Quanto dolore bisogna provare per decidere di non provare più dolore?
E' il pensiero più struggente che abbia letto, espresso da Carlo Macchi in un articolo sentito e sofferto sul suo portale Winesurf, all'indomani della scomparsa del noto chef pescatore-cacciatore della Pineta di Marina di Bibbona, Luciano Zazzeri, avvenuta domenica 17 marzo.
Oltre alla triste notizia in sé, arrivata come un vero fulmine a ciel sereno, anche il modo in cui Luciano ha deciso di uscire di scena, ha lasciato tutti attoniti e sgomenti. Persino i suoi famigliari e gli amici più stretti non si capacitano.
Chi poteva immaginare che il dolore che si portava dentro, fosse così grande e profondo da indurlo a porre fine volontariamente e in modo così cruento alla sua esistenza terrena?
Era uno chef di successo e di grande esperienza, gentile e carismatico, famosissimo e osannato ovunque ma rimaneva umile, semplice e schietto. Era amato da tutti i suoi clienti, dai critici, giornalisti, esperti del settore enogastronomico sia italiani che esteri, dai produttori vinicoli e dai fornitori di quelle materie prime d'eccellenza che rendevano unica l'esperienza culinaria alla Pineta. Ma era anche apprezzato da tanta parte di popolo che assisteva alle sue esibizioni in eventi e fiere a cui lui partecipava spesso e volentieri anche per beneficienza; quel popolo che magari si poteva permettere solo nelle grandi occasioni di frequentare il suo ristorante, peraltro non esoso pur fregiandosi di una stella Michelin, ma che lo ammirava e lo riconosceva per strada. Aveva una bella famiglia, da poco nonno, i suoi figli Andrea e Daniele seguivano le sue orme, lavorando al suo fianco, il primo in sala, il secondo in cucina, destinati a raccoglierne l'eredità.
Luciano coi figli Daniele (chef) e Andrea (enologo e sommelier di sala)
Conoscevo abbastanza bene Luciano, avevo iniziato a frequentare con mio marito la sua "baracca" sul litorale di Bibbona, sin dai suoi esordi come gestore, quando subentrò alla famiglia, ai primi degli anni '90. Ma la sua storia professionale è ben nota, il web è pieno di articoli, rifioriti anche in seguito al triste evento.
Io vorrei raccontare il Luciano che conoscevo, condividendo alcuni bei momenti passati in sua compagnia e gli insegnamenti tratti, com'è mia abitudine e coerentemente con la filosofia del blog, in cui annoto esperienze personali, pensieri, ricette e foto.
A partire dal 2000, quando ho iniziato la mia attività di guida enogastronomica e successivamente di organizzatrice di eventi - nel frattempo era nato anche Poverimabelliebuoni - ho avuto a che fare con lui anche per lavoro ed è sempre stato un piacere andare a trovarlo alla Pineta, ogni volta era un'esperienza, anche se come tutti gli chef era un po' "artista" e bisognava corrergli dietro per ottenere la ricetta, per farsi fare il preventivo, per ottenere una data, ma poi queste fatiche venivano ampiamente ripagate quando arrivava il giorno dell'evento e gli ospiti che gli portavo venivano inesorabilmente catturati sia dalla sua cucina che dal suo savoir faire spontaneo, genuino,denso di fascino naturale.
Soprattutto nelle serate tranquille, non era raro che si intrattenesse coi suoi ospiti a raccontare espisodi di caccia e pesca o aneddoti divertenti di esperienze di vissuto, di degustazioni e di epiche mangiate.
Luciano tra i mitici gemelli Vanni, importanti pilastri della Pineta
Non posso fare a meno di sorridere mentre scrivo queste righe, mi risuona in testa la sua voce, vedo il suo amabile sorriso, un po' sornione, risento la sua risata sommessa ed elegante come tutto il suo essere, come quando ci raccontava anni fa, che ad una manifestazione "da qualche parte in Francia", qualcuno commentò, quando lui si presentò e disse il nome del suo ristorante : "ah sì dove ci sono i gemelli" !! "E son più famosi loro di me, hai capito?" sottolineò, ridendo anche con gli occhi!!
Provo un affetto particolare per la Pineta e lo provavo per Luciano. Ho molti bei ricordi in quel luogo che è proprio il caso di definire "unico" e irripetibile, di cui hanno scritto, a ragione, in ogni dove e in molte lingue: la prima volta che i miei genitori vennero a casa mia in Toscana, si festeggiò da lui e la rammentano ancora a distanza di tanti anni; la prima volta che portai un gruppo a cui facevo da guida, qualche compleanno di mio marito, che cade di luglio, e in riva al mare si sta d'incanto, le epiche serate dedicate al pesce azzurro per Castagneto a Tavola di cui conservo ancora i menu stampati con gli appunti delle ricette, quando abbiamo festeggiato l'uscita di Pesce per Mini Gourmet, ma anche quando ci prendeva semplicemente la voglia di andare "da Luciano", magari in serate invernali infrasettimanali, con poca affluenza e così intime, in cui era tutto per noi e si facevano le ore piccole "a chiacchiera" e mi elargiva preziosi consigli culinari se non mi invitava addirittura ad infilarmi in cucina con lui.
Una foto di qualche anno fa, l'avevo seguito mentre preparava il suo cacciucco per un servizio fotografico e l'ho immortalato dietro le quinte.
Recentemente, lo scorso novembre, ho avuto l'onore di presentare una sua esibizione a Firenze, alla Biennale Enogastronomica, su invito di Leonardo Romanelli.
Onore e onere perchè come lui stesso mi aveva avvisata, consapevolmente, quando apriva il libro lui, era dura arginarlo, ma noi, suoi adulatori, lo avremmo ascoltato per ore; ragion per cui era un difficile compito destreggiarmi fra l'esigenza professionale e la passione personale!! Fu un'apoteosi, con tutte le divagazioni del caso, come da previsioni. Piccolo aneddoto spiritoso: durante l'esibizione quella sera, ad un certo punto, aveva perso il filo del discorso e non gli veniva una parola, forse mi ero persa pure io, mi guarda e candido mi dice, davanti a tutti "oh che ci stai a fare? suggeriscimi!!!" e giù tutti a ridere.
Ma la mia soddisfazione più grande, e mi permetto di gongolarmi orgogliosa, è stata quando durante una delle mie primissime esibizioni alla manifestazione Giro d'olio a Firenze, nel 2013 per l'esattezza, sempre con il caro amico Leonardo Romanelli, mentre io stavo preparando il mio tataki di palamita, vedo arrivare Luciano, che si sarebbe esibito dopo di me, con i suoi ingredienti e attrezzi, giustamente per prepararsi con un po' d'anticipo. Sistemate le sue cose, si infila la casacca da chef e si piazza lì accanto a me durante la mia esibizione e Romanelli lo coinvolge a pieno titolo.
Ero già sufficientemente emozionata perché non ero ancora del tutto a mio agio in quelle situazioni, vi immaginate come potevo sentirmi, con l'occhio vigile di Luciano che controllava la cottura della mia palamita? Ed è stato più che utile perché in un momento critico mi ha passato una paletta perché rischiavo di farla attaccare. Poi fila tutto liscio, per fortuna; iniziamo a preparare gli assaggi e a ricevere i riscontri positivi dal pubblico, quando mi accorgo che zitto, zitto, stava assaggiando pure lui la mia palamita. Panico. Invece, si avvicina ed esclama compiaciuto "brava! cotta proprio bene e bella ricetta, non è roba da "massaia" questa, complimenti davvero!"
Il termine "massaia", al momento, mi sembrò riduttivo nei miei confronti e invece esprimeva tutta la sua genuinità e il suo profondo legame alle sue origini contadine, cresciuto circondato infatti dalle massaie, nonna, zia e mamma, da cui ha appreso le basi della cucina e per cui ha sempre dimostrato grande ammirazione! Definirmi massaia quindi, per quanto il termine mi suonasse obsoleto, non era riduttivo bensì era un complimento nel complimento perchè le massaie erano regine dei fornelli domestici, quelle che facevano anche miracoli in cucina, che facevano tornare i conti, dovendo sfamare magari tante bocche con poca roba a disposizione, e riuscivano anche creare piatti semplici ma gustosi che poi sono passati alla storia!! Quindi GRAZIE LUCIANO!
E mi fermo con gli amarcord, ce ne sarebbero tanti altri ma li serbo nel mio cuore con il dispiacere di di non poterti più ascoltare, né vederti all'opera e assaggiare i tuoi piatti e commentarli insieme. Faccio solo un augurio sincero ai tuoi ragazzi che sono sicura proseguiranno la tua opera con serietà e coerenza e ti renderanno fiero perché ovunque tu sarai, veglierai su di loro.
Caro Luciano, ti rendo omaggio interpretando una tua ricetta, e non è la prima tua che eseguo, sono tutte sul blog, vedi la panzanella croccante con lo sgombro, la tartare di acciughe e tante altre semplicemente ispirate da te come questa che ho in mente da tempo e, avendo trovato i primi piselli freschi, non ho potuto fare a meno di provarla perché racchiude tutta la tua filosofia di cucina: semplicità, stagionalità e gusti netti.
La ricetta originale è riportata sul libro Il Pesce Azzurro d'autore di Claudio Mollo e prevede la palamita. Io ho trovato dei bellissimi sgombri, del resto la palamita è un grosso sgombro, è proprio della stessa famiglia, e l'accostamento coi piselli funziona benissimo lo stesso: il gusto pronunciato, sapido e ferroso dei pesci azzurri viene ammansito dalla dolcezza dei piselli e delle cipolle, dolcezza ben bilanciata anche dalla nota acida dovuta all'aceto e dalla freschezza aromatica della maggiorana.
Sgombri di stagione con uova e lattume (il lattume è finito in frittura e le uova sono sotto sale per la bottarga)
SGOMBRO ALLA MAGGIORANA IN OLIO DI COTTURA, CREMA DI PISELLI E CIPOLLA STUFATA
Ingredienti per 4 persone
2 grossi sgombri da 600 g cad. o 1 palamita da 1 kg
200 g di piselli freschi
1 cipolla rossa e 1 bianca
1 spicchio d'aglio
foglie di salvia
qualche rametto di maggiorana
aceto di vino rosso
olio extra vergine d'oliva
zucchero semolato, sale e pepe qb
Pulire e sfilettare la palamita o gli sgombri, togliere la pelle, spinarli accuratamente e ridurli a tocchetti, metterli sottovuoto condendoli con olio, sale, pepe e un po' di maggiorana.
Per la crema di piselli: cuocere i piselli con un po' d'acqua, aglio, cipolla bianca, salvia, sale e pepe. Frullarli fino a ridurli in crema e infine passare la crema al colino cinese, aggiustare di sale e olio.
Affettare finemente la cipolla rossa, stufarla in padella con aceto, olio e zucchero fino a caramellarla.
Cuocere il pesce in forno a vapore o a bagno maria a 80° C per 3-4 minuti.
Impiattare mettendo la crema a specchio sul fondo di un piatto, adagiarvi sopra i tocchetti di sgombro o palamita, guarnire con le cipolle stufate, un rametto di maggiorana, qualche pisello a crudo (e, aggiunta mia, dei fiocchi croccanti di cipolla bianca disidratata)