“Sta minestra barsamica de pesce,
specie si er brodo è fatto co’ l’arzilla,
ve basta solo d’assaggià ‘na stilla
pe’ dì: “Mò panza mia poi pure cresce!”
È peggio de ‘na droga sconosciuta
che intossica er palato e nun dà tregue:
tutti li venerdì, ‘na ricaduta”.
Pare di sentire la voce inconfondibile di Aldo Fabrizi, carica di pathos verace, mentre legge la suo ode al brodo d’arzilla e ci suscita la voglia di scoprirla. Il popolare attore, regista e poeta romano, era noto per essere una buona forchetta e non si vergognava delle proprie umili origini, anzi, amava profondamente la cucina della sua terra tanto da dedicare molti versi in dialetto romanesco alla sua passione mangereccia e anche a questo piatto ha rivolto una delle sue famose “ricette in versi”, pubblicata nella raccolta Nonna minestra.
Il brodo d’arzilla è una ricetta popolare romanesca, antica e umile, fatta con ingredienti poco costosi ma saporiti, facilmente reperibili nei mercati della capitale: broccolo romanesco, proveniente dalle campagne laziali, e rimasugli di pasta corta mista o spaghetti spezzati cotti in un brodo d’arzilla, ovvero la razza chiodata, che i romani chiamano arzilla co’ le pietruzze o semplicemente arzilla (da “razza” e “razzilla”, secondo la Treccani), un pesce economico molto diffuso sul litorale laziale, dalla forma schiacciata simile a quella di un rombo, con una grossa spina centrale e filamenti cartilaginei laterali, dotato di una coda robusta ricoperta da aculei, da sempre utilizzato per dare sapore e sostanza al brodo.
“Un piatto della grande cucina popolare romana che si fa sempre più raro”, scrive Livio Jannattoni nel suo libro La cucina romana e del Lazio. "Si consumava fino a pochi decenni fa nelle veraci osterie di Trastevere, Testaccio e degli altri Rioni della capitale, oggi è quasi introvabile. Nato e sviluppatosi come piatto di magro del venerdì, sopravvive nella tradizione domestica, come pietanza fondamentale del menu della Vigilia di Natale ed entra a pieno titolo nel bagaglio culturale gastronomico di ogni romano al pari di amatriciana, carbonara, cacio e pepe e puntarelle!"
Avevo scritto questo testo di presentazione per la giornata nazionale del brodo d'arzilla del Il Calendario del Cibo Italiano nel gennaio 2020. Nell'articolo trovate anche la ricetta tradizionale tratta dal libro sopracitato di L. Jannattoni "La cucina romana e del Lazio
160 g di riso Carnaroli o Vialone nano
1 spicchio grande d'aglio rosa di Sulmona
2 acciughe sotto sale
una spruzzata di aceto di sherry o 30 ml di vino bianco secco
olio evo dop Monti Iblei
scarti di razza (osso centrale e parti cartilaginose delle ali e la loro polpa)
1,5 l di acqua
odori per il brodo: carota, sedano, cipolla, 2-3 filetti di pomodoro conservati al naturale Mediterranea Belfiore o due pelati, qualche foglia di quelle più tenere del cavolo romanesco e pezzi, 3 bacche di pepe cubebe, un ciuffetto di prezzemolo
200 g ca di cimette di cavolo romanesco
Concentrato di pomodoro alle verdure
Peperoncino Scotch Bonnet in fiocchi
sale fino
Ho pulito il cavolo romanesco e ho staccato le cimette più piccole, le ho cotte al dente, sottovuoto, con un po' di sale bilanciato per verdure, in bagno termostatico a 85° C per 30'
Ho preparato il brodo con l'acqua e tutti gli odori, l'ho portato ad ebollizione, ho cotto gli scarti di razza nel brodo per ca 10'. Poi ho tolto gli scarti, ho ripulito tutto l'osso e tutte le parti cartilaginose, ho recuperato un bel po' di polpina che ho messo da parte. Ho ributtato tutti gli ossi e tutto il resto di nuovo nel brodo e ho fatto andare per altri 20' facendo restringere. L'ho filtrato schiacciando bene tutte le verdure e i resti della razza. Alla fine ho ottenuto poco più di 1 l di brodo
Ho fatto sudare, in una padellina antiaderente con una cucchiaiata d'olio, l'aglio passato nello spremiaglio con le acciughe ben dissalate. Ho fatto tostare a secco il riso, l'ho sfumato con l'aceto, ho aggiunto un pizzichino di sale, poi ho iniziato la cottura allungando col brodo. Appena preso bene il bollore ho messo anche alcune cimette di cavolo e ho insaporito con un cucchiaino di concentrato di pomodoro alle verdure (Ortolina) . All'ultimo minuto, poco prima di spegnere, ho aggiunto l'aglio e le acciughe (questo per avere un sentore più marcato, altrimenti questa operazione si può fare anche all'inizio, o in fase di tostatura del riso, facendo attenzione a non abbrustolire l'aglio, o inserendoli insieme alle cimette), ho aggiunto anche la polpa della razza tritata, serbando alcuni filamenti per la decorazione finale, così come alcune cimette di cavolo.
Ho spento, ho fatto riposare un minuto, poi ho mantecato con dell'olio ghiacciato. Altro riposo e poi nel piatto con qualche filamento di razza e cimette a guarnizione e, se piace, una spolverata di peperoncino in fiocchi.
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