mercoledì 13 dicembre 2017

DA ROMANO, FRANCA E ROBERTO A VIAREGGIO


Accendo il computer, apro un nuovo  file word, il foglio bianco virtuale è lì che aspetta  con aria beffarda che  lo riempia di caratteri,  mi fa innervosire.  Fisso lo schermo in attesa di ispirazione, non so da che parte cominciare. Il foglio bianco sembra anche più bianco del solito e mi sale l’ansia.  “E’ facile per te vero? Non devi preoccuparti di altro, te ne stai lì tutto candido  e aspetti. Ma se io non ti apro, non esiti. Quindi sii riconoscente e collabora. Aiutami. Ispirami!”  
Sto parlando col computer? Sto delirando? Ma no, dai,  alla fine ho trovato il “la” d’inizio che cercavo e giustifico l’ansia,  perché scrivere del Ristorante Romano diViareggio, un’istituzione per la Versilia e la Toscana tutta ma anche uno dei primi ristoranti di pesce d’Italia,  non è compito facile e per me non è solo scrivere un articolo, riempire un foglio bianco, è  rendergli omaggio in modo degno e sincero  con sentimento e riconoscenza perché questo provo e questo voglio esprimere per onorare e ringraziare una delle più grandi coppie della ristorazione italiana, Romano Franceschini  e la moglie Franca Checchi, così come il  figlio Roberto, maître di sala  e sommelier,  per l’accoglienza che mi hanno riservato, per la considerazione concessa al Calendario del Cibo Italiano e alla sottoscritta,  per la schiettezza con cui si è svolto il nostro  piacevole incontro  e,  arrivando al dunque,  per le squisitezze che mi hanno fatto assaggiare!

Tutto era partito da una lampadina che mi si era accesa, appunto, per il nostro Calendario. A novembre stavamo programmando gennaio in redazione e il tema di una giornata, che non svelo naturalmente, mi ha fatto pensare a loro.  La propongo a Roberto, che conosco solo virtualmente    ma  che seguo  e stimo da molto tempo, soprattutto da quando una  volta, mi salvò da un incidente diplomatico, facendomi notare in modo spiritoso e molto signorile, con un messaggio privato,  un errore  che aveva riscontrato in un mio articolo per cui lo ringraziai molto! Un gesto non da tutti che mi lusingò.
L’idea è stata accolta con entusiasmo anche dai genitori che avevo avuto il piacere di conoscere invece di persona in una giornata festosa e soleggiata lo scorso settembre alla Perla delMare.  Franca e Romano  si erano concessi  una breve fuga romantica tra Bolgheri, Castagneto e San Vincenzo ed erano stati a pranzo dall’amica chef Deborah Corsi con la quale collaboro. Anch’io ero presente quel giorno perché avevamo degli ospiti olandesi  per un raduno di  jeep d’epoca americane che aveva creato una simpatica kermesse  e vivacizzato la tranquilla  atmosfera settembrina, divertendo molto anche  Franca e Romano.

Nel concordare la data del nostro incontro, proposi di andare a Viareggio per loro convenienza naturalmente,  in orari  anche fuori dal servizio pranzo o cena, in un giorno infrasettimanale;  invece Roberto replica “no, vieni pure a pranzo, si mangia qualcosina e si fanno due chiacchiere tranquilli”. Non me lo faccio ripetere due volte, mi piace molto andare in “missione” solitaria e soprattutto a pranzo così posso fare le foto con la luce naturale diurna.  Ma mai avrei immaginato che “mangiare qualcosina” si sarebbe trasformato in  un pranzo degustazione memorabile in cui ho potuto apprezzare molti esempi  della loro generosa e celebre cucina, saldamente fondata  su basi  classiche e tradizionali dove la materia prima eccellente, scelta personalmente da Romano al mercato viareggino,  viene esaltata in modo  ineccepibile. La carta è vasta e integrata anche da  proposte che volgono al contemporaneo  con slanci  modernisti  creativi e abbinamenti  sorprendenti ma mai esasperati, piuttosto  ben calibrati e coerenti  nel  rispetto del protagonista assoluto che è il pesce!


Dalla mia panoramica postazione singola, elegantemente apparecchiata, con tanto di roselline bianche e  singolari piatti di ceramica con temi marini, mi sono goduta pienamente  le danze dei protagonisti della sala osservando  la loro naturale propensione a ricevere gli ospiti e ad intrattenersi con loro  con  garbo schietto tra il famigliare e il professionale.  Patron, maître e camerieri volteggiano con grazia fra i tavoli;  più pacato e riservato  Romano, più brioso ed esuberante   Roberto,  accudiscono tutti con disinvolta competenza e grande attenzione.  Mamma Franca, la chef,  fa capolino dalla cucina per salutarmi e si siede con me a chiacchierare e raccontarmi quello per cui ero  venuta, deliziandomi con affettuosi amarcord della mamma che si ingegnava per riempire la pancia di nove pargoli e tanti altri particolari che riservo per il Calendario.   Chiedetemi se ero felice!

Ero stata un paio di volte  a cena da Romano con mio marito, alcuni anni fa e rammento ancora i piatti mangiati, come ho confidato  a Franca.  In seguito , abbagliata dalle estrosità avanguardiste, ero incuriosita da altre situazioni.   Ma i tempi cambiano e, maturando, si riapprezzano i grandi classici che resistono alle mode  passeggere ma che non  si cullano sugli allori  e si aggiornano continuamente, aprendosi al nuovo  pur rimanendo fedeli al proprio stile.  Questo è il ristorante Romano, un pezzo di storia della cucina italiana di cui hanno scritto  le migliori penne gastronomiche, che  ha festeggiato lo scorso anno i 50 anni di attività e il suo fondatore  ha ricevuto quest’anno il premio alla carriera da parte della Guida Ristoranti dell’Espresso.  Celebrato inoltre da tutte le più importanti guide italiane ed estere, si fregia di una stella Michelin dal 1985.


Si aprono le danze con uno Champagne Roederer Brut per darmi il benvenuto e per accompagnare un  “frittino” da manuale,  lieve come una nuvola, arricchito anche da una sogliola sporzionata al tavolo dal valente Luigi.


Proseguo con una degustazione di vari crudi in tutta la loro nuda e splendida naturalezza  e una divertente tartare di scampi invece condita con maionese di pesce, limone salato , pomodoro confit, grue di cacao, rapanelli e finocchi

Si alternano proposte super classiche e spicchi di modernità  fra un  signor bollito di sparnocchi (le  mazzancolle a Viareggio), scampi, cicale e calamaretti e carciofi con maionese espressa  e  una succulenta triglia panata che mantiene tutta l’umidità e il gusto della triglia nel cuore mentre all’esterno crocchia soavemente grazie ad una panatura friabile e lieve, accompagnata da stracciatella di burrata e mousse di melanzana leggermente affumicata da sogno.  E col vino  si passa al Pagliaio Bianco, il vino “di casa”: un gradevole Doc Colline Lucchesi proveniente dal podere di famiglia, fino a poco tempo fa, seguito personalmente da Romano e ora ceduto.



Mi deliziano anche con  i leggendari calamaretti ripieni di crostacei e verdure, un sublime capolavoro di Franca, in carta da 30 anni!

E le nostre chiacchiere continuano.  Soddisfo  la curiosità di Roberto e gli racconto nel dettaglio le mie attività  e ci confrontiamo su molti temi caldi come i social, le critiche gastronomiche, il ruolo della sala, trovandoci in sintonia su tutto così come per i vini, pur riconoscendo la mia modestissima esperienza rispetto alla sua enciclopedica conoscenza e grande esperienza che vanta anche un periodo di apprendistato dal mitico Le Cirque di New York.  Appena accenno all’evoluzione del gusto e dichiaro la mia passione per vini profumati ma asciutti e acidi o tannici,  poco “femminili” insomma,  raccontandogli delle degustazioni fatte nel Wachau quest’estate tra Grüner Veltliner e Riesling,  i suoi occhi brillano di gioia ed ecco apparire un succoso e profumatissimo giovane Riesling della Mosella dalla fornitissima cantina che meriterebbe un articolo a sé!


Riesling ad accompagnare due assaggi di primi piatti semplicemente superlativi:  bottoni di pasta fresca ripieni di orata ed erba cipollina su crema di conchigliacei e un tocco di quel limone salato della tartare che indovino facendo la mia bella figura 


e ancora dei voluttuosi spaghettoni alla chitarra con polpa di cicale e peperoni cruschi dal gusto così intenso da avvicinarsi a quello di una bottarga fresca di muggine.  Pazzeschi entrambi, da non saper quale scegliere  e non mi preoccupo se non è molto tecnica come espressione  ma io non sono una critica gastronomica, sono una semplice appassionata che gusta e condivide quando si diverte e qui mi sono mooooooolto divertita!

Quasi come un pre dessert, Roberto mi propone anche due gamberi al miele di castagno la cui opulenza è equilibrata e armonizzata dai carciofi fritti ma che forse il mio palato stanco non apprezza a sufficienza.
Al dolce, stanca o non stanca,  non posso dire di no e dal momento che ero indecisa fra due, me li fanno assaggiare entrambi, in misura ridotta s’intende.
Dopo il pre-dessert vero, composto da una elegante piccola pasticceria fra cui spicca un cioccolatino bianco con ricotta e polvere di alloro oltre a ghiottonerie varie a base di altri cioccolati, gelée di lamponi e pure un cubetto di panforte, arrivano i dessert. 


Piccoli grandi capolavori di ingegneria dolciaria del pastry chef Giorgio Altomonte, soprattutto il primo con delle meringhe fatte a tubicino che non avevo mai visto. Mi appunto tutti i componenti della colorata scenografia : carpaccio di rabarbaro, meringhe al vin brulé, salsa al melograno, yogurt greco, composta di pere e foglioline di origano fresco.  Da ola! Non aggiungo altro..
Anche il secondo mi piace molto, sono quei dolci non dolci, leggeri e freschi con frutta e verdura che trovo molto divertenti  : insalatina di carota selvatica, arance e sedano, cremoso di carota, gelato Ace, mandorle salate e crumble di speculoos… Ooooooosssssignore!!  
Puntuale come un orologio svizzero, il  sommelier non mi lascia a becco asciutto e coi dolci mi versa un delizioso moscato d’Asti Scrapona di Marenco.

Ero un po’ annebbiata verso la fine, lo ammetto;  forse sono stata scortese a non voler neanche scorrere la sostanziosa carta di caffè, thé e tisane, che invece meritava attenzione, affidandomi alla  scelta di Roberto, e non rimango delusa,  che opta per un'ottima speziata miscela indiana, se non ricordo male, perché è l’unica cosa che non mi sono segnata!! 


Il rum très vieux Agricole “ammazza caffè” della Martinica, che non capita tutti i giorni,  invece l’ho immortalato. Raramente bevo superalcolici ma ormai avevo fatto trenta, come si suol dire, ho fatto anche trentuno e il godimento  è stato assoluto e mi riprometto di camminare almeno un paio d'ore prima di rimettermi in auto verso casa!


Prima di congedarmi non ho resistito ad infilarmi nella bella cucina, ampia e ben articolata e riesco ad immortalare la chef Franca all’opera così come il suo bravo e giovane sous chef Andrea Papa.


Mi rendo conto che sono lì da più di tre ore,  il tempo  è volato ma mi sono gustata ogni singolo istante.  Più che soddisfatta per la missione compiuta, mi concedo un’ultima foto con i miei gentili anfitrioni e mi congedo ringraziandoli di cuore per la splendida esperienza offertami, una di quelle che si imprimono indelebili nella memoria, olfattiva, gustativa ed emotiva.  Provare per credere!


 Appuntamento a fine gennaio per il contributo della chef Franca Checchi per il Calendario del Cibo Italiano! 



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