Accendo il computer, apro un nuovo file word, il foglio bianco virtuale è lì che
aspetta con aria beffarda che lo riempia di caratteri, mi fa innervosire. Fisso lo schermo in attesa di ispirazione, non so da che parte cominciare. Il
foglio bianco sembra anche più bianco del solito e mi sale l’ansia. “E’ facile per te vero? Non devi preoccuparti
di altro, te ne stai lì tutto candido e
aspetti. Ma se io non ti apro, non esiti. Quindi sii riconoscente e collabora.
Aiutami. Ispirami!”
Sto parlando col computer? Sto
delirando? Ma no, dai, alla fine ho
trovato il “la” d’inizio che cercavo e giustifico l’ansia, perché scrivere del
Ristorante Romano diViareggio, un’istituzione per la Versilia e la Toscana tutta ma anche uno dei
primi ristoranti di pesce d’Italia, non
è compito facile e per me non è solo scrivere un articolo, riempire un foglio bianco, è rendergli omaggio in modo degno e sincero con sentimento e riconoscenza perché questo
provo e questo voglio esprimere per onorare e ringraziare una delle più grandi
coppie della ristorazione italiana, Romano Franceschini e la moglie Franca Checchi, così come il figlio Roberto,
maître di sala e sommelier, per l’accoglienza che mi hanno riservato, per
la considerazione concessa al
Calendario del Cibo Italiano e alla sottoscritta,
per la schiettezza con cui si è svolto il
nostro piacevole incontro e,
arrivando al dunque, per le squisitezze che mi hanno fatto assaggiare!
Tutto era partito da una lampadina
che mi si era accesa, appunto, per il nostro Calendario. A novembre stavamo programmando gennaio in redazione e il tema di una giornata, che non svelo
naturalmente, mi ha fatto pensare a loro. La propongo a Roberto, che conosco solo virtualmente ma che seguo
e stimo da molto tempo, soprattutto da quando una volta, mi salvò da un incidente diplomatico,
facendomi notare in modo spiritoso e molto signorile, con un messaggio
privato, un errore che aveva riscontrato in un mio articolo per
cui lo ringraziai molto! Un gesto non da tutti che mi lusingò.
L’idea è stata accolta con
entusiasmo anche dai genitori che avevo avuto il piacere di conoscere invece di
persona in una giornata festosa e soleggiata lo scorso settembre alla
Perla delMare. Franca e Romano si erano concessi una breve fuga romantica tra Bolgheri,
Castagneto e San Vincenzo ed erano stati a pranzo dall’amica chef Deborah
Corsi con la quale collaboro. Anch’io ero presente quel giorno perché avevamo degli ospiti olandesi per un raduno di jeep d’epoca americane che aveva creato una
simpatica kermesse e vivacizzato la
tranquilla atmosfera settembrina,
divertendo molto anche Franca e Romano.
Nel concordare la data del nostro
incontro, proposi di andare a Viareggio per loro convenienza naturalmente, in orari anche fuori dal servizio pranzo o cena, in un
giorno infrasettimanale; invece Roberto
replica “no, vieni pure a pranzo, si mangia qualcosina e si fanno due
chiacchiere tranquilli”. Non me lo faccio ripetere due volte, mi piace molto
andare in “missione” solitaria e soprattutto a pranzo così posso fare le foto
con la luce naturale diurna. Ma mai
avrei immaginato che “mangiare qualcosina” si sarebbe trasformato in un pranzo degustazione memorabile in cui ho
potuto apprezzare molti esempi della
loro generosa e celebre cucina, saldamente fondata su basi classiche e tradizionali dove la materia prima
eccellente, scelta personalmente da Romano al mercato viareggino, viene esaltata in modo ineccepibile. La carta è vasta e integrata anche da proposte che volgono al contemporaneo con slanci modernisti creativi e abbinamenti sorprendenti ma mai esasperati, piuttosto ben calibrati e coerenti nel
rispetto del protagonista assoluto che è il pesce!
Dalla mia panoramica postazione singola, elegantemente
apparecchiata, con tanto di roselline bianche e
singolari piatti di ceramica con temi marini, mi sono
goduta pienamente le danze dei
protagonisti della sala osservando la loro naturale propensione a ricevere gli ospiti e
ad intrattenersi con loro con garbo schietto tra il famigliare e il
professionale. Patron, maître e
camerieri volteggiano con grazia fra i tavoli; più pacato e riservato Romano, più brioso ed esuberante Roberto,
accudiscono tutti con disinvolta competenza e grande attenzione. Mamma Franca, la chef, fa capolino dalla cucina per salutarmi e si
siede con me a chiacchierare e raccontarmi quello per cui ero venuta, deliziandomi con affettuosi amarcord
della mamma che si ingegnava per riempire la pancia di nove pargoli e tanti altri
particolari che riservo per il Calendario. Chiedetemi se ero felice!
Ero stata un paio di volte a cena da Romano con mio marito, alcuni anni
fa e rammento ancora i piatti mangiati, come ho confidato a Franca. In seguito , abbagliata dalle estrosità avanguardiste,
ero incuriosita da altre situazioni. Ma i tempi cambiano e, maturando, si riapprezzano
i grandi classici che resistono alle mode
passeggere ma che non si cullano
sugli allori e si aggiornano
continuamente, aprendosi al nuovo pur
rimanendo fedeli al proprio stile.
Questo è il ristorante Romano, un pezzo di storia della cucina italiana di
cui hanno scritto le migliori penne
gastronomiche, che ha festeggiato lo
scorso anno i 50 anni di attività e il suo fondatore ha ricevuto quest’anno il premio alla carriera
da parte della Guida Ristoranti dell’Espresso. Celebrato inoltre da tutte le più importanti
guide italiane ed estere, si fregia di una stella Michelin dal 1985.
Si aprono le danze con uno Champagne
Roederer Brut per darmi il benvenuto e per accompagnare un “frittino” da manuale, lieve come una nuvola, arricchito anche da una sogliola
sporzionata al tavolo dal valente Luigi.
Proseguo con una degustazione di vari
crudi in tutta la loro nuda e splendida naturalezza e una divertente tartare di scampi invece condita
con maionese di pesce, limone salato , pomodoro confit, grue di cacao,
rapanelli e finocchi
Si alternano proposte super
classiche e spicchi di modernità fra un signor bollito di sparnocchi (le mazzancolle a Viareggio), scampi, cicale e
calamaretti e carciofi con maionese espressa
e una succulenta triglia panata
che mantiene tutta l’umidità e il gusto della triglia nel cuore mentre all’esterno
crocchia soavemente grazie ad una panatura friabile e lieve, accompagnata da
stracciatella di burrata e mousse di melanzana leggermente affumicata da
sogno. E col vino si passa al Pagliaio Bianco, il vino “di casa”:
un gradevole Doc Colline Lucchesi proveniente dal podere di famiglia, fino a
poco tempo fa, seguito personalmente da Romano e ora ceduto.
Mi deliziano anche con i leggendari calamaretti ripieni di crostacei
e verdure, un sublime capolavoro di Franca, in carta da 30 anni!
E le nostre chiacchiere
continuano. Soddisfo la curiosità di Roberto e gli racconto nel
dettaglio le mie attività e ci confrontiamo su molti temi caldi come i
social, le critiche gastronomiche, il ruolo della sala, trovandoci in sintonia su
tutto così come per i vini, pur riconoscendo la mia modestissima esperienza
rispetto alla sua enciclopedica conoscenza e grande esperienza che vanta anche un periodo di apprendistato dal mitico Le Cirque di New York. Appena accenno all’evoluzione del gusto e
dichiaro la mia passione per vini profumati ma asciutti e acidi o tannici, poco “femminili” insomma, raccontandogli delle degustazioni fatte nel
Wachau quest’estate tra Grüner Veltliner e Riesling, i suoi occhi brillano di gioia ed ecco
apparire un succoso e profumatissimo giovane Riesling della Mosella dalla fornitissima cantina che meriterebbe un articolo a sé!
Riesling ad accompagnare
due assaggi di primi piatti semplicemente superlativi: bottoni di pasta fresca ripieni di orata ed
erba cipollina su crema di conchigliacei e un tocco di quel limone salato della tartare che indovino facendo la mia bella figura
e ancora dei voluttuosi spaghettoni
alla chitarra con polpa di cicale e peperoni cruschi dal gusto così intenso da
avvicinarsi a quello di una bottarga fresca di muggine. Pazzeschi entrambi, da non saper quale scegliere e non mi preoccupo se non è
molto tecnica come espressione ma io non
sono una critica gastronomica, sono una semplice appassionata che gusta e
condivide quando si diverte e qui mi sono mooooooolto divertita!
Quasi come un pre dessert,
Roberto mi propone anche due gamberi al miele di castagno la cui opulenza è equilibrata
e armonizzata dai carciofi fritti ma che forse il mio palato stanco non
apprezza a sufficienza.
Al dolce, stanca o non stanca, non posso dire di no e dal momento che ero
indecisa fra due, me li fanno assaggiare entrambi, in misura ridotta s’intende.
Dopo il pre-dessert vero, composto
da una elegante piccola pasticceria fra cui spicca un cioccolatino bianco con
ricotta e polvere di alloro oltre a ghiottonerie varie a base di altri
cioccolati, gelée di lamponi e pure un cubetto di panforte, arrivano i dessert.
Piccoli grandi capolavori di ingegneria dolciaria del pastry chef Giorgio Altomonte, soprattutto il primo con
delle meringhe fatte a tubicino che non avevo mai visto. Mi appunto tutti i
componenti della colorata scenografia : carpaccio
di rabarbaro, meringhe al vin brulé, salsa al melograno, yogurt greco,
composta di pere e foglioline di origano fresco. Da ola! Non aggiungo altro..
Anche il secondo mi piace molto,
sono quei dolci non dolci, leggeri e freschi con frutta e verdura che trovo
molto divertenti : insalatina di carota
selvatica, arance e sedano, cremoso di carota, gelato Ace, mandorle salate e
crumble di speculoos… Ooooooosssssignore!!
Puntuale come un orologio
svizzero, il sommelier non mi lascia a
becco asciutto e coi dolci mi versa un delizioso moscato d’Asti Scrapona di
Marenco.
Ero un po’ annebbiata verso la
fine, lo ammetto; forse sono stata
scortese a non voler neanche scorrere la sostanziosa carta di caffè, thé e
tisane, che invece meritava attenzione, affidandomi alla scelta di
Roberto, e non rimango delusa, che opta per un'ottima speziata miscela indiana, se non ricordo male, perché è
l’unica cosa che non mi sono segnata!!
Il rum très vieux Agricole “ammazza caffè” della
Martinica, che non capita tutti i giorni, invece l’ho immortalato. Raramente bevo superalcolici ma ormai avevo
fatto trenta, come si suol dire, ho fatto anche trentuno e il godimento è stato assoluto e mi riprometto di camminare almeno un paio d'ore prima di rimettermi in auto verso casa!
Prima di congedarmi non ho
resistito ad infilarmi nella bella cucina, ampia e ben articolata e riesco ad
immortalare la chef Franca all’opera così come il suo bravo e giovane sous chef Andrea
Papa.
Mi rendo conto che sono lì da più
di tre ore, il tempo è volato ma mi sono gustata ogni singolo
istante. Più che soddisfatta per la missione compiuta, mi concedo un’ultima foto con i miei gentili anfitrioni
e mi congedo ringraziandoli di cuore per la splendida esperienza offertami, una di
quelle che si imprimono indelebili nella memoria, olfattiva, gustativa ed
emotiva. Provare per credere!
Appuntamento a fine gennaio per il contributo della chef Franca Checchi per il Calendario del Cibo Italiano!