acidità garbata e l'aromaticità della buccia (quest'ultima avrebbe aggiunto anche un ulteriore contrasto di colore)

L'assaggio è stato più che positivo, c'era tutto quello che volevo. Che soddisfazione quando tutte le tue congetture mentali si materializzano esattamente come le hai concepite e il gusto non tradisce le aspettative....

Taglio corto, volete sapere come si prepara il RISOTTO AL PESTO DI CAVOLO NERO, TRIGLIE E BOTTARGA? E' facile, non velocissimo ma facile. Ecco la ricetta:

Ingredienti per 4 persone


320 g di riso vialone nano
1000-1200 ml di brodo di verdura
200 g di foglie di cavolo nero
25 g di pinoli
½ spicchio d’aglio rosa
1 arancia non trattata
4-6 triglie da 100-120 g cad
Bottarga di muggine o di sgombro (la mia, autoprodotta, è di sgombro)
(Olio evo all’aglio qb )
Olio evo qb
Sale fino qb


Per il pesto di cavolo nero: mondare le foglie, togliere le coste centrali (non si buttano via ma si lessano a parte e si possono utilizzare come contorno, magari rosolate in padella con aglio e acciughe salate). Tenere da parte qualche fogliolina tenera del cuore del cavolo nero. Sbollentare le foglie per 3-4 minuti in acqua bollente con un po’ di sale.
Scolarle, metterle in un recipiente con acqua e ghiaccio per raffreddarle velocemente e mantenere un bel verde brillante. Scolarle, strizzarle bene, tamponarle con carta assorbente, tritatele al coltello e infine metterle nel bicchiere di un frullatore con i pinoli, 2-3 cucchiai d’olio e un cubetto di ghiaccio. Frullare fino ad ottenere un pesto cremoso, regolare di sale. Versare in un recipiente, coprire con pellicola a contatto della superficie, tenere in frigorifero fino all’utilizzo.

Pulire e sfilettare le triglie, rimuovere tutte le spine con l’aiuto dell’apposita pinzetta.

Avviare il risotto facendo tostare il riso con poco olio e portarlo a cottura aggiungendo poco alla volta del brodo leggero di verdure. Mentre cuoce il riso, marinare le triglie con del succo d’ arancia.

A pochi minuti dalla cottura, spegnere il riso piuttosto bagnato, far riposare un paio di minuti. Mentre il riso riposa, rosolare in padella antiaderente appena velata d’olio le foglioline di cavolo e i filetti di triglia prelevati dalla marinata senza scolarli troppo, tostandoli velocemente dalla parte della polpa, regolare di sale. Tenere in caldo.

Infine, mantecare il risotto, sempre lontano dal fuoco, con due cucchiaiate di pesto di cavolo nero, una spruzzata di succo d’arancia e un po’ d’olio evo, eventualmente aromatizzato all’aglio, se gradito, per un tono più marcato, mescolando e scuotendo la pentola vigorosamente. Aggiustare di sale se necessario. Coprire, far riposare ancora un minuto.

Servire il riso ben allargato in piatti fondi, guarnire con i filetti di triglia, le foglioline di cavolo, della bottarga a scaglie e una grattugiata di scorza d’arancia. Condire il tutto con il fondo di cottura delle triglie.

E' anche bello cromaticamente, vero?



martedì 10 dicembre 2019

SALSICCIA DI PESCE E FRIARIELLI


Sembra una salsiccia e friarielli in piena regola, vero? Effettivamente lo è, solo che la salsiccia anzichè di suino, è di pesce!!

Salsiccia di pesce che ho fatto io e che è finita sulla pizza dell'amico pizzaiolo Gabriele Dani di Bottega Dani, Cecina:  base bianca con farina 0, impasto e cottura verace e mozzarella fiordilatte, realizzata qualche sera fa quando gli ho fatto una sorpresa e mi sono presentata, tutta gongolante e orgogliosa,  con le mie salsicce fresche fresche. Inevitabile pensare ad uno dei grandi classici napoletani e di questi tempi da lui i friarielli non mancano mai!


Era da tempo che mi frullava in testa questa idea, l'ho programmata con calma e infine mi sono ritagliata una mattinata per metterla in pratica. Devo dire che è stato meno drammatico del previsto, temevo di fare un gran pastrocchio, invece me la sono cavata benino dai...Non avendo l'attrezzo per formare le salsicce, ho adottato il metodo casalingo suggerito dall'amica chef Gabriella Pizzi , ho utilizzato, cioè, una bottiglia mozzata a mo' di imbuto su cui ho infilato il budello e gli ho spremuto dentro il ripieno con una tasca da pasticceria. Semplice, no?  E quanto mi sono divertita!!


Gabriele all'opera con la sua pizza e le mie salsicce:




Ingredienti per 5 salsicce :

Polpa di palamita g 400 ca (al netto degli scarti, della pelle e delle spine)
Calamari puliti (solo il corpo, senza tentacoli e pinne) g 300 ca
1 albume
1 spicchietto d'aglio
una cucchiaiata di semi di finocchio
una cucchiaiata di erbe aromatiche secche in polvere (alloro, rosmarino, salvia, timo)
sale fino e pepe nero di mulinello abbondante

budello di maiale sotto sale
spago da cucina
una bottiglia di plastica o un imbuto con bocchetta grande

Reidratate il budello mettendolo in acqua per almeno un'ora, poi scolatelo, asciugate e distendetelo su un vassoio.

Tritate al coltello la polpa di palamita  e i calamari, mescolateli in una ciotola con l'albume, l'aglio passato nello spremiaglio  e tutti i sapori. Mettete il composto in una tasca da pasticceria.


NB: prima di riempire le salsicce, ho fatto la prova del sale: ho preso un cucchiaino di composto, l'ho fatto cuocere brevemente in padella e l'ho assaggiato, a quel punto ho regolato di conseguenza con altro sale e pepe

Fate calzare il budello sul collo della bottiglia, eventualmente fermatela con dello spago o un elastico, spremete il composto nella salsiccia attraverso l'imbuto-bottiglia e, aiutandovi con le mani, schiacciate e fate scendere nel budello man mano.
Al termine legate le salsicce con lo spago e godetevi il risultato!!!


Si conservano per 2-3 gg in frigorifero e si  cucinano e si consumano come delle normali salsicce, ci potete abbinare del puré di patate, o i classici fagioli o i friarielli, o quello che volete! Ovviamente si possono realizzare anche con altri pesci, il pesce spada per esempio o il tonno, il tombarello....
Per l'utilizzo sulla pizza, Gabriele ha preferito sbollentarle velocemente in acqua, in modo da sigillarle,  ma lasciandole ancora crude all'interno, e poterle agevolmente tagliare. Hanno finito di cuocere pochi minuti in forno sopra alla pizza. A mio avviso non è necessario spellarle, il budello è finissimo, si può mangiare...in ogni caso, degustibus..

Lo spumante rosé delle Ripalte della Tenuta delle Ripalte, Isola d'Elba, un gradevole metodo classico da uve aleatico, ha accompagnato egregiamente la salsiccia e friarielli "ammarata", come l'ha soprannominata Gabriele.
I friarielli provengono dall' orto di sua suocera, spadellati con aglio e un pizzico di peperoncino. E che ve lo dico a fà, una goduria!!! E una bella soddisfazione, dai..


giovedì 5 dicembre 2019

ANIMELLE E PUNTARELLE


Animelle fa rima con puntarelle! Ma non fa solo rima, vanno proprio a braccetto, anzi danzano amorevolmente insieme, insomma si amano!! Ahahahahah, non sto farneticando! Ma questo è l'effetto che mi ha fatto il piatto che sono riuscita a creare, troppo buono!! Mi sono sconvolta da sola per il risultato ottenuto! E ora basta coi punti esclamativi.

A onor del vero, mentre cercavo un video tutorial on line su come trattare e pulire le animelle, perché, pur piacendomi moltissimo, non ho mai osato affrontarle nella mia cucina, ho preso spunto da un'idea trovata su  Sfizioso.it dello chef Paolo Ribotto del Bricks di Torino: animelle in crosta di grissini, patate alla senape e puntarelle.
A differenza del piatto dello chef, la mia panatura delle animelle è costituita dalla farina di mais, con le patate ho fatto una crema e ho pure fatto la senape da me! Inoltre le puntarelle le ho condite in modo classico con le acciughe e ho aggiunto una spruzzata di succo di bergamotto che adoro; ne ho grattugiato anche la scorza  sopra a tutto il piatto, in cui compaiono anche le foglie esterne delle puntarelle, cioè la cicoria catalogna, saltate in padella con olio e aglio.

L'ho costruito mentalmente per giorni, per trovare la quadratura del cerchio e pur figurandomi gli ingredienti insieme, fino a che non si assaggia, non si ha la prova finale e pratica delle proprie intuizioni teoriche. Devo dire che la sorpresa più grande all'assaggio, non è stato tanto il connubio puntarelle animelle  (ero abbastanza tranquilla che la dolcezza delle animelle avrebbe trovato il suo contraltare nell'amaro delle puntarelle) bensì  il bel gioco a rincorrersi tra la sfumatura della senape e quella del bergamotto, davvero sorprendente per la sinfonia aromatica che scaturisce dall'insieme.

Curiosi di provare? Qui sotto la ricetta anche se le dosi sono un po' a sentimento, non ho preso nota, ho mescolato, assaggiato, condito...insomma..bisogna affidarsi alla propria sensibilità!


ANIMELLE E PUNTARELLE 
animelle panate al mais, crema di patate alla senape, puntarelle acciughe e bergamotto, cicoria saltata, scorza di bergamotto 


Animelle di vitello freschissime
farina di mais
albume
olio evo dal gusto delicato

patate a pasta gialla
acqua, latte, olio evo delicato
senape in polvere
senape in grani
aceto di mele  o vino bianco
acqua
sale e zucchero

Puntarelle
foglie di cicoria catalogna
aglio 
acciughe sotto sale o sott'olio
bergamotto non trattato


Pulite le animelle dal grasso, mettele a spurgare in acqua e aceto per 3-4 h cambiando spesso l'acqua.
Infine scolatele, tamponatele con carta assorbente, cercate di rimuovere la pellicina che le ricopre.
Scottatele per 10-15 minuti in acqua bollente con un pizzico di sale.
Scolatele, completate la rimozione della pellicina, se rimasta, mettetele in un colino con un peso sopra e fate depurare ancora. 

Per la salsa alla senape ho le dosi! Più o meno.. perché tutto dipende dal tipo di senape che trovate e dal tipo di aceto utilizzato, io avevo solo quello di mele in casa : pesate 50 g di senape in polvere, 40 g di acqua e 30 g di aceto di mele o di vino bianco, sale e zucchero qb
Miscelate l'acqua con l'aceto. Versate il liquido ottenuto poco alla volta  sopra alla polvere di senape e mescolate velocemente per non formare grumi, fermatevi alla consistenza desiderata. A seconda del tipo di polvere potrebbe essere sufficiente anche meno liquido di quello indicato. Condite con un po' di sale e zucchero, assaggiando e dosando poco alla volta a proprio gusto. 


Bollite la patata con la buccia (io le bucherello e le cuocio dai 4 ai 6-8 minuti nel microonde a potenza max, a seconda della grandezza, girandole a metà cottura). Tagliatele a metà ancora calde e senza sbucciarle passatele nello schiacciapatate (non è necessario bruciarsi le dita e sbucciarle bollenti, la buccia rimarra nel filtro dello schiacciapatate!!!) 
Raccogliete la purea ottenuta nel bicchiere di un frullatore ad immersione, aggiungete un po' d'acqua, un po' di latte e un filo d'olio e frullate, aggiungendo gli ingredienti poco alla volta, fino ad ottenere una consistenza liscia fluido/cremosa. (meglio passarle prima nello schiacciapatate e poi nel frullatore perché se si frullano direttamente diventano collose). A questo punto insaporite con una cucchiaiata di senape, assaggiate, aggiustate con altra senape ed eventualmente sale e zucchero. La senape si deve sentire ma non deve annullare il gusto delle patate. L'acidità dell'aceto della senape sarà smorzata dal latte e dallo zucchero ma ne deve rimanere traccia. Insomma va trovato il giusto equilibrio.

Mondate le puntarelle, tagliatele a julienne finissima e fatele arricciare in acqua e ghiaccio per qualche ora. Scolatele bene, conditele con un'emulsione di olio, acciughe ridotte in pasta e succo di bergamotto. 

Mondate, lavate e tagliate a striscioline le foglie della cicoria catalogna, fatele saltare brevemente in padella con un filo d'olio e uno spicchio d'aglio che poi toglierete. Insaporite con poco sale. Tenete in caldo mentre friggete le animelle.

Pronti con tutti gli annessi e connessi, riscaldate la crema di patate e tenete in caldo. 
Per la cottura delle animelle  vi offro due opzioni, mi sono piaciute entrambe, a ciascuno la sua: tagliate le animelle a fette spesse, passatele nell'albume leggermente battuto, poi nella farina di mais e infine friggetele in padella antiaderente abbondantemente irrorata d'olio evo. Salate alla fine, mettete a scolare su carta assorbente prima di impiattare.
Oppure, cospargetele con la farina di mais senza passarle nell'albume e rosolatele. Nel primo caso si forma una crosticina netta, croccante e consistente. Nel secondo caso la rosolatura è più lieve, si formerà un velo croccante ma meno consistente e il gusto risulterà più delicato.

Versate un po' di crema di patate alla senape a specchio sul fondo di un piatto, date dei colpetti sotto al piatto per farla distendere, come si fa per il risotto. Contornate la crema con le animelle, intervallate da mucchietti di catalogna cotta e puntarelle alle acciughe. Cospargete con una grattugiatina di scorza di bergamotto e senape in grani e buon divertimento!


lunedì 2 dicembre 2019

FROLLINI AL TE' MATCHA CON FARCIA ALLE ACCIUGHE E LIMONE PER LA PRESENTAZIONE LIVORNESE DI GUSTO GIAPPONESE, SAPORE TOSCANO


Come avevo annunciato nel mio precedente post, questi frollini al tè matcha con farcia alle acciughe rappresentano l'inedito che ho ideato e realizzato espressamente per il buffet aperitivo che ha concluso la bella presentazione di martedì 26 novembre a Livorno, nella sede del quotidiano Il Tirreno, del libro di Elisabetta Arrighi : Gusto giapponese, sapore toscano, dedicato alla chef giapponese Kazuyo Hada, del ristorante enoteca Vinalia di Cecina. Nel libro compaio anch'io con un'intervista sulle contaminazioni in cucina e propongo quattro ricette  fusion est-ovest. 


Un inedito perché le mie ricette contenute nel bel volumetto non erano adatte ad un aperitivo, ci voleva qualcosa di appropriato, facile e soprattutto pratico da preparare e trasportare senza problemi come il classico snack salato da forno. Mi sono inventata, quindi,  dei biscotti salati con un  ingrediente utilizzato in una ricetta dolce contenuta nel libro : il tè matcha, a cui avrei aggiunto un tocco acciugoso naturalmente. 
Il tè matcha si trova per lo più in ricette di torte e biscotti dolci, non sapendo come potesse funzionare col salato, ho fatto una ricerca on line e non ti salta fuori la ricetta di frollini salati della mia amica blogger Sara di Pixelicious?  La sua versione prevede il parmigiano nell'impasto e una farcia ai fagioli verdi. Faccio le dovute  sostituzioni, pensando che se l'umami del parmigiano può funzionare, anche l'umami delle acciughe ben dosato avrebbe fatto il suo dovere!
Primo esperimento bocciato: ho caricato troppo i frollini di tè, sono venuti scuri, amari e salati perché anche l'equilibrio tra  zucchero e sale non l'ho preso al primo tentativo. Aggiusto le dosi, faccio una seconda prova e funziona tutto! Quindi procedo con i calcoli di quanti dischetti ho ricavato dalla dose prova,  faccio le dovute proporzioni e il giorno precedente all'evento mi metto all'opera, hai visto mai che sbaglio qualcosa? quindi mi tengo un giorno di riserva ;-)
Invece tutto procede abbastanza bene, triplico le dosi, faccio tre infornate e tiro fuori un'ottantina di frollini. 

La presentazione è andata molto bene, è stata intensa e ben moderata dal giornalista del Tirreno Giuseppe Boi,  alla presenza di un discreto numero di persone, fra cui alcuni amici sostenitori. 

L'aperitivo è stato un vero successo con proposte molto carine e una presentazione di buon gusto, merito di Kazuyo e del marito sommelier Simone Cavallini che ha portato anche un bel bottiglione di Sakè, che, senza saperlo, stava benissimo con i miei frollini ma anche con  le loro straordinarie arachidi al wasabi. 


C'era inoltre uno spumante da uve durello e io ho proposto Donna Olimpia Doc Bolgheri bianco 2017 (vermentino, viognier, petit manseng) dell'azienda Donna Olimpia 1898 di Bolgheri, con la quale collaboro, che invece si sposava con la focaccia alla maionese di Vinalia preparata da Kazuyo:  maionese nell'impasto e poi colata sopra, una goduria!!!

Ed eccoci alla foto di rito finale con il nostro libricino in bella vista! E tutto è bene quel che finisce bene...e mi raccomando, non perdetevelo, prossimamente sarà di nuovo in edicola col Tirreno!

E la ricetta dei frollini? Eccola!

FROLLINI AL TE' MATCHA CON FARCIA ALLE ACCIUGHE E LIMONE

Dosi per ca 20 frollini 
diametro 3 cm, spessore 3 mm 

farina di riso 80 g
farina 0 20 g
burro 50 g
zucchero di canna finissimo 30 g
tuorlo 15 g
tè matcha 6 g
sale fino 4 g
acqua fredda qb

robiola 30 g 
burro 10 g
3-4 filetti d'acciughe salate o sott'olio
scorza di limone grattugiata qb

Setacciate le farine insieme allo zucchero, al sale e al tè matcha. Fate una fontana su una spianatoia create un buco al centro, mettetevi il burro freddo a tocchetti e il tuorlo. Impastate con la punta delle dita, aggiungendo un po' d'acqua, se necessario, compattate la pasta senza lavorarla eccessivamente. Formate una palla, coprite con pellicola e fate riposare in frigorifero 30' ca. 
Accendete il forno a 150-160° C.
Togliete la pasta dal frigorifero, fate riposare 5 minuti, infine stendetela col matterello su un piano infarinato, in modo da ottenere uno spessore di ca 3 mm. Ritagliate ca 40 dischetti con un coppa pasta da 3 cm, reimpastando anche i ritagli fino ad esaurimento della pasta. 
Mettete i dischetti su una teglia rivestita con apposito tappetino antiaderente o carta da forno. Coprite con carta stagnola bucherellata (per preservare il colore verde altrimenti in cottura diventa un po' marroncino ai bordi), infornate e dopo 7-8 minuti, togliete la stagnola e continuate la cottura per altri 6-7 minuti. Togliete subito i biscotti dal forno, non preoccupatevi se risulteranno ancora morbidi, metteteli su una griglia a raffreddare, in pochi minuti diventerranno secchi ma friabili.

Preparate la farcia, lavorando la robiola con il burro ammorbidito e le acciughe tritate, ridotte in pasta e una grattugiata di scorza di limone. Le dosi sono abbastanza indicative, dipende molto dal grado di sapidità delle acciughe utilizzate. L'acciuga si deve sentire ma la farcia non deve essere eccessivamente sapida per non penalizzare il gusto del tè verde.

Mettete la farcia in una tasca da pasticceria, disponete metà dei  dischetti su un vassoio, spremete una piccola nocciola di farcia al centro di ogni dischetto, infine coprite con il secondo dischetto imprimendo una leggera pressione in modo che la farcia si stenda uniformemente all'interno e colmi il disco, senza debordare. Farciteli e mangiateli subito e se avete un buon  saké, sentirete che spettacolo!!

PS: una volta farciti si possono conservare in una scatola di latta anche fuori dal frigorifero ma non più di 24h

mercoledì 27 novembre 2019

ENOGASTRONOMICA, L'ECCELLENZA MADE IN TUSCANY DAL 6 ALL'8 DICEMBRE A FORTEZZA DA BASSO, FIRENZE




Enogastronomica, in Fortezza l’eccellenza made in Tuscany
Tre giorni di mostra mercato con 22 cooking show, masterclass e workshop
La 7° edizione in scena dal 6 all’ 8 dicembre all’attico del padiglione centrale


Ben 22 cooking show, tra chef stellati e pizzaioli di fama, più degustazioni, mostra mercato, masterclass e workshop: manca ormai poco a Enogastronomica – la rassegna nata dopo l’esperienza della “Biennale” e organizzata da Confesercenti Firenze in collaborazione con Cia Toscana Centro,Legacoop Toscana, Consorzio Vino Chianti e Fisar Firenze, e con il contributo della Camera di Commercio di Firenze –andrà in scena da venerdì 6 a domenica 8 dicembre 2019 alla Fortezza da Basso, al piano attico del padiglione Spadolini. Cambiano gli spazi e la location, quindi, ma non lo spirito e la formula di un evento che intende valorizzare le materie prime e i protagonisti del mondo enogastronomico toscano e italiano, mettendone in mostra le eccellenze produttive e raccontando la Toscana dal punto di vista della cultura e dei valori legati all’enogastronomia. 

Enogastronomica ha il patrocinio delle Regione Toscana, della Città Metropolitana di Firenze, del
Comune di Firenze e di Vetrina Toscana, il progetto di Regione e Unioncamere Toscana che promuove ristoranti e botteghe che utilizzano prodotti tipici del territorio



Rivolta non solo agli addetti ai lavori ma al grande pubblico di curiosi e appassionati, e con un occhio di riguardo a momenti interattivi come degustazioni guidate, curate da Leonardo Romanelli, masterlass e cooking show, Enogastronomica 2019 darà ampio spazio al bello, al buono e al ben fatto della Toscana. In particolare, il mondo dell’agroalimentare di qualità viene declinato in una serie di appuntamenti tematici: oltre alla mostra mercato, sono previsti infatti incontri con i produttori, degustazioni guidate di vino, olio e birra, cooking show e workshop su diversi prodotti, a partire dagli “spirits” made in Tuscany, ribadendo così il ruolo della manifestazione come osservatorio delle tendenze del settore.

Se nei tre giorni di Enogastronomica il piano attico del padiglione Spadolini ospiterà oltre 100 produttori, a cucinare per i visitatori saranno 9 chef (Cristian Borchi, Deborah Corsi, Ardit Curri, Andrea Perini, Stefano Pinciaroli, Maria Probst, Beatrice Segoni, Gentian Shehi ed Edoardo Tilli) e 13 pizzaioli (Giovanni Santarpia, Romualdo Rizzuti, Mario Cipriano, Marco Manzi, Michele Leo, Gabriele Dani, Matteo Aloe, Gabriele Tonti, Alfonso Vitale, Pierluigi Madeo, Michele Viceconte, Donato Menechella e Carmine Salzano). Nelle sale degustazione, con l’aiuto di Fisar verranno raccontati alcuni dei vini più interessanti del panorama enologico toscano. Spazio anche all’olio, con assaggi a tema, e agli spirits made in Tuscany, con masterclass su vermouth e Negronitenute dal barman Paolo Ponzo. In tutti gli eventi, prezioso è il supporto degli studenti dell’istituto alberghiero “Chino Chini” di Borgo San Lorenzo (Fi) coordinati dal professor Michele Occhibove.
A gestire i contenuti sono i giornalisti Leonardo Romanelli e Marco Gemelli, rispettivamente per la parte del vino e del food. Obiettivo è dar vita a tre giornate di full immersion per far conoscere, assaggiare e acquistare le eccellenze del patrimonio enogastronomico toscano e italiano. Inoltre, venerdì 6 dicembre alle 15 andrà in scena un workshop dedicato al presente e al futuro dell’informazione enogastronomica periodica cartacea nazionale, organizzato insieme ad Aset Toscana con la partecipazione di direttori e capiredattori di testate come Food & Wine, Italia a Tavola, Ristoranti, Italia Squisita, Food & Travel, La Cucina Italiana, Pambianco Wine & Food e Firenze Spettacolo, moderata dal giornalista Stefano Tesi.

Dopo la positiva esperienza del 2018, inoltre,Università della BirraTM, l’innovativo polo didattico di Heineken Italia focalizzato sulla formazione professionale in ambito birrario per gli operatori del canale Ho.Re.Ca. e della distribuzione moderna, torna anche nell’edizione 2019 a Enogastronomica aprendo, per l’occasione, i propri corsi anche agli appassionati di questa bevanda millenaria. Il calendario prevede incontri con pillole di cultura birraria, a cura dei docenti dell’Università dellaBirraTM, dedicati agli ingredienti e alle fasi di produzione, agli stili, alla spillatura e ai segreti per il servizio della birra perfetta.
Infine, nei giorni di Enogastronomica verrà allestito un momento speciale con gli chef fiorentini e toscani che hanno aderito all’iniziativa di solidarietà con Venezia – lanciata da Paolo Gori (Da Burde) e coordinata da Gemelli e Romanelli – di servire nei rispettivi ristoranti un piatto di baccalà mantecato e devolvere il ricavato a favore della ricostruzione post-allagamento.

Informazioni:
Per partecipare a Enogastronomica è necessario essere in possesso del kit degustazione composto dal calice in vetro e una tracolla porta-bicchiere, grazie al quale si potrà godere di una serie di assaggi gratuiti agli stand che partecipano all’evento, con esclusione dei punti ristoro nell’area dedicata.

Orari:
venerdì 6 dicembre: 14.30 – 22 (area ristoro fino a mezzanotte)
sabato 7 dicembre: 11 – 22 (area ristoro fino alle 23)
domenica 8 dicembre: 22 – 21 (area ristoro fino alle 22,30)



Per accrediti stampa:
Marco Gemelli
338.5624777
marcogemelli.press@gmail.com

martedì 26 novembre 2019

GUSTO GIAPPONESE, SAPORE TOSCANO


Viene presentato oggi, martedì 26 novembre 2019 alle ore 17 nel Salone del quotidiano Il Tirreno, in viale Alfieri 9 a Livorno, il volumetto “Gusto giapponese, sapore toscano -  Le ricette creative della chef Kazuyo Haha” Editoriale Programma (nelle edicole diffuso dal Tirreno e nelle librerie)
Il libro  è stato scritto da Elisabetta Arrighi, giornalista, che in appendice ha intervistato anche la sottoscritta per una chiacchierata su cucina etnica e fusion e sono state inserite anche 4 ricette fusion  made in Poverimabelliebuoni. 
La presentazione, che vedrà l’autrice Elisabetta Arrighi conversare con il giornalista Giuseppe Boi alla presenza della chef Kazuyo e della food blogger Cristina Galliti, cioè io ;-)  offrirà anche l’occasione per degustare un piccolo aperitivo con stuzzichini che fondono tradizione enogastronomiche toscane e giapponesi.

IL LIBRO, LA STORIA, LE RICETTE – C’era una volta… non una fatina o una principessa delle favole. Ma una modella giapponese in carne ed ossa che spesso arrivava in Europa per lavoro. Un bel giorno sbarcò in Toscana dove rimase colpita dal paesaggio, dalla cultura e dal cibo. E siccome amava cucinare, decise di fermarsi per frequentare un corso per chef (a Lucca). Poi per amore di un sommelier decise di restare per sempre in Italia.


La ex modella, oggi chef, si chiama Kazuyo Hada. Il sommelier, Simone Cavallini, nel frattempo è diventato suo marito e insieme gestiscono (dalla metà degli anni Duemila) l’Enoteca Vinalia, nel cuore di Cecina, in provincia di Livorno. Vinalia è un piccolo ristorante dove il gusto giapponese (anche dell’estetica) e il sapore toscano si fondono in piatti della nostra tradizione ma rivisitati con quel tocco “made in Japan” che fa la differenza. Kazuyo, in cucina, è riuscita e riesce a mescolare e bilanciare in maniera creativa due mondi distanti fra di loro, ma che sotto il profilo dell’importanza delle tradizioni hanno molti punti in comune.

Nelle ricette di Vinalia, la maggior parte delle quali a base di pesce, si percepiscono in maniera forte il rigore del Sol Levante e i sapori del territorio. Così il sushi e sashimi offrono il profumo del salmastro, perché vengono utilizzati (opportunamente abbattuti) pesci pescati nelle acque del Tirreno, e anche il condimento si può scegliere “all’italiana” oppure “alla giapponese” con ginger marinato, alghe wakame, salsa di soia, wasabi e insalate di stagione. Gli spiedini di sarago sposano le alghe kombu mentre il baccalà alla livornese viene fritto in tempura. Non mancano, poi, la focaccia toscana che sceglie come ingrediente anche i fiori di sakura, il ciliegio giapponese dal sapore delicato. E in inverno in menu c’è anche il piatto-conforto per eccellenza, per difendersi dai rigori del freddo: si chiama Misonikomi udon, una specie di minestrone con gli udon (gli “spaghetti” giapponesi) capace di emanare i freschi sentori dell’orto di casa nostra.


GLI ACQUERELLI DELLA CHEF KAZUYO – In “Gusto giapponese, sapore toscano” la chef Kazuyo Hada  firma e in alcuni casi illustra con propri disegni, 25 ricette tutte da degustare e soprattutto da provare a cucinare anche a casa. Non mancano alcuni capitoli dedicati alla “spesa alla giapponese”, un focus sull’abbattimento del pesce, e una chiacchierata con Simone Cavallini, sommelier e direttore di sala di Vinalia. È lui a suggerire alcuni accostamenti con il vino per i piatti illustrati.

Per quanto riguarda la mia parte, marginale ma non banale, e ringrazio di cuore Elisabetta per avermi proposto di partecipare a questa deliziosa pubblicazione,  ho espresso il mio punto divista sulle contaminazioni in cucina che sono inevitabili in una società sempre più multietnica, anche in Italia.
A livello di ricette, ho solo dovuto scegliere fra le numerose ricette fusion che ho sul blog e ho optato per: cuoricini sushi d'acciughe, tataki di palamita con crema di bruschetta, sciabu sciabu di pesce azzurro e un dolce!! Ebbene sì, ogni tanto ci vuole:  cake al tè matcha con ganache al cioccolato bianco.

Per l'aperitivo invece sfodero un inedito....a presto sul blog!

lunedì 18 novembre 2019

IL GIOCO DEL CALAMARO TRA DOLCE, SALATO E AFFUMICATO


Il gioco del calamaro tra dolce, salato e affumicato è la mia seconda proposta per il contest di Bosch Cucina da Fabula con la chef Rosanna Marziale come testimonial e giudice e ricchi premi in palio!!
Secondo il regolamento si potevano inviare fino a tre ricette. Io mi sono fermata a due per limiti di tempo in quanto il contest scadeva il 15 novembre e ho appena fatto in tempo ad inviare la seconda, dopo la precedente RISO PATATE E PROVOLA CON ALICI ALLA COLATURA .
I tre ingredienti proposti dalla chef, su cui bisognava misurarsi, erano : riso, provola affumicata e colatura di alici.
Trovare soluzioni degne da proporre pur rimandendo nei limiti di 60 minuti complessivi per la preparazione del piatto, come previsto dal regolamento,  è quello che mi ha impegnato maggiormente ma alla fine penso di aver trovato una soluzione divertente, facile e abbastanza veloce, o almeno gestibile in un'ora! Basta organizzarsi e procedere con le preparazioni sfruttando i tempi "morti" di cottura  o di marinatura di alcuni ingredienti per approntarne altri e infine comporre il piatto.

IL GIOCO DEL CALAMARO TRA DOLCE, SALATO E AFFUMICATO 
Julienne di calamari e puntarelle alla colatura di alici, spuma di provola di bufala affumicata, croccante salato di riso basmati, limone e pimpinella



Ingredienti per 4 persone

4 calamari abbattuti e decongelati 200 g cad
Puntarelle 500 g
provola di bufala affumicata 100 g
Panna fresca 70 g
Riso basmati 80 g
Zucchero bianco semolato 80 g
Sale fino 15 g
Olio evo qb
Colatura di alici qb
Un limone non trattato
Pimpinella selvatica
Ghiaccio

Tagliare le puntarelle a julienne, immergerle in acqua acidulata e ghiaccio 20-30’ per farle arricciare.

Nel frattempo , cuocere il riso a ¾ del tempo in acqua con poco sale (7-8’ ca). Scolarlo, passarlo sotto l’acqua fredda, distenderlo su carta scottex per farlo asciugare.

Sciogliere lo zucchero in un padellino, far caramellare il riso, cospargere col sale. Stendere su un foglio di alluminio a rassodare e infine spezzettarlo grossolanamente

Mentre cuoce il riso si può frullare la provola con 10 g di panna liquida. Montare la rimanente panna e incorporarla alla provola setacciata. Mettere la spuma in una sacca da pasticceria con bocchetta grande.

Pulire bene e tagliare a julienne solo il corpo dei calamari. Scolare le puntarelle, asciugarle bene, condirle insieme ai calamari con un’emulsione di due parti d’olio e una di colatura di alici

Formare dei mucchietti di calamari e puntarelle nei piatti, intervallati da nuvole di spuma di provola, cospargere con scorza di limone grattugiata, foglioline di pimpinella e briciole di croccante di riso

mercoledì 13 novembre 2019

NESOS, IL VINO MARINO SULLE TRACCE DI UN MITO


 NESOS, IL VINO MARINO SULLE TRACCE DI UN MITO
All'isola d'Elba un esperimento scientifico unico al mondo
Un viaggio indietro nel tempo per scoprire i segreti di un vino mitologico


Oggi ho avuto il piacere e il grande privilegio di assistere, nella sede fiorentina di Toscana Promozione di Villa Fabbricotti, alla presentazione di Nesos, il vino marino, frutto di una sperimentazione scientifica realizzata da un produttore dell'Isola d'Elba, Antonio Arrighi, in collaborazione con il professor Attilio Scienza, agronomo di fama mondiale, docente di viticultura all'Università di Milano e le dottoresse Angela Zinnai e Francesca Venturi, docenti di viticultura ed enologia dell'Università di Pisa. 


L'interessantissimo convegno è stato  organizzato in collaborazione con Regione Toscana, Toscana Promozione Turistica, Fondazione Sistema Toscana e Vetrina Toscana ed è stato moderato dal giornalista Aldo Fiordelli.


Assaggiando in anteprima assoluta questo vino straordinario, prodotto in sole 40 bottiglie, prima annata 2018, è stata una grande emozione perché ci riporta indietro di 2500 anni

L'idea di ripercorrere dopo 2500 anni, sulle tracce di un mito, le varie fasi della produzione di un vino antico nacque proprio all'Elba, quando Antonio Arrighi, piccolo produttore dell'isola, che da oltre dieci anni sperimentava e vinificava nelle anfore di terracotta di Impruneta, sentì il Professor Scienza parlare della sua ricerca sul vino dell’isola di Chio. "Nesos" significa isola in greco antico e rappresenta dunque il collegamento tra le due isole: Chio ed Elba.


I vini di Chio, piccola isola dell’Egeo orientale, facevano parte di quella ristretta élite di vini greci considerati prodotti di lusso sul ricco mercato di Marsiglia e successivamente di Roma. Varrone li definiva “vini dei ricchi” e, come ricorda Plinio Il Vecchio, Cesare li offrì al banchetto per celebrare il suo terzo consolato.

Come i vini di Lesbo, Samos o di Thaso, quello di Chio era dolce e alcolico - unica garanzia per sopportare i trasporti via mare - ma aveva qualcosa che gli altri vini non avevano, un segreto che i produttori di Chio custodivano gelosamente e che rendeva questo vino particolarmente aromatico: la presenza del sale derivante dalla pratica dell’immersione dell’uva chiusa in ceste, nel mare, con lo scopo di togliere la pruina dalla buccia ed accelerare così l’appassimento al sole, preservando in questo modo l’aroma del vitigno.
L’uva utilizzata per ricreare questo particolare metodo di vinificazione è l’Ansonica: un'uva bianca tipica dell’Elba, probabile incrocio di due antiche uve dell’Egeo, il Rhoditis ed il Sideritis, varietà caratterizzate da una buccia molto resistente ed una polpa croccante che ha permesso una lunga permanenza in mare.

Le uve sono state immerse in mare per 5 giorni a circa 10 metri di profondità, protette in ceste di vimini. Questo processo ha consentito di eliminare parte della pruina superficiale, accelerando così il successivo appassimento al sole sui graticci, senza arrivare alla produzione di un vino dolce. Il sale marino durante i giorni di immersione, per “osmosi” penetra anche all’interno, senza danneggiare l’acino. Il successivo passaggio delle uve avviene in anfore di terracotta con tutte le bucce, dopo la separazione dei raspi. La presenza di sale nell’uva, con effetto antiossidante e disinfettante, ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti, arrivando a produrre, dopo un anno in affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale, molto simile a quello prodotto 2500 anni fa.

Di questo vino, vendemmia 2018, sono state prodotte solo 40 bottiglie, l’ultima vendemmia, la 2019, è nelle anfore di terracotta ancora a contatto con le bucce. Dalle analisi svolte dall'Università di Pisa è emerso che il contenuto in fenoli totali del vino marino è il doppio rispetto a quello prodotto tradizionalmente, e questo grazie alla maggiore estrazione legata alla parziale riduzione della resistenza della buccia.
Un vino straordinario, che sorprende per intensità ed equilibrio. Nonostante l'appassimento delle uve, non è un vino dolce bensì secco ma offre un bouquet di frutta molto matura quasi candita; per via della macerazione sulle bucce è anche delicatamente torbato ed è connotato naturalmente  da una  spiccata ma gradevole sapidità che ti abbraccia e ti accompagna in un lungo ed emozionante finale. Ed è pure leggero coi suoi 12,5° alcolici. Peccato solo non sia in commercio!! 

Il legame di questo vino mitologico con l'isola d'Elba è anche di tipo storico. Come tutti i commercianti greci anche quelli del vino di Chio, facevano scalo sulla via del ritorno in patria, all’isola d’Elba e a Piombino, per caricare materiali ferrosi, venendo quindi a contatto con il mondo etrusco. I ritrovamenti di anfore in relitti di navi affondate, nelle tombe o nella costruzione di drenaggi testimoniano che molte città costiere della Toscana etrusca erano tra i luoghi di maggior frequentazione dei commercianti di Chio.

Inoltre, analizzando il DNA di un set di vitigni dell’Isola del Giglio e della Toscana tirrenica e confrontandoli con altri provenienti dal bacino del Mediterraneo, i ricercatori del DIPROVE dell’Università di Milano hanno trovato notevoli analogie genetiche tra il vitigno Ansonica-Inzolia e due vitigni provenienti dall’Egeo orientale, il Rhoditis ed il Sideritis.

La particolare vocazione enologica dell'isola dell'Arcipelago toscano è documentata da Franco Cambi e Laura Pagliantini dell'Università degli studi di Siena, co-direttori dello scavo archeologico della villa rustica romana di San Giovanni, nella rada di Portoferraio. Gli scavi, infatti, hanno portato alla luce delle anfore vinarie e in particolare i dolia defossa: grandi vasi interrati che contenevano ciascuno più di mille litri. I cinque doli ritrovati potevano contenere circa 6.000 litri.


Durante il convegno è stato proiettato in anteprima italiana il documentario Vinum Insulae diretto e prodotto da Stefano Muti (Cosmomedia), che racconta l'esperimento enologico di Nesos. Spero sia presto visibile integralmente on line, qui un estratto del video e le interviste ai suoi autori durante la presentazione : https://www.intoscana.it/it/dettaglio-video/nesos-elba-vino/

Reduce dai successi del 26° Festival International Œnovidéo di Marsiglia (primo premio come Miglior Cortometraggio e riconoscimento della Revue des Œnologues, per l’originalità e il valore della sperimentazione) Vinum Insulae è in concorso anche alla IX edizione del Most Festival 2019, Festival internazionale del cinema del vino e della cava, che si sta svolgendo in Spagna a Vilafranca del Penedès, durante la celebrazione della Giornata europea del turismo del vino. Il corto partecipa nella sezione competitiva: “Collita” composta da 36 film provenienti da tutto il mondo. Il 17 Novembre ci sarà l'annuncio dei vincitori e la premiazione.

Ricerca scientifica, scoperte archeologiche, arte (in questo caso la settima), passione per la coltura e la cultura della vite, un territorio ineguagliabile come quello del Parco dell'Arcipelago Toscano hanno dato vita ad un prodotto unico che racconta una storia millenaria.

Un sentito grazie per l'invito a Daniela Mugnai , responsabile comunicazione Vetrina Toscana e Toscana Promozione e complimenti ad Elba Taste per gli assaggi di pietanze veraci elbane che hanno accompagnato la degustazione!


HANNO ABBOCCATO ALL'AMO