martedì 26 gennaio 2016

POMODORO E PASTA 2.0, IN CUCINA CON IL CUORE 2016, MEDITERRANEA BELFIORE



Eccoci giunti alla quarta edizione del gioco  IN CUCINA CON IL CUORE di Mediterranea Belfiore, l'azienda conserviera con la quale collaboro da tempo. Dopo DOLCE POMODORO e PAPPA AL POMODORO REVOLUTION, è ora  il turno di uno dei piatti più classici e rappresentativi della nostra penisola: la pasta al pomodoro.
I pomodori Mediterranea Belfiore, salse, passate e filetti,  grazie ai vostri contributi, sposeranno la pasta, all’insegna dell’ essenzialità, della creatività e della contemporaneità più sorprendente.
 
 
 
 

Spazio alla fantasia dunque! Sbizzarritevi! Stupiteci! Create e fotografate il vostro piatto a base di POMODORO e PASTA 2.0 nel rispetto dei seguenti parametri e regole: 

. il pomodoro deve essere l’ingrediente protagonista,  la pasta dovrà risultare al servizio del  
  pomodoro ed esaltarlo
. pasta secca o fresca senza uova
. no a ingredienti co-protagonisti come carne, pesce, legumi, verdure,  funghi, uova, latte, formaggi ,   frutta
. sì a verdure nelle basi come aglio, cipolle, sedano, carote così come erbe aromatiche e aromi 
  come il pepe, il peperoncino e  le spezie
. sì a insaporitori e condimenti come acciughe salate, colatura di alici, salsa di soia,
  guanciale/pancetta o altro, in piccole dosi nelle basi – formaggi e latticini, frutta secca e pane,  solo
  a completamento
. sì ad eventuali addensanti come fecole/farine agar agar o xantano
. sì a tecniche sperimentali di cottura o di trasformazione degli ingredienti
. le interpretazioni possono riguardare la tecnica di elaborazione della ricetta, i sistemi di cottura,
  così come la  presentazione o il concetto stesso del piatto.
. sono ammesse più ricette per ogni concorrente
. è  necessario specificare il tipo di prodotto a base di pomodoro Mediterranea Belfiore utilizzato fra
 

 
 
POMODORO E PASTA 2.0 è rivolto a cuochi amatoriali. Le ricette, corredate da almeno uno foto, dovranno essere inviate a  info@mediterraneabelfiore.it  con oggetto POMODORO e PASTA 2.0
Per chi possiede un blog è sufficiente inviare il link al post in cui sarà pubblicato il piatto, indicando, all’interno del post,  il link al sito www.mediterraneabelfiore.it  e il seguente banner
Se avete dubbi di interpretazioni contattateci!


 

Data d'inizio: 26 gennaio 2016, scadenza 20 marzo 2016.
Saranno ritenute valide solo le ricette pubblicate e inviate entro tali date. 
 
LA FINALE
 il 6 aprile, presso la sede della Mediterranea Belfiore, una giuria composta da giornalisti, critici gastronomici e chef amici valuterà le ricette finaliste realizzate dagli stessi autori, che saranno invitati a partecipare, e decreterà 3 vincitori.
 


OSPITE D'ONORE di POMODORO E PASTA 2.0
la chef MARIANNA VITALE 


Marianna Vitale sarà  l'ospite d'onore e presidente di giuria della gara finale!
La giovante e talentuosa chef campana esprime, nel suo ristorante Sud, una cucina fantasiosa e colorata che attinge alla linfa vitale della terra e della  tradizione travolta dalla contemporaneità, con uno stile segnato da forti impronte caratteriali, essenziale, passionale ed istintivo e al tempo stesso razionale. Membro della prestigiosa associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe, la sua serietà, tenacia ed audacia sono state premiate  con il conferimento della stella Michelin nel 2011 e con  la proclamazione come miglior cuoca d'Italia 2015 per L'Espresso e Identità Golose
 
COOKING SHOW
Partenopea doc, la chef ha risposto entusiasta all’appello di Mediterranea Belfiore per un simpatico gioco di confronto fra Toscana e Campania. Nella stessa giornata del 6 aprile, alle h 18, dopo la premiazione dei vincitori, Marianna Vitale si esibirà in un cooking show e il pubblico avrà l’esclusiva opportunità di assaggiare la sua interpretazione di POMODORO e PASTA 2.0.
Il vincitore avrà l’onore di fare da assistente alla chef durante l’esibizione.
L’evento è gratuito e aperto a tutti. 
 

 
Le ricette vincitrici, insieme ai nominativi degli ideatori, saranno inserite nella sezione RICETTE del sito WWW.MEDITERRANEABELFIORE.IT, accanto a quelle delle precedenti edizioni di IN CUCINA CON IL CUORE e quelle degli amici chef.
A tutti i partecipanti alla gara finale sarà consegnato un omaggio Mediterranea Belfiore
 
 
 VI ASPETTIAMO NUMEROSI E FANTASIOSI!!!
 
 
 

 

domenica 24 gennaio 2016

PASSATO DI CICERCHIE ALLA PAPRICA CON BRICIOLE DI BACCALA'

 
Non era prevista, è un'estemporanea, mentre la concepivo mentalmente semplicemente come "zuppa del giorno", ho pensato che potesse essere considerata la mia seconda proposta per la sfida di questo mese, l'MTC N. 53, ovvero ZUPPE E MINESTRONI, lanciata dalla bravissima Vittoria de La cucina piccolina 
http://www.mtchallenge.it/2016/01/la-ricetta-della-sfida-n-53.html?showComment=1452872706089
 
Il concepimento di questo passato di cicerchie parte da lontano. In realtà volevo fare una semplice passata di ceci, indipendentemente dalla sfida. Poi mentre li cuocevo, mentalmente incominciava il ponteggio (cioè il collegamento fra un'idea e l'altra) e la febbre da Mtc saliva:
"e se riproponessi la tipica minestra di ceci della suocera della vigilia di Natale?"
E, dato che "ceci e baccalà" creano un binomio inscindibile per la vigilia natalizia toscana così come di altre regioni italiane e io, neanche a farlo apposta ne ho un po' avanzato dalla sera prima, prendo in considerazione pure quello e il piatto incomincia a prendere forma, sempre a livello concettuale.
La minestra di ceci della suocera toscana è molto liquida e ci si cuoce  dentro la pasta, possibilmente spaghettini fini spezzettati, secondo l'usanza livornese, adottata anche per la minestra di pesce. Io la preferisco più cremosa e senza pasta, ecco perché decido di eliminarla. E il baccalà come ce lo metto?
Mentre rimugino sul da farsi, tra una telefonata e l'altra, mail, post, fb, Skype sento una puzza di bruciato provenire inequivocabilmente dalla cucina. "I ceci! M......a!!!!!"
Irrecuperabili! Sgrunt!
Erano gli ultimi che avevo. Non ho tempo di andare a ricomperare dei ceci, ammollarli etc...rovisto in dispensa e che ti trovo? un rimasuglio di cicerchie decorticate, perfette! Mi piacciono molto e al gusto ricordano abbastanza i ceci. Essendo decorticate, hanno bisogno di un ammollo più breve rispetto ai ceci, bastano 2-3 h, poi le sciacquo bene, le scolo e ricomincio.
 
Non ce la faccio per pranzo, rimando alla sera. A pranzo, non mi ricordo che volevo usare il baccalà avanzato per la ricetta e me lo pappo tutto.
Alla fine mi tocca uscire a comperare il baccalà perché ormai ce lo volevo infilare!!! Però questo intoppo mi fa accendere un'ultima lampadina, prendo quello surgelato che non è così salato come il baccalà ma è merluzzo nordico messo in salamoia e poi surgelato, così si può consumare crudo e, conoscendolo già, so che a livello di sapidità è perfetto. Quindi  lo affetto finemente ancora ghiacciato e lo metto sopra alla zuppa calda, l'ho già sperimentato, si scongela appena, rimane crudo e crea un bel contrasto sia di consistenza, di sapore che di temperatura perché rimane freddo.
Ultimo tocco? paprica, sia dolce, che forte, in ricordo di un piattino fatto con le cicerchie tempo fa e che sta benissimo con ceci o cicerchie, vedi hummus. Aggiudicato! Procedo!
 
Ingredienti per 2 persone
 
180 g di cicerchie decorticate bio
50 g di baccalà surgelato
1 spicchio d'aglio
1 rametto di rosmarino
1 cucchiaino di concentrato di pomodoro
sale, pepe nero a mulinello
acqua o brodo di verdura qb
olio evo IGP Toscano
paprica in polvere, sia dolce che forte
 
Ammollate le cicerchie per qualche ora, cambiando acqua almeno un paio di volte, sciacquatele bene, pulitele da eventuali impurità, scolatele. Qui alcune info interessanti sulle cicerchie
Cuocetele nella pentola pressione coperte d'acqua per ca 45-50' o in pentola coperta, a fuoco dolce, per ca 2 ore.
Fate stufare  l'aglio con un rametto di rosmarino in un po' d'olio evo e un cucchiaio d'acqua, schiacciando un poco l'aglio appena ammorbidisce. Aggiungete le cicerchie, allungate con brodo di verdure o semplicemente acqua calda, unite anche un cucchiaino di concentrato di pomodoro e fate insaporire per 10-15' . Infine, togliete l'aglio e il rosmarino, frullate il tutto in modo da ottenere una passata cremosa ma abbastanza fluida. Condite con pochissimo o niente  sale (ci penserà il baccalà ad aggiustare la sapidità). Versate la passata di cicerchie nelle singole fondine, cospargete con pepe nero macinato al momento,  una spolverata di paprica forte e dolce, scagliette di baccalà ancora congelato, un giro di ottimo olio evo di carattere, come un Igp toscano, a crudo e stop! Ah, dimenticavo, un ciuffetto di rosmarino per decorare non guasta.
 
  
 
 
 
 

sabato 23 gennaio 2016

ACCIUGHE IN SAOR PER IL CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO AIFB


Lo so...lo so....oggi è la  Giornata Nazionale delle  SARDE IN SAOR, secondo il  Calendario del Cibo Italiano Aifb, ambasciatrice Marianna Bonello, blog Sapori e Dissapori.
E io in saor ci metto le acciughe, per non smentirmi, ecco!
Come spiega Marianna nel suo bellissimo articolo, ricco di approfondimenti culturali e storici, il saor (sapore in dialetto veneto) è un antico metodo di conservazione di sarde ed altri piccoli pesci, di indiscussa paternità veneta, anzi, pardon veneziana, a base di aceto, simile a scapece,  scaveccio o carpione a seconda delle usanze e denominazioni territoriali. Perché non con le acciughe allora?
E' vero che il saor classico nasce con le sarde ma spesso sarde e acciughe si possono intercambiare in molte ricette. Degustibus......sicuramente da pulire sono più facili le acciughe, rimuovere la lisca dalle sarde è impresa ben più ardua!
Qualcuno le confonde. A livello visivo, effettivamente,  è più facile confonderle ma al gusto sono piuttosto diverse, le sarde sono più grassine e dolci, normalmente sono dotate di squame anche se piccolissime, le acciughe più asciutte e dal gusto più amarognolo, senza squame o quasi, entrambe fortemente connotate dalla categoria di appartenenza, cioè il pesce azzurro, tema ampiamente argomentato da Poverimabelliebuoni ma non finisce qui.....
 
Ma osserviamole attentamente, come in un gioco della Settimana Enigmistica, tipo "trova le differenze":
 
Acciuga o Alice (Engraulis Engrasicolus)
 
 
Sardina (Sardina Pilchardus)
 
 
 
Foto di gruppo: ancora acciughe
e sardine
 
E se ancora non bastasse, qui un bel video, dal sito Il Fatto Alimentare!
 
E ora la ricetta delle mie Acciughe in Saor
 
 
Ingredienti per 2-3 persone
ca 20 acciughe
1 cipolla bianca grande
1 foglia di alloro
1 cucchiaino di zucchero semolato
1 cucchiaio di uvetta passa
1 cucchiaio di pinoli
(+ eventuali spezie come cannella, coriandolo, chiodi di garofano)
aceto di vino bianco/mele/riso
olio evo, sale, farina bianca qb
olio di semi di arachidi per friggere

 
Ammollare l'uvetta in acqua calda.
Affettare le cipolle finemente e rosolarle in olio evo con la foglia d'alloro, sfumare con due cucchiaiate di aceto, aggiungere lo zucchero, il sale e farle stufare coperte a fuoco vivace finchè inteneriscono.
Pulire e sfilettare le acciughe, asciugarle bene e passarle nella farina. Friggerle nell'olio a 160-180°, raccoglierle con una schiumarola e metterle ad asciugare su carta gialla per fritti
Disporre in una pirofila uno strato di acciughe, salarle, napparle con le cipolle, cospargere con uvette e pinoli, irrorare ancora con un po' di aceto e poi fare un secondo strato di acciughe ripetendo la sequenza di cipolle, uvette e pinoli.
In alcuni ricettari si trova anche una spolverata di cannella e altre spezie, io ho voluto fare la versione più semplice ma secondo me ci starebbero benissimo, appena accennate però!
Coprire la pirofila e lasciar riposare in luogo fresco (i puristi eviterebbero il frigorifero, io le ho lasciate fuori dalla finestra al fresco e all'ombra ma con queste temperature era come lasciarle in frigo!!!) per almeno 2 gg, volendo anche 3, più riposano e più diventano buone....VERISSIMO!!!
 


 

venerdì 15 gennaio 2016

L'ACQUACOTTA SECONDO POVERIMABELLIEBUONI PER L'MTC N. 53


 
 
Quando si parla di Acquacotta, si pensa subito alla profonda Maremma, quella dei cavalli selvaggi e dei buoi candidi dalle lunghe corna, dei bufalai autentici e dei butteri incavolati con quell'intruso di Buffalo Bill, che intendeva insegnar loro qualcosa che essi invece ben conoscevano sin dalla nascita!
Parlando dell'Alta Maremma, il granduca Leopoldo II asseriva che era "Maremma" tutto il visibile dal largo della costa toscana, compresi i cosiddetti paesi "marittimi", sia vicini al mare come Rosignano, Castellina, Casale, Castagneto e Campiglia, sia più interni e lontani come Monteverdi, Monterotondo e Massa, tutti nomi seguiti infatti  da "marittimo/a".
"Maremma" era laddove c'erano paludi, acquitrini, visi smunti e branchi di animali bradi tenuti a bada dai butteri, ai quali non era difficile scovare, anche dall'alto della cavalcatura, l'erbetta più acidula, il radicchio meno amarognoli, il piscialletto più saporito. Con quelle erbe e magari una cipolla sottratta alla panzanella e acqua a coprire tutto, veniva imbastito una specie di infuso che non poteva che chiamarsi "acquacotta" dato che, oltre all'acqua c'era ben poco d'altro. Il "qualcos'altro" era legato alla natura del posto, alla presenza di erbette per molti anni snobbate e ora oggetto della moda del foraging, come la cicoria, la valerianella, il raperonzolo, il crescione, la borragine, lo spinacino selvatico, la cicerbita, l'erba vetriola, le ortiche. 
A rimpolpare l'esiguo rancio, panacea di antiche fami, come in molte zuppe toscane,  non poteva e non può mancare il pane posato toscano che assorbe il liquido e la zuppa diventa così densa che la puoi mangiare con la forchetta. Non ultimo i butteri spaccavano dentro alla zuppa bollente, direttamente nel paiolo, tutte le uova che raccattavano anche se di palude e impucinate, che si rapprendevano subito nel recipiente. E la nobilitazione finale: abbondante pecorino grattugiato, se c'era.  (Parti di testo tratte dal Codice della Cucina Livornese, Villa Guerrazzi, Cecina di Luciano Bezini e Umberto Creatini, Aldo Santini, Enrico e Claudio Guagnini)
 
Per questa scelta, devo ringraziare una new entry emmeticina, la massese Stefania Pigoni, del blog Dolcissima Stefy, che mi ha battuta sul tempo pubblicando una stupenda Zuppa d'erbe selvatiche e fagioli. Avevo pensato da subito anch'io ad una zuppa d'erbe selvatiche. Volendomi differenziare, ho consultato i miei libri di cucina toscana e ho deciso che l'acquacotta sarebbe stata la candidata all'uopo.
Proprio sul citato Codice della Cucina Livornese,  viene proposta un'acquacotta più attuale, con l'aggiunta di pomodoro e oltre alle erbe selvatiche, anche cavolo e bietole che si possono acquistare ovunque, con alcune indicazioni per cuocerla nelle cucine di casa. Viene consigliato infatti di cuocere l'uovo a parte, o rosolato in tegamino all'occhio di bue o in camicia e poi posizionato sulla zuppa. Ho seguito la versione che ho trovato sul libro, personalizzandola un po', vedi le acciughe salate nel soffritto di cipolla e utilizzando esclusivamente erbe selvatiche (sia cotte che crude) raccolte da me medesima. Operazione che ho immortalato e condiviso in diretta dai poggi di Castiglioncello qualche giorno fa!
 
 
Sono appassionata di erbe spontanee da molto tempo, anzi pare addirittura, secondo le rivelazioni di una sensitiva che consultai per gioco anni fa, che mi porti dietro questa mania dalle vite precedenti. E ne ho di vite sulle spalle, forse giunta alla mia ultima esperienza terrena, dopo questa il Nirvana e così non ci si pensa più! Sono stata guaritrice, sensitiva, medium (una vera maga magò praticamente)  ma anche medico e pure suora di clausura, inimmaginabile vero? guai a chi ride!!
Scherzi a parte, ho imparato a riconoscere le erbe frequentando il mercato dove alcune donnine portavano nelle ceste le erbe miste di campo, me le facevo spiegare e con i campioni andavo per campi, le confrontavo e così mi fidavo a raccogliere. Non ultimo, proprio recentemente, ho seguito con un gruppo di amici, uno chef e parte della sua brigata, un mini corso sulle erbe spontanee, tenuto da una botanica, con esperienza di raccolta e raffronto sul campo, nel vero senso della parola. Sì, perché la raccolta di erbe selvatiche è una cosa seria, bisogna fare molta attenzione, bisogna affidarsi a chi le conosce bene; ce ne sono di molto simili fra loro che si confondono facilmente e alcune sono tossiche se non addirittura velenose, quindi GRANDE CAUTELA! Io, quando sono nel dubbio, non mi arrischio. Inoltre bisogna anche stare attenti ai luoghi dove si raccolgono, mi sembra superfluo sottolineare che non si raccolgono ai margini di strade o lungo fossi che possono essere inquinati, nè tanto meno vicino a campi coltivati dove possono essere stati fatti trattamenti chimici. L'ideale è la macchia, lontana dal tessuto urbano, coi suoi prati selvaggi e incontaminati (o almeno si spera)
Lungi dall'essere un'esperta, sto sempre studiando ma insomma, ne conosco abbastanza per farci una discreta zuppa e grazie a quest'inverno mite, fino a pochi giorni fa, nei campi c'era un'abbondanza di specie che solitamente non si trovano in questo periodo. Bottino ricco, mi ci ficco!
 
Vari radicchi più o meno amari, per la zuppa ho scelto quello più dolce, il crepis leotodontoides o insalatina di monte, poi borragine, rapini, cicerbite, erba vetriola e plantago lanceolata o piantaggine(dal lieve sapore di fungo). Come finitura a crudo: finocchietto selvatico e un tipo di aglio selvatico molto buono: allium triquetum (foto qui sotto)
 
E ora cuociamo tutta 'sta roba!
 
Ingredienti per 3/4 porzioni
 
1000-1200 g di erbe spontanee miste (oppure cavolo nero + bietole)
2 l d'acqua ca
1 cipolla grande (bionda o rossa  secondo il proprio gusto)
1 barattolo di pelati da 400 g
300 g di pane casalingo toscano posato
pecorino toscano dop media stagionatura qb
3-4 uova di categoria A da allevamento a terra o biologico
1 ciuffo di finocchietto selvatico
3-4 aglietti selvatici
2-3 acciughe salate
olio evo qb
sale o "dado" vegetale casalingo (mix di sale/sedano/carota/cipolla/prezzemolo), pepe nero di mulinello e/o peperoncino jalapeño macinato
 
Lavate le erbe in abbondante acqua, con aggiunta di bicarbonato,  per purificarle da eventuali residui di terra. Tagliuzzatele. In una capiente casseruola, fate rosolare la cipolla affettata finemente con le acciughe salate, pulite, sfilettate e  ben dissalate, aggiungete prima le erbe, fate insaporire, poi i pelati con tutto il loro succo, allungate con acqua calda, fate andare a pentola coperta e a fuoco dolce per ca 30 minuti aggiungendo di tanto in tanto altra acqua in modo da arrivare a fine cottura con una zuppa ben brodosa. (il brodo sarà poi assorbito dal pane). Regolate di sale o dado casalingo, assaggiando prima di aggiungere.
Tagliate a fette spesse il pane, tostatelo in forno e disponetene 2-3 fette per piatto.
Per le uova, si possono rompere direttamente nella zuppa bollente poco prima di versarla sul pane oppure cuocere a parte, lasciando il tuorlo semi-crudo, e poi disporle sopra alla zuppa. Io ho scelto l'opzione di cuocerle in camicia col trucco!  
 
 
 
Siamo al tocco finale: versate la zuppa ben calda ma non bollente sulle fette di pane, altrimenti il pane si cuoce troppo, posizionate sopra la zuppa un uovo in camicia per commensale, guarnite con l'aglietto tritato fresco e dei ciuffi di finocchietto selvatico, una macinata di pepe e/o peperoncino, una spolverata di pecorino passato alla grattugia con fori grandi e infine un giro d'olio evo a crudo.
 
E buon'acquacotta a tutti!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

lunedì 11 gennaio 2016

GATTO' CON LE ACCIUGHE PER LA GIORNATA NAZIONALE DEL GATTO', CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO AIFB

 
Oggi si celebra la Giornata Nazionale del GATTO' DI PATATE, Ambasciatrice Maria di Palma, del blog La Caccavella
 
Le Giornate Nazionali si inseriscono nel progetto Aifb CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO , che è la risposta italiana al National Food Calendar statunitense e alle diverse giornate nazionali o internazionali dedicate ad un piatto o ad un prodotto tipico dei vari Paesi del mondo.
Il progetto,  nato da un'idea di Patrizia Malomo e Alessandra Gennaro ed è patrocinato, sviluppato e condiviso dai soci dell'Associazione Italiana Food Blogger,  si propone di diffondere la cultura e la tradizione gastronomica dell'Italia, attraverso l'istituzione di un calendario in cui si celebrano in 366 giornate e 52 settimane nazionali i nostri piatti e i prodotti più tipici, scelti sulla base della loro diffusione e dei loro legami con la cultura popolare e organizzati sulla base del calendario delle stagioni e delle ricorrenze litugiche o istituzionali.


Ciascuna delle 52 settimane è dedicata all'approfondimento di un tema scelto fra quelli che hanno maggiormente influito sulla storia della gastronomia italiana, così da delienarne in modo preciso la sua fisionomia. Ciascun giorno dell'anno è dedicato alla celebrazione di uno dei piatti o prodotti tipici che ne hanno decretato la fama.
L'obiettivo è quello di dar vita ad una vera e propria festa del cibo italiano, in modo corale e costante, nell'ottica di un riscatto della tradizione, delle eccellenze del territorio della storicità delle testimonianze umane e della tutela delle tecniche tramandate di generazione in generazione, nella consapevolezza che anche la cucina italiana è un patrimonio culturale, le cui ricchezze vanno quindi tutelate e preservate in primo luogo da chi a questa cultura appartiene per origine e per nascita.
 
Contribuisco alla Giornata Nazionale del Gattò di Patate con una mia versione con le acciughe, ideata durante la raccolta UN'ACCIUGA AL GIORNO. 
 
 
La cucina napoletana annovera dei piatti dai nomi divertenti e scanzonati come la sua gente. Il gattò è uno di questi. Mi ha sempre fatto ridere la storpiatura del gateau francese in gattò alla napoletana, troppo simpatica! Ce lo racconta approfonditamente Maria nel suo post introduttivo: è un noto tortino salato di recupero a base di patate, formaggio e salame/salsiccia/prosciutto, formula variabile appunto a seconda degli avanzi. Si posizionano a strati  oppure si macina e si mischia tutto insieme.
E allora dal momento che ci si può buttare un po' di tutto nel gattò, quasi come in una zuppa, perchè no con le acciughe, che vengono spesso preparate in teglia con le patate e poi passate al forno. Volendo però rispettare la tradizione, oltre a dargli la classica forma a torta, ho inserito anche della provola e ho azzardato una pancetta affumicata che, proprio come tradizione vuole, era un rimasuglio di una precedente preparazione.
Avevo già sperimentato l'affumicato con lo sgombro, nel TRAMEZZINO DI SGOMBRO E SCAMORZA AFFUMICATA  e mi era piaciuto moltissimo, quindi ho voluto provarlo con le acciughe e non sono rimasta delusa anche se in questo caso, l'affumicato è smorzato dalla dolcezza delle patate, burro e panna, per un risultato sorprendentemente delicato.

La ricetta, si fa per dire, per un gattoncino per 2 persone:

2 grosse patate a pasta gialla (ca g 350-400)
20 g di burro
1 uovo intero
1 cucchiaio da minestra di panna fresca
2-3 cucchiai da minestra di provola grattugiata
50-60 g di pancetta affumicata tagliata a dadini
10-15 acciughe fresche
sale, pepe, noce moscata qb
burro + pan grattato per imburrare la teglia

Ho usato una teglia tonda del diametro di ca 17 cm.
Ho lessato prima le patate naturalmente, poi le ho pelate e le ho passate nello schiacciapatate ancora calde, ho unito tutti gli ingredienti amalgamandoli  bene, regolando di sale, pepe, e anche un pizzico di noce moscata, volendo si potrebbe aggiungere anche un'erba aromatica, timo magari però normalmente nei gattò non c'è.
Ho imburrato e cosparso di pan grattato la teglia, ho versato il composto sul fondo livellandolo in un primo strato, nel mezzo ho posizionato le acciughe fresche diliscate e aperte a libro, formando un paio di strati, salate e pepate, e poi ho ricoperto con un secondo strato di composto. Passato in forno a 180-200° per ca 30-35 min. Poi l'ho sformato rovesciandolo, ho aggiunto sulla superficie del gattò ancora un po' di pan grattato e fiocchetti di burro e  l'ho rimesso in forno a gratinare per altri 10 min. Per gustarlo al meglio è bene toglierlo dal forno e lasciarlo intiepidire un po' prima di consumarlo perchè è più buono ma soprattutto si riesce a tagliare bene.
 
Buon gattò con due "t" e l'accento sulla "o"!!
 

HANNO ABBOCCATO ALL'AMO