martedì 31 gennaio 2017

TRIGLIE ALL'ARANCIA, PORRI E CARDAMOMO NERO


Non so se capita anche a voi di chiedervi il perché di tanti modi di dire che usiamo quotidianamente, che diamo per scontati senza peraltro aver mai sentito l'esigenza di approfondirne il significato e l'origine.
Come per esempio "luna di miele".  Senza googlare, chi può rispondere all'istante che non abbia una laurea in antropologia/storia/letteratura antica o più semplicemente non sia un mago della Settimana Enigmistica?  Se non lo sapete, leggete qui.
E perché si dice  "fare l'occhio da triglia"? Perché la pupilla della triglia passata a miglior vita, diventa rapidamente  languida, da qui l'associazione con lo sguardo dolce e sognante di una persona innamorata.
Belle son belle, nella loro smagliante livrea rosso-arancio, quando anche con sfumature violacee,  ma io quest'occhio così languido proprio non lo vedo. Comunque, se il detto esiste e si è consolidato nel tempo, prendiamolo per buono!
Belle e soprattutto "satolle", come devono essere le triglie da fare "alla livornese", per dirla col Santini, massimo esperto della storia della cucina labronica.
Belle e buone, sì, povere o dimenticate proprio no, costano più di orate e branzini.  Piccolo strappo alla regola di Poverimabelliebuoni, però sono triglie locali e mi salvo in corner. Non è la prima volta che cedo alle triglie, qui sul blog,  le adoro!!! 

Un mio grande cavallo di battaglia sono le bavette o linguine, e ultimamente il marito vuole i paccheri,  con il sughetto di triglie, che faccio però quando ci sono i pomodori buoni, d'estate: semplicemente pomodorini, aglio, cipolla, alloro e un'idea di peperoncino e san prezzemolo alla fine. E santa pazienza a sbocconcellarle, una volta cotte, e a rimetterle nel sughetto, passandolo con la lente di ingrandimento per eliminare tutte le spine ma che bontà. Un "classicone" intramontabile e irrinunciabile.
Nella versione invernale, invece il sughetto è bianco, aggiungo i carciofi e una grattatina di scorza d'arancia o limone.


Se per il sughetto di triglie per la pasta non sperimento molto, quando diventano un antipasto o un secondo piatto, mi sbizzarrisco maggiormente. Vedi il mio recente omaggio ad uno chef della Versilia: triglie, mandorle e aglio nero.

Dopo l'aglio nero, è il turno anche del cardamomo nero, omaggio di Alessandra, An old fashioned lady, super pusher di polveri e spezie orientali, al nostro recente raduno Mtc a Napoli.  Il mio lo conservavo nella dispensa già dalla primavera scorsa, sempre omaggiato dalla old fashioned lady, in attesa di ispirazione, mai dimenticato ma sempre rimandato.
Nella recente sfida Mtc macarons, appena conclusa, in molti l'hanno messo nelle farce, dolci o salate. Così mi hanno rinfrescato la memoria.
Allora, l'ho annusato e spezzato coi denti, il profumo è tostato-affumicato e mi fa venire in mente la carne alla brace, soprattutto il grasso che abbrustolisce, è potente,  però poi schiacciando fra i denti i semi, sprigiona tutta la freschezza del classico cardamomo. Bisognava  vedere cosa sarebbe successo in cottura.
Cerco on line e scopro che è più adatto alla carne ma io lo vorrei abbinare ad un pesce, magari alle acciughe, poi vedo le triglie sul banco dei pesci e mi si accende la lampadina, le acciughe le lascio in stand by.
Il cardamomo verde con l'arancia è un abbinamento consolidato ma quello nero? l'arancia sta bene con la triglia. Le note affumicate col dolce/agro dell'arancia dovrebbero funzionare  ma con la triglia cosa succederà?  La polpa delle triglie è fondamentalmente dolce ma ha  un gusto caratteristico e penetrante, l'abbinamento mi ispira. Non restava che provare, detto...fatto!!


Ingredienti per 2 porzioni

6 triglie da 150 g cad
1 porro grande
succo e buccia di mezza arancia bionda, non trattata (50-60 ml)
1 bacca grande di cardamomo nero
1 foglia di alloro
olio extravergine d'oliva varietà Caiazzana, gusto netto di oliva verde, non amaro, piccante lieve
sale, pepe Sarawak di mulinello qb

Squamate ed eviscerate le triglie, lavandole bene sotto acqua corrente fredda. Asciugatele tamponandole con carta assorbente.
Sezionate la bacca di cardamomo, estraetene i semini, schiacciateli leggermente con un pestello.
Affettate il porro a rondelle, fatelo stufare a fuoco medio un paio di minuti  in padella antiaderente con due cucchiai d'olio e uno d'acqua, una foglia di alloro spezzata,   i semini e i gusci della bacca aperta. Aggiungete le triglie, cospargete con filamenti di buccia d'arancia (ottenuti con un riga limoni per cocktail), irrorate con il succo d'arancia, fate andare 2-3 minuti da ogni lato con il coperchio, salate.
A fine cottura, togliete le triglie (se volete viziare il marito come ho fatto io, le sporzionate una ad una) e tenetele in caldo; fate addensare un poco il fondo di cottura unendo una puntina di fecola, assaggiate, aggiustate di sale, se necessario. Rimettete le triglie in padella, togliete i gusci della bacca di cardamomo e i semi più grossi, finite con una macinata di pepe di Sarawak al mulinello e godetevi il profumo che sprigiona insieme al cardamomo nero, sostenuti entrambi anche dall'alloro.

Io ho servito il piatto con un puré di patate all'olio extravergine d'oliva, la morte loro e l'occhio si illanguidito ancora di più!

NB: ESPERIMENTO PIU' CHE RIUSCITO SIA AL NASO CHE AL PALATO. Ho anche avuto una giusta intuizione nell'utilizzare una sola bacca, è sufficiente a conferire il gusto che avevo in mente, una nota affumicata ma fresca, insolita e gradevolissima che ben si sposa con  la polpa dolciastra della triglia e il dolce agro dell'arancia sulla base cremosa, dolce ma di carattere del  porro .


martedì 6 dicembre 2016

GARA GIOVANI CHEF, IL DESCO 2016, LUCCA


Luca Pantani, giovane chef del Ristorante al Corso di Lucca,  si aggiudica il podio della bella gara fra chef lucchesi, garfagnini e versiliesi, under 35, svoltasi nella sala viola Wine School del Real Collegio di Lucca, durante la manifestazione gastronomica Il Desco, domenica 4 dicembre.


I Sapori e Saperi del Desco di Lucca, che si svolge dal 2012,  sono in mostra quest'anno, tutti i week end,  dal 19 novembre fino all'11 dicembre. La mostra è corredata da un ricco programma di attività, laboratori per bambini, cooking show, degustazioni vini in collaborazione con le associazioni di sommelier Ais e Fisar e la Strada del vino e dell'olio di Lucca Montecarlo Versilia.

All'interno di queste attività, la gara fra giovani chef è stata promossa e gestita dalla Camera di Commercio di Lucca, in collaborazione con Darwine&Food di Claudia Marinelli,  l'Associazione Cuochi Lucchesi e Amelia de Francesco, collaboratrice Darwine&Food e Cook_inc, su idea di Darwine&Food, allo scopo di promuovere il brand Desco anche presso le nuove generazioni e valorizzare i prodotti tradizionali attraverso rivisitazioni in chiave moderna e creativa dei giovani chef.

I quattro chef selezionati per la finalissima:


Gian Marco Stefani, Antica Locanda Stefani, San Lorenzo a Vaccoli, Lucca
Alessandro Pineschi, Agriturismo La Betulla, Molazzana, Lucca
Luca Pantani, Ristorante al Corso, Lucca
Antonio Ilardi, Ristorante Peperosa, Lucca


E io che c'entro? Semplice, sono stata invitata in giuria, modesta food blogger, in compagnia di emeriti professionisti! In primis il presidente di giuria, l'impeccabile Aldo Fiordelli, giornalista enogastronomo che conosco da qualche anno ormai,  curatore della Guida I Ristoranti dell'Espresso per la Toscana, autore del blog Consumazione Obbligatoria e molto altro..... Gli altri componenti, conosciuti con piacere nell'occasione: Anna Morelli, Editor della splendida rivista Cook_inc, Leonardo Taddei, delegato Ais Lucca e Stefano Micheloni, presidente dell'Associazione Cuochi Lucchesi.
Ecco i quattro concorrenti con i loro aiutanti, immortalati nel backstage poco prima dell'esibizione, tesi ed emozionati, non sono riuscita a strappargli una posa spiritosa!!

L'ordine di presentazione viene estratto a sorte, la gara inizia in perfetto orario e si svolge con grande cura e dinamicità da parte dell'organizzazione,  in un'atmosfera molto piacevole e sentita, in una sala gremita al punto tale che gran parte del pubblico assiste in piedi.


Claudia introduce la gara, illustrando il regolamento e le motivazioni, poi passa il microfono ad Amelia che conduce i ragazzi durante la loro prova.




Tutti alla loro prima esperienza in pubblico ma per nulla intimoriti; visibilmente emozionati ma disinvolti, preparati, puntuali e precisi e pure spiritosi, alcuni più compiti, altri dalla parlata verace, hanno offerto anche divertimento, oltre a piatti interessanti,  a chi stava in sala, e il tempo è volato via!

In ordine di presentazione: Ilardi, molto compito e impeccabile con la sua toque d'ordinanza,  apre timidamente le danze. 
Napoletano d' origine, gioca con un piatto della sua terra, la minestra maritata,  declinata con ingredienti lucchesi (il regolamento prevedeva che dovessero usare almeno quattro prodotti del Desco) e propone la minestra rimaritata : fonduta di caciotta alla birra, erbette  miste  saltate con olio extravergine d'oliva, aglio nero e brodo di manzo, guanciale croccante,  pistilli di zafferano.

Con un aglio bianco o rosa al posto del nero in modo da dare più carattere alle verdure e senza zafferano che era troppo invadente, il piatto, a detta di tutti i componenti della giuria, risulterebbe più bilanciato e armonico e di sicuro successo.


Il vivace Pantani ci vuole trasportare con la sua dispensa del fattore in una fattoria, per inebriarci ed emozionarci con profumi e sapori nostrani, che il suo piatto, concettualmente bucolico, spiritoso e divertente dovrebbe evocare, utilizzando prodotti che non mancano mai nella dispensa di un fattore come farina, latte e uova, salumi, legumi, verdure ed erbe di stagione. Inoltre, inserisce anche il fieno che ci propone a sorpresa mentre presenta il piatto finito, spruzzando un'essenza nell'aria, di fronte a noi giudici, un poco attoniti ma alla fine divertiti!
In pratica, la sua idea si concretizza in un bel piatto, gradevole sia alla vista che al palato: crema di fagioli rossi di Lucca "rastrellata" (per rimanere in tema bucolico), tortelli farciti con salame di Cinta senese e completati da una mousse di caprino e yogurt, a contorno: funghi pioppini, foglioline di cavolo nero croccanti, finocchietto e fiori di borragine.
Qualche orpello di troppo, come evidenziato dallo stesso presidente di giuria Fiordelli, alla lettura del verdetto (i fiori di borragine sono belli  ma sono troppi, il finocchietto, che adoro,  invece qui è proprio di troppo, basta il cavolo come protagonista verde) ma il piatto in bocca funziona, è ben confezionato e ha una buona concentrazione di sapore.
Tutti concordi nel decretarlo vincitore infatti.


Il Tamburello di Garfagnina del Pineschi, in crépinette, cioè polpette di manzo razza Garfagnina, avvolte in un pacchettino che, in questo caso è composto dalla  rete di maiale, con cavolo cappuccio marinato al balsamico e riduzione di vino rosso.

Sia il phisique du  rôle da oste godereccio, sia la sua esposizione appassionata e verace e, soprattutto le premesse degli ingredienti del piatto, avevano già fatto scattare la salivazione di noi giudici e, immagino, anche di molti fra il pubblico.
L'aspettativa è stata disattesa però dall'assaggio che ha rivelato, purtroppo, mancanza di concentrazione di sapore nella polpetta che ci si aspettava decisamente più succulenta e robusta (e meno cotta), sia nell'assenza di quell'acidità nel cavolo, annunciata dall'aceto, che serviva a sgrassare il boccone. Il piatto di presentazione, a mio personale avviso, non era adeguato, serviva un piatto piano, più adatto anche ai ghirigori  con la riduzione di vino rosso.
Con un po' più di grinta nella polpetta, come ho suggerito personalmente  al giovanissimo cuoco garfagnino a fine gara (che mi ha timidamente confidato di non aver osato spingere troppo), e la giusta acidità dei cavoli, il piatto, seppur semplice,  funzionerebbe egregiamente.


Conclude Gian Marco Stefani con grande verve e spirito garibaldino, presentando un piatto decisamente ardito dove osa accostamenti già sulla carta rischiosi: petto d'anatra con salsa di china e ananas lardellato. Anatra, liquore alla china calissaia, miele di castagno, ananas, lardo, cioccolato 85% e....petali di margherite, "perché a me mi garbano...oh allora...qualcuno può anche pensar male...." dichiara il simpatico chef!


E a noi è "garbato" lui ma non il suo piatto, purtroppo, sbilanciato nei sapori con  le note della china, miele e cioccolato invadenti e dominanti e con quei tocchi di ananas un po' sgraziati.
Sicuramente il talento e la grinta non gli mancano, va soltanto dosato meglio tutto, insieme agli ingredienti.

Aldo annuncia il vincitore

Eccomi in prima fila, grazie Claudia per la foto!

Personalmente, ho passato un piacevolissimo pomeriggio, è stato un utile ed interessante confronto con gli altri componenti della giuria che ringrazio.
I ragazzi sono stati molto bravi, non era facile, alla prima esperienza, preparare in venti minuti (questo il tempo a disposizione) il piatto e argomentare mentre eseguivano. Ricordo la mia prima volta in finale ad un contest,  mi tremavano talmente tanto le mani dall'emozione che per fortuna dovevo fare un dripping altrimenti avrei fatto un disastro!!
Complimenti dunque e in bocca al lupo ai ragazzi per il loro futuro da chef, complimenti all'organizzazione che ringrazio per l'invito e grazie a Claudia per avermi concesso alcune sue foto.

E come ha detto Anna Morelli, ci hanno fatto venire voglia di andare a trovarli tutti presto nei loro ristoranti!!







mercoledì 23 novembre 2016

OMAGGIO A FILOMENA: TRIGLIE, MANDORLE, AGLIO NERO



Omaggio ad Alessandro Filomena, chef dell'elegante ristorante bagno FRANCO MARE di Marina di Pietrasanta che avevo conosciuto in occasione della jam session culinaria e vinicola Forte Vintage al Minerva Beach di Forte dei Marmi  a luglio, quando galeotte furono le  sue straordinarie cozze ripiene ripiene!

Dopo la bella serata fortemarmina, ci eravamo ripromessi di andarlo a trovare nella sua sede, gestita con grande cura e professionalità dalla famiglia Stefanini.

 foto dal sito Franco Mare

Luglio è volato via, poi ci sono state le vacanze d'agosto, a settembre tra varie vicessitudini e un paio di tentativi falliti, una volta perché mancava proprio lui in cucina, un'altra perché avevano un evento privato, alla terza ce l'abbiamo fatta e siamo arrivati quasi a fine ottobre.

E' passato già un po' di tempo ma ricordo perfettamente le piacevoli sensazioni provate, grazie  sia all'ambiente elegante ma informale e molto confortevole, sia alla bella cucina di Alessandro, che si esprime in  piatti schietti, dai gusti puliti e saporiti senza eccessi  creativi fini a se stessi, bensì  ben studiati e ben sviluppati. A completare il quadro, un servizio impeccabile e sobrio nel contempo, non comune e degno di nota.
Normalmente siamo insofferenti alle lunghe soste a tavola ma siamo stati coccolati per ore e ci siamo crogiolati volentieri, sprofondati nelle confortevoli sedie da regista!


Avevamo dato carta bianca allo chef, che ci ha proposto una serie di piatti deliziosi e che lui stesso ci portava in tavola. Pensavamo fosse un trattamento di favore, solo alla fine della serata, abbiamo appreso che mancava del personale sia in sala che in cucina!! Nessuno si è accorto, né sala né cucina hanno sofferto. Chapeau anche per questo.

Fra gli antipasti mi ha colpita particolarmente la sua triglia su pesto di mandorle e olio all'aglio nero.
Non ero riuscita ad identificare il piacevole pizzicorino che Alessandro mi svelò essere un tocco di zenzero.
Qualche giorno dopo, guarda caso, avevo una rimanenza di (finta) maionese all'aglio nero, realizzata per la mia palamita a pois per il Master Mtc Lato B12. E' scattato il neurone e mi è venuta voglia di riprovare la combinazione triglia, mandorle, zenzero, aglio nero ma a modo mio.

Ed ecco il mio esperimento ispirato al piatto di  Filomena. I fiorellini e le foglioline sono sia decorativi che edibili, è acetosella raccolta nei prati, perché una nota acida non guasta.


Antipasto, dosi per due persone

4 Triglie di scoglio da 100-150 g circa cad.  squamate e sfilettate
200 ml di fumetto di pesce realizzato con gli scarti delle triglie, teste e lische, un pezzetto di zenzero fresco a fettine, 1/2 stecca di lemon grass, cipolla, alloro, grani di pepe nero
una manciata di mandorle spellate 
(finta) maionese all'aglio nero
fiori e foglie di acetosella
olio extravergine d'oliva

(finta) maionese all'aglio nero
4-5 spicchi d’aglio nero
30 ml di latte parzialmente scremato
70-80 ml di olio extravergine d’oliva dal gusto delicato (nocellara, taggiasca)
sale qb 
Sbucciate l’aglio nero, schiacciatelo con la forchetta, mettetelo nel bicchiere di un frullatore, aggiungete il latte appena intiepidito  e iniziate a montare con il frullatore ad immersione come una normale maionese, versando a filo l'olio fino a che si formerà un'emulsione spumosa e consistente. Regolate di sale. Versate la salsa in un biberon da cucina.

Riducete quasi in polvere parte delle mandorle, tritatene alcune grossolanamente.



Fate ridurre il  fumetto  in modo che si concentri il più possibile, filtrate, fate raffreddare, unite dell'olio extravergine,  emulsionate. Mettete a marinare i filetti di triglia nell'emulsione per circa un'ora, ponendo in frigorifero.
Unite le mandorle in polvere ad un mestolo di fumetto, prelevate i filetti dalla marinata, cuoceteli  per due-tre minuti  a fuoco vivo, irrorando bene con il fondo di cottura. Salate.

Decorate il fondo del piatto con la salsa all'aglio nero, disponete i filetti di triglia a piacere, cospargete con la granella di mandorle, finite con qualche goccia d'olio e guarnite con i fiori e le foglie di acetosella.











lunedì 21 novembre 2016

TIRAMISU' PANE AMORE E FANTASIA PER L'MTC N. 61


De Sica: «Che te mangi?»
Contadino: «Pane, marescià!»
De Sica: «E che ci metti dentro?»
Contadino: «Fantasia, marescià!!»

Pane Amore e Fantasia  è il titolo di un grande classico del cinema italiano dell'immediato dopoguerra. Un film dalla trama superficiale e semplice ma che si trasforma in un capolavoro grazie alla sapiente regia dell'allora  giovanissimo  Luigi Comencini, che sfrutterà le qualità artistiche di interpreti del calibro di Vittorio de Sica, Gina Lollobrigida e Tina Pica, fondamentali certezze di un cinema in grado di brillare per le interpretazioni dei singoli, capaci di decretare il successo di un'intera pellicola.


Un film che diverte con leggerezza per contrastare il difficile periodo sociale ed economico in cui versava la penisola.
Uscito nel 1953, l'anno successivo vinse l'Orso d'Argento a Berlino, fu candidato all'Oscar per la sceneggiatura.
irresistibile, splendida e sensuale anche a dorso di mulo, dal carattere forte e fiero, audace e ribelle, l'indomabile "bersagliera" Gina, conquista il Nastro d'Argento nel 1954 come migliore attrice protagonista  e viene consacrata come diva internazionale. Indimenticabile e inarrivabile Vittorio de Sica,  nei panni del seduttore avanti d'età.
Il film di Comencini inaugura un filone "neorealista rosa" che avrà ulteriore affermazione con titoli successivi, fra questi, oltre ai sequel Pane, amore e gelosia, Pane amore e Andalusia, Pane amore e...., anche l'ispiratore del mio blog: Poveri ma belli!


Il mio collegamento al film e soprattutto alla grande personalità e al carattere forte e fiero della "bersagliera" si esprime in un Tiramisù Pane Amore e Fantasia dove protagonista è l'acciuga, dalla spiccata personalità e gusto forte che si intensifica in un matrimonio consolidato con l'aglio, per dare vita ad una delle salse più rudi, assolute ed intense ma seducenti della nostra gastronomia: la bagna caoda.
Acciughe intese anche come pane del mare o  pan do mâ, per dirla con gli amici liguri perché insieme ad altri piccoli pesci come sardine, boghe e zerri, hanno sfamato per secoli  tante bocche, non solo umane ma costituivano e costituiscono anche il cibo dei predatori più grandi.
Ho dunque giocato con gli ingredienti della bagna caoda: aglio, acciughe e le verdure che vi si intingono per comporre un tiramisù salato, ammaliante e ingannevole,  che seduce e sorprende e  colpisce con una sferzata di gusto sapido e forte, ammansito da creme morbide e delicate in un gioco di equilibri non semplice ma stimolante come stimolante è la sfida da cui è scaturito, la n. 61 dell'Mtchallenge, cioè il Tiramisù declinato in versione sexy, legato ad un film o ad un'icona sexy della cinematografia mondiale, proposto dalla vincitrice del mese scorso, Susy May del blog Coscina di Pollo



Per la mia seconda proposta, dopo il tiramisù bomba calorica-vitaminica, ironicamente  legato al sexy cartoon Jessica Rabbit, avrei giocato ancora la carta  dolce, se non fosse stato per Alessandra che mi ha gettato il guanto della sfida, celà va sans dire, sull'uso delle acciughe!!
Complice la  tempesta ormonale scatenatasi nel nostro gruppo fb, vedendo sfilare le icone sexy maschili del cinema di ogni tempo, sognavo tiramisù black&white per il mio cioccolatino extra noir preferito Denzel Washington, smagliante nella sua candida casacca militare nella riduzione cinematografica di un must shakespeariano, ad opera di Kenneth Branagh, Tanto rumore per nulla.
O ancora un Bounty-Tiramisù dove il dilemma sarebbe stato Marlon o Mel?
E come si fa a dimenticare Richard Gere, Paul Newman,  Robert Redford, Al Pacino, Sean Connery, per rimanere sui "miei" classici. Ma le proposte ammesse sono solo due, bisogna scegliere e non ho potuto resistere, ho raccolto il guanto e iniziato a rimuginare.

E' stato un flash, il titolo Pane Amore e Fantasia è apparso repentino proprio come un lampo, e quello è stato perché il collegamento acciuga-bagna caoda con il carattere forte e fiero ma seducente della "bersagliera" mi è sembrato calzante.

E fin qui tutto bene, il problema però sono stati i savoiardi!! Avevo sottovalutato questi biscotti, affatto innocui, soprattutto nella versione salata. Ho affrontato infatti il primo tentativo con leggerezza e ho sfornato delle frittatine. Riprovo, che sarà mai un piccolo fallimento? Anche la seconda infornata non funziona, si dorano troppo presto ma non cuociono, li tolgo dal forno e si accasciano inesorabilmente. Tampino Contatto in chat privata Alexandra, Dolcemente inventando che aveva proposto la ricetta dei savoiardi salati sul sito Mtchallenge per cercare di capire con lei dove sbaglio.
Gli ostacoli sembrano essere due: il mio forno e il mio modo di montare gli albumi. Alexandra mi mostra la foto dei suoi albumi montati, sembrano un formaggio cremoso!!
Ci riprovo per la terza volta, nada.
Non volendo fare grandi quantitativi, avevo utilizzato le fruste anziché la planetaria ma, su consiglio di Alexandra, cedo e utilizzo la planetaria, anzi rischio di fonderla!! Sembra che vada tutto bene, inforno a 175 ° C anziché 200, forse ci siamo. Li tolgo, reggono per un po', poi si afflosciano, meno degli altri ma sono mollicci e gommosi. Getto la spugna. Due giorni di prove, bloccata in casa e già depressa a causa di una canalolitiasi (sorta di labirintite) a cui si era aggiunto un bel raffreddore per non farmi mancare nulla, non avevo intenzione di intristirmi ulteriormente a causa dei miei fallimenti culinari.

Ma non era detta l'ultima parola, continuavo a pensarci. Condivido la débâcle e i miei dubbi con Mapi, Alessandra Van Pelt e Alessandra Molla e infine  Giuliana . Quest'ultima li avrebbe provati e mi avrebbe riferito. Quando ho visto i suoi, ho dovuto riprovarci, non prima di aver scartabellato libri e consultato siti, alla ricerca di una versione for dummies. Ho persino rotto le scatole all'amica Loretta Fanella, la quale, pur non avendoli mai provati, suggerisce di sostituire lo zucchero con il trealosio, simile al saccarosio ma con un potere dolcificate ridotto alla metà.  E dove lo trovo il trealosio? O meglio, si trova ma costa un botto. A questo punto faccio i soliti mix gallitiani, prendo un po' qui e un po' là, mischio, e procedo, facendo anche tesoro degli errori precedenti e infine, al quinto tentativo (o sesto? ho perso il conto) CI RIESCOOOOOOOOO.


Non sono perfetti ma reggono, sono friabili ed ariosi, mi sembrano degni di essere chiamati Savoiardi, pur non avendo possibilità di riscontro.
Quindi la mia versione si potrebbe interpretare come una variante di quella di Alexandra per chi non ha grande dimestichezza con questi impasti delicatissimi e sensibili ad ogni minima variazione climatica, manuale o meccanica ed emotiva pure!!


Per 8 Savoiardi salati Galliti's way:

50 g di albumi
25 g di tuorli
30 g di farina 00
30 g di fecola di patate
10 g di fruttosio (o zucchero semolato)
1 g di sale
1/2 cucchiaino di bicarbonato

Ho pensato che il savoiardo salato non dovesse essere proprio salato ma semplicemente non dolce, o meglio quasi neutro. Quindi facendo le proporzioni con la ricetta originaria, ho aumentato la dose di zucchero, ho messo pochissimo sale perché  la nota salata viene conferita anche dal bicarbonato che aiuta a sostenere i biscotti in cottura (ecco svelato il trucchetto per imbranati) così come la maggiore quantità di farina e fecola.

Setacciare le farine insieme al bicarbonato. Montare a neve durissima gli albumi con lo zucchero nella planetaria 15-20' a velocità sostenuta. Infine incorporare delicatamente i tuorli appena sbattuti con un pizzico di sale. Unire anche la farina in due o tre volte, girando delicatamente con una spatola dal basso verso l'alto per non smontare gli albumi.
Mettere il composto in una sacca da pasticceria con bocchetta 1-1,5 cm (io avevo finito quelle usa e getta e ho utilizzato quella di silicone con l'apertura che c'era!), stendere l'impasto su una teglia rivestita di carta da forno, spolverizzare con zucchero a velo e cuocere in forno pre-riscaldato a 160-170 ° C per 10-12 minuti. Lasciar asciugare in forno con il portello aperto.

Vinta la sfida con gli indomabili savoiardi, ero pronta per il tiramisù dedicato all'indomabile "bersagliera"!!


Ingredienti per 2 porzioni

Bagna alla bagna caoda

5-6 spicchi d'aglio
5-6 acciughe sotto sale
2-3 cardi teneri
1/2 porro
500 ml d'acqua
olio extravergine d'oliva

Creme al mascarpone
200 ml di latte parzialmente scremato
100 g di mascarpone
20 g di fecola
2 cucchiai di purea di cavolfiore (cavolfiore cotto al vapore, frullato e passato al setaccio)
1 cucchiaio di purea di barbabietola (barbabietola cotta in forno, frullata e passata al setaccio)
1 tuorlo
1 cucchiaio di parmigiano grattugiato
un pizzico di sale
un pizzico di noce moscata grattugiata

Mirepoix di verdure
carota, sedano, rapanelli

Per guarnire: fiocchi di peperoni cruschi fritti (si trovano in commercio) o paprica dolce in polvere

Per la bagna alla bagna caoda: preparate il brodo con il porro e i cardi (questi conferiscono una nota amarognola che richiama il caffè del tiramisù originale)  mettendo le verdure a freddo nell'acqua e facendo sobbollire fino a quando il liquido ridurrà di circa la metà. Non salate.
Sbucciate  ed affettate l'aglio, togliete il cuore e lasciatelo qualche ora in acqua fredda.
Dissalate e sfilettate le acciughe, mettetele in un pentolino insieme alle fettine d'aglio e due cucchiai d'olio, fate andare a fuoco basso, quando iniziano a sobbollire, unire una cucchiaiata di brodo di verdura e continuate la cottura, unendo un poco di brodo, di tanto in tanto,  fino a quando aglio e acciughe saranno completamente disciolti. Dovrete ottenere una salsa un po' brodosa, non una vera bagna caoda densa e cremosa che prevede infatti molto più olio.

Per la pasticcera salata: unite la fecola all'uovo, mescolando bene, diluite con il latte freddo, ponete sul fuoco e fate addensare a fiamma dolce. Infine condite con una grattugiata di noce moscata, una cucchiaiata di parmigiano grattugiato, pochissimo sale.
Miscelate in due ciotole 50 g di mascarpone ognuna, con qualche cucchiaiata di crema pasticciera e le puree di verdure in modo da ottenere una salsa rosa e una color crema.

Tagliate a mirepoix le verdure. Bagnate abbondantemente i savoiardi nella bagna caoda fredda. Scolateli, spezzateli, se necessario per adeguarli al contenitore in cui si servirà il tiramisù, disponetene un primo strato sul fondo, cospargete con il mirepoix di verdure (che ricorda le verdure crude che si intingono nella bagna caoda), disponete uno strato di crema rosa, un altro strato di biscotti, mirepoix, crema al cavolfiore e infine cospargete con fiocchi di peperoni cruschi o paprica dolce in polvere.

Versione con la paprica


E se lo provate, fatemi sapere!!!












giovedì 17 novembre 2016

POP EATING LAB - BIENNALE ENOGASTRONOMICA FIRENZE, 22 NOVEMBRE 2016



In occasione della Biennale Enogastronomica, in corso a Firenze dal 10 novembre, e che si protrarrà fino al 28 novembre, popEating presenta 4 cooking demo che raccontano la cucina contemporanea attraverso differenti traiettorie che intersecano l’attuale scenario gastronomico.
Il 22 novembre alla “Casa della Biennale” (EX3, Viale Giannotti 81-85, Firenze) a partire dalle ore 18, si alternano 4 chef che esprimono l’evoluzione della cucina Italiana nelle loro diverse e personali codifiche.
Con piacere, ho accettato l'invito degli amici di Pop Eating, Lorenzo e Bianca, e condivido volentieri il bel programma:

La sua passione per la cucina nasce quando a circa 13 anni comincia ad affiancare mamma Wanda ai fornelli di una “semplice ma pur buona trattoria di paese”. Seguono poi gli studi alla scuola alberghiera di Longarone e le esperienze all’estero con Marc Veyrat, Michel Bras e quasi quattro anni al Bulli con Ferran Adria, alcuni con Alex Atala in Brasile, e infine al Mugaritz con Andoni Luis Aduriz. In Italia invece lavora accanto a Sergio Mei presso il Four Seasons di Milano. Dai grandi maestri apprende disciplina, professionalità, rigore in una cucina, umiltà, ma anche l'arte di saper maneggiare le materie prime, rispettandole senza rovinarle, fino a raggiungere una perfezione quasi maniacale nel lavoro.

ore 19.00 – Gianluca Gorini, Ristorante Le Giare – Montiano FC
Nel suo stile di cucina cerca spesso di valorizzare i prodotti del territorio, anche quelli più poveri, ma che in un certo senso fanno parte della tradizione gastronomica. Per questo si approccia al lavoro sempre con il massimo rispetto. Cerca di trovare materie di grande valore e poi con la tecnica e la conoscenza professionale di valorizzarle nel migliore modo possibile, senza dimenticare che il protagonista di un piatto deve essere la materia. Partendo da questo concetto Gorini cerca poi di creare abbinamenti e accostamenti diversi, talvolta nuovi, ma che rievochino alla mente sensazioni o ricordi e che suscitino interesse e curiosità visiva.
In cima alle sue esperienze c’è Gualtiero Marchesi, prima a L'Albereta poi nel ricercato Marchesino. È però l’incontro con Stefano Baiocco a cambiare la sua vita. Poi inizia la sua peregrinazione in terra francese, che durerà oltre cinque anni, alla corte dei migliori chef che il panorama mondiale possa annoverare: Alain Ducasse, Pierre Gagnaire e Yannick Alléno, chef del Pavillon Ledoyen di Parigi. Qui Michelangelo forgia la sua filosofia, ponendo le basi per quello che oggi è il suo modo di fare cucina che si può riassumere in: esigenza, eccellenza e rigore. Il suo percorso prosegue tra i fornelli di Marc Meneau a Saint-Père-sous-Vézelay.

ore 21.00 – Nikita Sergeev, Ristorante L’Arcade – Porto San Giorgio FM
La sua passione per l’Italia e in particolare per le Marche nasce dalle colline di Campofilone e porta fino al mare Adriatico. Nikita Sergeev arriva da Mosca 16 anni fa e subito scatta un forte sentimento di appartenenza a questi luoghi. Decide di trasferirsi, seguito dalla sua famiglia, per scoprire questa sua terra in ogni forma, colore, tradizione e sapore. Quando si sente parlare questo giovane chef di 26 anni, si fatica a pensare che sia nato altrove. Frequenta l’Alma con il maestro Gualtiero Marchesi. Incoraggiato e appoggiato dalla mamma Ekaterina, sua prima critica enogastronomica, apre il Ristorante L’Arcade a Porto San Giorgio, città storica di grandi pescatori e tradizioni del litorale adriatico marchigiano.

L’evento è gratuito con assaggi su prenotazione. Per prenotare invia una email a pop@popeating.it indicando il nome dello chef che desideri seguire, oppure chiamando il  +393453397052

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