Non è semplice scegliere un'immagine unica rappresentativa della splendida
Riserva San Massimo, famosa culla di risi d'eccellenza come il Carnaroli, che molti chef stellati si contendono da anni. Scelgo questa perché ritrae un corso d'acqua e l'acqua è l'elemento portante di tutta la riserva, sorgente preziosa di vita.
La Riserva San Massimo è una vera oasi ambientale, riconosciuta totalmente come Sito d' Interesse Comunitario dal 2004, e in parte Zona a Protezione Speciale, grazie alla varietà degli ecosistemi che ospita. Situata in Lombardia, nel Parco del Ticino, si estende per 800 ettari con aree agricole mai sfruttate in maniera intensiva, fontanili, polle e sorgenti naturali e foreste incontaminate, che danno vita ad una biodiversità unica, dove flora e fauna trovano un habitat naturale ideale!
Ho avuto il privilegio di visitarla un paio di settimane fa, pochi giorni dopo aver conosciuto il suo direttore Dino Massignani a Taste a Firenze, come avevo descritto qui e qui. Quando si dice "prendere la palla al balzo": andavo su da mamma e al ritorno ho pianificato una sosta alla riserva, coinvolgendo anche mia sorella, appassionata naturalista e bird watcher, che si è concessa un giorno di ferie.
Foto dalla pagina fb di Riserva San Massimo
Accompagnate da Dino col suo fuoristrada, attraverso il parco, mia sorella ed io siamo rimaste abbagliate dalla bellezza del luogo. La natura sta sbocciando, gli animali si stanno riproducendo, si iniziano i lavori preparatori per le semine del riso. L'atmosfera è ovattata, non si sentono rumori di strade nè voci umane. La quiete è interrotta qua e là solo dal cinguettio e dallo stridio degli uccelli di tante specie (vediamo anche dei rari aironi rossi e tanti altri di cui non ho preso nota), anatre e germani che starnazzano, due oche che litigano furiosamente colpendosi con le ali. Una nutria si tuffa lesta al nostro passaggio, ritraggo un bellissimo fagiano maschio con il suo elegante piumaggio, i daini e i caprioli ci guardano timidi da lontano ma sfuggono al mio lento e inadeguato obiettivo fotografico, così come una cicogna nera che si alza in volo e lo scatto rimane nella reflex perché io sono imbambolata di fronte all'eccezionalità del momento! Dino ci spiega che da ben cinque anni avvistano una coppia di rare cicogne nere che transitano in riserva durante i loro flussi migratori. Purtroppo le mie foto non rendono giustizia alla bellezza del luogo, inoltre avevo dimenticato l'obiettivo da 300 mm che mi sarebbe servito per immortalare gli animali a distanza.
E' stato emozionante, a tratti quasi commovente osservare questa natura libera di esprimersi e di offrire tutta se stessa. E' stato utilissimo capire, attraverso il racconto dell'appassionato direttore, cosa significa seriamente "biodiversità" e cosa si può fare o non fare per mantenerla. Qui il concetto non suona come uno slogan marchettaro di cui spesso si riempiono la bocca in tanti. Qui si tocca con mano attraverso i fatti. E' un lavoro faticoso, che non ammette compromessi e presuppone conoscenza, coerenza e tanto amore ma alla fine ripaga perché, per usare le stesse parole riportate anche sulle confezioni di riso di Riserva San Massimo : LA TERRA RESTITUISCE L'AMORE CHE LE DAI
Le varietà di riso coltivate dall'azienda agricola Riserva San Massimo sono il Carnaroli autentico, sia classico che integrale, il Vialone nano e il Rosa Marchetti semilavorato. L'eccellenza di questi prodotti si avverte al primo assaggio, che rimanda ai profumi della riserva naturale; inoltre, grazie all’altissima tenuta di cottura, si ottiene sempre un risultato perfetto. L'eccellenza risiede in molti fattori: l'acqua sorgiva, microbiologicamente pura, tanto che potrebbe essere imbottigliata come acqua minerale; la composizione dei terreni , l'ambiente pulito, il lavoro meticoloso dell'uomo che asseconda i ritmi naturali, senza forzature o accelerazioni, l'uso di tecnologia d'avanguardia per l'essicazione, conservazione e confezionamento del prodotto e metodi tradizionali delicati per la pilatura del chicco.
Riserva San Massimo, nata come riserva di caccia, non ha subito i mutamenti portati dall'agricoltura intensiva e adotta vecchi e faticosi procedimenti, quali mantenere coperte da erba le ripe ai bordi dei campi e contornare le stesse con solchi profondi, accorgimenti che permettono una riserva d'acqua in risaia per tutto il periodo di maturazione del riso, con il vantaggio di mantenere naturalmente sana la pianta di riso e vivi gli ecosistemi acquatici da cui parte la catena alimentare. La tecnica agricola adottata è quella "integrata", che prevede cioè restrizioni nell'uso di prodotti fitosanitari e l'esclusione di qualsiasi genere di fanghi di depurazione.
I campi sono contornati da alberi sia spontanei che piantati, soprattutto alberi da frutto (recentemente sono stati piantati molti meli da frutto e ornamentali di specie antiche e rare), che oltre a favorire il mantenimento degli animali che popolano e transitano nella riserva, determinano, grazie all’abbondante presenza di foglie, funghi e microrganismi, la naturale decomposizione della materia organica trasferendo al terreno moltissime sostanze nutrienti.
Il prodotto di punta e sicuramente più conosciuto è il Carnaroli classico. E' stato introdotto in riserva solo nel 2011, ci spiega il direttore, ed ha avuto da subito un grande successo, grazie alle sue caratteristiche uniche e le sue brillanti performance nei risotti: rilascio di amido, facilità di mantecatura e ottima tenuta in cottura.
Per tutelarne l'autenticità, l'azienda riproduce il seme per la stagione successiva in collaborazione con l'Ense (Ente nazionale sementi elette) e Ente risi, effettuando la mappatura genetica della pianta. L'autentico riso Carnaroli, dunque, è prodotto esclusivamente con sementi certificate e non viene miscelato con altri risi di varietà similari come Karnak, Carnise e Carnise precoce, che possono a loro volta essere vendute con la stssa denominazione“Carnaroli” ma è evidente al primo assaggio la differenza.
Dettagli che fanno la differenza:
Il riso viene conservato in silos a temperatura controllata e pressurizzati con l'utilizzo di anidride carbonica per evitare la proliferazione di insetti in caso di cambiamenti termici. L'essiccazione viene effettuata con un moderno impianto a gas metano, che, a differenza del gasolio comunemente usato, non lascia traccia di combustibile sui chicchi.
Il processo della pilatura, seguito direttamente in riseria, avviene lavorando piccole quantità giornaliere; il chicco viene pilato molto lentamente ed in modo uniforme col metodo tradizionale a pietra e con un'unica sbiancatura in modo da conservare integre tutte le qualità organolettiche del chicco e ridurre le percentuali di rottura del riso (inferiori all'1%). Il confezionamento avviene in atmosfera protetta, in saturazione d'azoto e senza l'aggiunta di conservanti, per mantenere l'integrità del sapore e la fragranza del prodotto per lungo tempo.
Da appassionata di erbe spontanee, avevo notato
sul loro sito un video in cui alcuni chef cucinavano i loro risotti in un'area della riserva, utilizzando, oltre al riso di casa, anche erbe spontanee come il crescione.
Potevo farmelo scappare?
Dino mi porta nell'area dove avrei trovato il crescione e quasi si immerge nella polla d'acqua sorgiva per raccogliermelo!! Ma ho raccolto anche anche altre erbe come l'equiseto, e un'erba che non conoscevo e ho scoperto essere un' Alliaria petiolata dal gusto decisamente agliaceo, da cui il nome. Inoltre abbiamo ammirato delle lenticchie d'acqua sulla superficie di sorgenti già note in epoca romana!!
Il crescione e la polla d'acqua sorgiva
Dino Massignani con il "mio" crescione
Alliaria petiolata
Equiseto
Osmunda Regalis, una rara specie di felce
Naturalmente sono tornata a casa con un altro carico di riso, oltre al Carnaroli classico e integrale che ho già provato e sono straordinari (l'integrale sarà un must estivo per le insalate di riso), ho preso anche il Vialone nano e Dino mi ha omaggiato un pacchetto di Rosa Marchetti semi-lavorato. Ho voluto provare anche il miele millefiori, dopo aver visto le preziosissime api. Il miele viene prodotto in quantità ridotte, praticamente viene confezionato solo quello che non serve alle api! Che meraviglia!!
Ho conservato il crescione in un vaso di vetro riempito con acqua minerale naturale, sia mai che lo avveleno con la nostra acqua del rubinetto!!!
E finalmente dopo una settimana mi sono ritagliata un po' di tempo per creare un risotto al crescione naturalmente! Ho usato il Rosa Marchetti. Mi è piaciuto moltissimo, ha un profumo e un gusto molto gradevole, un chicco piccolo dalla consistenza diversa ma interessante, morbido esternamente, croccante all'interno, ottima resistenza e tenuta di cottura. Adatto a risotti con creme di verdura o formaggi che aiutano in mantecatura.
Ed ecco infine il mio risotto dedicato alla biodiversità della Riserva San Massimo a cui ho aggiunto altre erbe raccolte nei prati intorno a casa mia a Castiglioncello : bietole selvatiche, fiori di piselli e di senape selvatica
RISOTTO AL CRESCIONE E CREMA DI COSTE, ROBIOLA E FIORI SELVATICI
170 g Riso Rosa Marchetti semi-integrale Riserva San Massimo
Aglio e cipolla dorata, olio evo
Un mazzetto di crescione della riserva
Le coste di un mazzetto di bietole selvatiche
Fiori di piselli selvatici – fiori di senape selvatica
Acqua
Robiola vaccina fresca + kefir
Olio evo Bosana
Burro, Parmigiano
grattugiato
Dopo averle ben lavate, cuocete le coste delle bietole al
vapore o al microonde. Frullatele con un po’ d’olio evo fino ad ottenere una
crema densa. Passate al setaccio per eliminare eventuali residui di fibre.
Mettete nel congelatore circa 1 h prima di procedere col risotto.
Stemperate la robiola con un po’ di kefir , mettetela in una
sacca da pasticceria o ponete in frigorifero.
Tritate la cipolla e l’aglio, fateli stufare dolcemente con
un po’ d’olio.
Lavate il mazzetto di crescione, mettete da parte qualche
rametto per la decorazione finale e preparate anche i fiori.
Avviate il risotto tostando a secco il riso, salate,
incorporate aglio e cipolla stufati a parte, fate insaporire, aggiungete un
mestolo d’acqua bollente e iniziate la cottura. Prendete il tempo da quando
aggiungete il primo mestolo d’acqua. Ci vogliono 22-24 minuti. Portate a
cottura aggiungendo acqua calda man mano.
Mentre il riso cuoce, fate appassire il resto del
crescione per un paio di minuti nella
stessa padella di cipolla e aglio ancora velata d’olio.
Spegnete il risotto, toglietelo dal fuoco, unite il
crescione cotto a parte, mantecate con la crema di coste freddissima, un
pochino di burro e un paio di
cucchiaiate di parmigiano grattugiato.
Mettete nei piatti e guarnite con fiocchi di robiola,
rametti di crescione fresco, fiori di piselli selvatici e fiori di senape
selvatica
Un risotto delicato come i fiori e le erbe che hai usato, adoro il crescione e quando lo trovo, purtroppo poche volte, lo uso, ho fatto anche un ottimo pesto una volta. Bello l'articolo su Riserva San Massimo, un'oasi di pace, questo l'ho sempre pensato guardando le immagini, e i looro risi sono eccellenti, ma costano troppo. Mi dispiace averlo abbandonato questa volta, anche se Goio è notevole, ma comprarlo sempre è un problema davvero.
RispondiEliminaSono Pellegrina non so perché diavolo di motivo google mi impedisce di commentare come tale.
RispondiEliminaLa Riserva mi piacerebbe moltissimo come tutto quello che ci hai trovato: vado matta per il riso semintegrale. Il crescione stupidamente non l’ho mai provato in Francia dove è comune. Il riso alle erbe di prato è favoloso. Che bello che l’idea di quella fiera proceda.