Il saor, “sapore” in dialetto veneto, è una marinatura tradizionalmente usata per le sarde o altri piccoli pesci, ed è il piatto che tipicamente si consuma a Venezia durante la festa del Redentore e trae origini dalle tradizioni gastronomiche marinare ed ebraiche. La preparazione del saor prevede l'utilizzo di aceto, cipolle, uvetta, pinoli e spezie. Il saor si affianca a molte versioni simili come il “carpione” dei laghi di Lombardia, lo “scapece” del mezzogiorno d’Italia, dallo spagnolo “escabeche”, il “cisame”, che è l'antenato del saor etc. etc., nate dalla necessità di trattare il pesce (o le verdure) con aceto, per esaltarne il sapore, allungarne la conservazione e anche, secondo le antiche prescrizioni della dietetica antica, per compensarne la qualità “fredda” e renderlo più digeribile.
Inoltre la cipolla, le cui proprietà digestive ed antisettiche, ora facilmente certificabili dalla scienza medica, sono note da sempre alla cultura popolare, è in grado di aggredire ed uccidere i batteri che portano al deterioramento dei cibi, prevenendo possibili intossicazioni alimentari.
Il saor ha origini antiche, era il cibo dei marinai, che potevano conservare così il pesce durante i lunghi viaggi per mare.
Anche le verdure, come zucca e zucchine, possono essere messe in saor. Il saor ha anche vocazione di “recupero” degli avanzi: una frittura rimasta alla sera trova nuova e sorprendente vitalità se coperta di saor e servita in tavola il giorno dopo.
Ed ecco la ricetta più tradizionale e popolare ed una raccomandazione finale, per un saor fatto a regola d’arte: si parte con la cipolla bianca tagliata sottile, pari circa alla metà del peso del pesce, da fare appassire e imbiondire al fuoco; si aggiungono aceto di vino e/o vino bianco (circa il peso delle cipolle), foglia d’alloro, pinoli tostati e uvetta, sale e pepe; si dispone in una terrina uno strato di sarde infarinate e fritte e si copre con il saor a strati.
Inoltre la cipolla, le cui proprietà digestive ed antisettiche, ora facilmente certificabili dalla scienza medica, sono note da sempre alla cultura popolare, è in grado di aggredire ed uccidere i batteri che portano al deterioramento dei cibi, prevenendo possibili intossicazioni alimentari.
Il saor ha origini antiche, era il cibo dei marinai, che potevano conservare così il pesce durante i lunghi viaggi per mare.
Anche le verdure, come zucca e zucchine, possono essere messe in saor. Il saor ha anche vocazione di “recupero” degli avanzi: una frittura rimasta alla sera trova nuova e sorprendente vitalità se coperta di saor e servita in tavola il giorno dopo.
Ed ecco la ricetta più tradizionale e popolare ed una raccomandazione finale, per un saor fatto a regola d’arte: si parte con la cipolla bianca tagliata sottile, pari circa alla metà del peso del pesce, da fare appassire e imbiondire al fuoco; si aggiungono aceto di vino e/o vino bianco (circa il peso delle cipolle), foglia d’alloro, pinoli tostati e uvetta, sale e pepe; si dispone in una terrina uno strato di sarde infarinate e fritte e si copre con il saor a strati.
Lasciar riposare un paio di giorni in frigor per gustarle al meglio.
Le versioni più aristocratiche, fino a tutto il 1600, in seguito cadute in disuso, venivano arricchite di spezie come i chiodi di garofano, cannella e coriandolo. Grandi trasportatori di spezie, i veneziani per secoli non solo le hanno commerciate ma le hanno anche adottate nella loro cucina.
Le versioni più aristocratiche, fino a tutto il 1600, in seguito cadute in disuso, venivano arricchite di spezie come i chiodi di garofano, cannella e coriandolo. Grandi trasportatori di spezie, i veneziani per secoli non solo le hanno commerciate ma le hanno anche adottate nella loro cucina.
Ed ecco la raccomandazione finale, per acquistare bene le sarde seguiamo i consigli di Carlo Goldoni, quale miglior portavoce veneziano del saor:
“Comprème co sti bezzi sie grossi de sardelle,
Ma vardè che i ve lassa zernir delle più belle.
Quella che xe de sora, xe sempre la più grossa,
Quando che le xe stracche, le gh’ha la testa rossa.
Paghèle quel che i altri le paga in pescaria.
E po fèvene dar quattro de soravia.”
“Comprème co sti bezzi sie grossi de sardelle,
Ma vardè che i ve lassa zernir delle più belle.
Quella che xe de sora, xe sempre la più grossa,
Quando che le xe stracche, le gh’ha la testa rossa.
Paghèle quel che i altri le paga in pescaria.
E po fèvene dar quattro de soravia.”
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