domenica 26 giugno 2016

POVERIMABELLIEBUONI ALLA ROCCA DI CASTELFALFI

Toscana delle meraviglie, Toscana dalle mille sorprese, Toscana che non smette mai di incantare.
Alzi la mano chi conosce Castelfalfi! Sicuramente più gli stranieri che noi italiani.
Come al solito, le cose vicino a casa sono le meno note. Eppure io ho girato la Toscana in lungo e in largo ma quanto ho ancora da scoprire.
Incredibile ma vero, infatti, ho sentito nominare per la prima volta Castelfalfi, due o tre anni fa, da amici-clienti americani che vengono spesso in Italia e cominciano il loro tour con una settimana disintossicante in questo borgo incantato.
Non è la solita frase fatta, basta guardare le due  foto (gentilmente concesse dall'ufficio stampa del Toscana Resort Castelfalfi) per farsi un'idea  della bellezza di questo piccolo borgo medievale, che domina la Val d'Era, incastonato come un gioiello fra colline coperte di vigneti, oliveti, boschi e laghi, nel comune di Montaione, fra Firenze e Volterra.
La Tenuta di Castelfalfi, che vanta 800 anni di storia, si estende su un'area di più di 1000 ettari e comprende, oltre al Borgo con le sue strutture alberghiere e ristorative, anche una produzione di vino e olio con olivi secolari e uno dei campi da Golf più spettacolari d'Italia e il più grande della Toscana con il Mountain Course a 18 buche e il Lake Course a 9 buche. 


La società multinazionale tedesca Tui Ag, il  più importante tour operator mondiale,  a partire dal 2007, è stata l'artefice della rinascita, dopo decenni di abbandono,  dell'antichissimo borgo, che col suo castello,  furono fondati nell'anno 700 dal longobardo Faolfi, da cui deriva il nome.
Le strutture ricettive attualmente sono rappresentate dall'hotel di charme quattro stelle La Tabaccaia, ex fabbrica per l'essicazione del tabacco  a cui sarà aggiunto entro la primavera del prossimo anno il Castelfalfi Resort Golf Spa, un nuovo cinque stelle con centoventi camere, dal lusso sobrio ed ecosostenibile grazie alla costruzione in bioarchitettura con materiali a basso impatto ambientale ed energicamente efficiente ed autosufficiente, provvisto di centrale termica a biomassa autoalimentata dalla tenuta ed ogni accorgimento all'avanguardia per la gestione delle risorse energetiche.
Completa l'offerta, disponibili per vendita o affitto, ville e casali immersi nel verde della tenuta, così come case e appartamenti nel borgo, sapientemente ristrutturati, dallo charme tutto toscano, giocato fra  raffinata eleganza e semplicità.


Oltre alla trattoria Il Rosmarino, che offre specialità toscane e fragranti pizze cotte in forno a legna, al piano terra del castello sono situate le suggestive sale del ristorante gourmet La Rocca di Castelfalfi, regno del giovane chef Michele Rinaldi. Al primo piano del castello sono disponibili locali polivalenti per cene private, feste e meeting e una scuola di cucina Rosso Toscano Cooking School.
Di prossima ristrutturazione saranno anche le cantine del castello, ambienti molto suggestivi, resi celebri da Roberto Benigni che, nel 2002, vi girò alcune scene del suo indimenticabile Pinocchio.

Il ristorante La Rocca di Castelfalfi si distingue per il gusto e la passione che costituiscono ogni piatto offerto dal ricercato menù. Una cucina moderna quella di Michele Rinaldi, che abbraccia la tradizione di una regione che vanta ricette conosciute in tutto il mondo, capace di esaltare antichi sapori con tecniche contemporanee.


Classe 1985, originario di Martinengo in provincia di Bergamo, Michele Rinaldi, proviene da esperienze formative importanti quali l'Albereta di Gualtiero Marchesi, Da Vittorio di Brusaporto (BG), lo spagnolo Restaurante Martin Berasategui fino alla sua prima esperienza autonoma come executive chef del ristorante All'Acquacotta dell'Hotel Resort Terme di Saturnia (GR) dove, nel 2011, a soli 27 anni, ottiene la sua prima stella Michelin.

Ebbene, onorata dell'invito ad assaggiare la cucina di questo bravo chef, per cui ringrazio sia l'amico Claudio Mollo che Jaele Ponzi, addetta stampa della tenuta e lo stesso chef e il suo impeccabile staff, arrivo all'appuntamento con buon anticipo perché mi voglio godere un po' il borgo e scattare qualche foto al tramonto. Purtroppo però l'orizzonte è appannato da una foschia di caldo intenso che, pur offrendo uno spettacolo dal particolare fascino ovattato, non è l'ideale da immortalare, soprattutto per una che non ha ancora imparato a dominare la reflex!

I miei compagni gourmet erano tutti volti noti ma non ero a conoscenza della loro presenza e quindi è stata una piacevole sorpresa ritrovarli e condividere il convivio con loro, a partire dal simpatico aperitivo con cui lo chef ci ha accolti presentandosi.
Ca' del Bosco Vintage Collection Brut 2009 e stuzzichini da copiare, vedi i golosi lecca lecca o ventaglietti di cialda di parmigiano, i micro-toast che erano una poesia e un'avvolgente crema di burrata con pomodoro candito ed emulsione al basilico. Quando si dice: "happy hour"! 

Immancabile foto di gruppo e poi ci accomodiamo al nostro tavolo. Da sinistra a destra Riccardo Farchioni e Claudio Mollo, L'Acquabuona, Jaele Ponzi, la gastro-giardiniera Stefania Pianigiani, La Finestra di Stefania, Agrodolce, Luca Managlia, Gola Gioconda, e Gianluca Domenici, Penna Blu edizioni 

A tavola sulla splendida terrazza del castello, mentre lo chef ci spiega cosa ha preparato per noi


Nonostante avessimo già fatto l'aperitivo, il menu rispetta il suo cliché e arriva anche un piccolo amuse-bouche o amuse-Bocuse, come disse una mia cara amica in un attimo di distrazione. Riferisco la défaillance dell'amica al gruppo e ci facciamo delle gran risate con buona pace di Bocuse.

Non impazzisco per il salmone ma quando è buono è buono e questo bocconcino lo era proprio con la sua maionese e aria di cetriolo.

Notevole la varietà di pani, grissini e focacce sfornate da Michele, incluso un friabilissimo carasau da far impallidire i sardi

L'antipasto esordisce con un'ineccepibile  ricciola a 360°, in un crescendo gustativo equilibrato ed elegante che emoziona l'intero tavolo : in tartare col suo "ombrellino" di nasturzio, in carpaccio con perle di ginger beer, in tataki con cialda croccante e caviale di aringa e infine sott'olio, en pipérade, su crostino di pane ai cereali. Completano la composizione farro soffiato semi caramellato e petali di nasturzio, proveniente dal coppo straripante di tale pianta, che faceva bella mostra di sé in un angolo della terrazza del ristorante: dal vaso al piatto come dice bene la gastro-giardiniera Stefania.


Le candele a tavola sono romantiche ma si fa buio e la luce  incomincia a divenire insufficiente per le foto;  volendo diligentemente immortalare tutto, ci prendiamo  il piatto e ci fiondiamo in un angolo della cucina dedicato ai dessert, dove un bel bancone quasi sgombro fa al caso nostro e le luci sono accettabili .
Il secondo antipasto: animelle alla milanese con cappuccino di mandorle e riduzione di caffè di cicoria, piatto ardito e di carattere che denota la determinata vena sperimentale dello chef basata non tanto sul desiderio di stupire tout court ma ben ragionata e motivata come avrà modo in seguito di spiegarci. 
Un connubio, animelle-mandorle-cicoria, stimolante sia per il palato che per il confronto. L'intensità della nota amara conferita dalla cicoria e il suo importante contrasto con la dolcezza di animelle e mandorle divide i gourmet e accende un divertente e garbato confronto orchestrato dal Domenici. 
Piatto decisamente Pop, parafrasando Oldani.

Il Franciacorta Monterossa prima cuvée brut ha accompagnato degnamente gli antipasti e il risotto




Risotto Carnaroli, avocado, lime, carpaccio di gamberi e aria di mare. Raffinato risotto, mantecato con purea di avocado che, saggiamente, permette di non eccedere con i grassi abituali della mantecatura del risotto, per un risultato sobrio e lieve nella consistenza ed armonico e delicato nei gusti, dove la dolcezza dei gamberi crudi viene garbatamente integrata dalla sussurrata sapidità dell'aria di mare. 

Michele Rinaldi, dopo averci rassicurati con il suo confortevole risotto che mette tutti d'accordo, ci stuzzica nuovamente con dei succulenti  gnocchi di patate,  foie gras, cipolle caramellate e prosciutto d'anatra che, come per le  animelle, vivacizza la discussione sugli equilibri gustativi.
Chi difende la complessiva dolcezza del piatto, chi gradirebbe un tocco di sapidità in più, chi diminuirebbe la porzione dello gnocco. Il gioco degli equilibri è difficile  ma il  piatto è sicuramente voluttuoso.

Champagne Grand Cru Legras & Haas, blanc de blancs, brut  per gli gnocchi




Trancio di tracina in zuppetta, cous cous di verdure, patate e pomodoro confit. Il piatto per Poverimabelliebuoni? Grazie Michele!! Coraggioso a mettere in carta una tracina in un posto così elegante, con un pubblico internazionale, che deve impegnare i camerieri per spiegargli che pesce è!!

Collio Doc Sauvignon Draga 2015 per la tracina


Si fa tardi, io dovrei rientrare, ho un'ora abbondante di macchina per tornare a casa e il giorno dopo devo alzarmi presto per sbrigare delle faccende, mi scuso con i miei compagni di tavolo e, prima di congedarmi, vado in cucina per salutare lo chef. Lo trovo che sta preparando i dessert proprio per noi e compone il mio per primo; velocemente lo immortalo e me lo mangio sotto i suoi occhi, commentando in diretta e ascoltando le sue argomentazioni. Michele è garbato, educato, sicuro e determinato ma umile e aperto alla discussione, una persona piacevolissima e meritevole a cui auguro continui successi.


Vedere e non mangiare. Piccola pasticceria che ho tempo solo di immortalare sigh...


Il dessert: ganache al cioccolato  Guanaja  (Honduras) Valrhona, olive essiccate - sorbetto di pomodoro, terra al cacao, pomodoro candito e olio extravergine d'oliva della tenuta Castelfalfi . Dolce non dolce, che adoro, tutto giocato su sfumature di acidità dal cioccolato al pomodoro alle olive con piccole note dolci biscottate. Riuscitissimo esercizio di puro funambolismo e coerente conclusione di un menu che rispecchia la filosofia dello chef e che regala emozioni ai suoi ospiti.

Non vedo l'ora di tornare a Castelfalfi  anche  con mio marito, magari di giorno per  gustarmi con tutta calma, oltre che un'altra esperienza gastronomica, anche   la campagna intorno e godere di questo angolo di paradiso che onora la tradizione Toscana e che il mondo ci invidia.









5 commenti:

  1. Io ve l'avevo detto che Michele è bravo......e Castelfalfi è bello!!! Più di così che si può pretendere!

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  2. Insieme al purista degli ingredienti la più bella cena che tu abbia immortalato, direi. D’istinto mi piace tutto, tranne le animelle perché non avendole mai mangiate non saprei giudicare l’abbinamento. Due sole osservazioni: quella schiumetta non è proprio bella da vedere, anche se le note fresche e acquose del cetriolo e ancor più il salsoiodato del mare si sposano perfettamente con i rispettivi piatti che in qualche modo le richiedono.
    Proverò a fare il risotto basandomi sulla tua descrizione, cuocendolo con fumetto dei gamberi non troppo intenso e mettendo i gamberi freddi sul riso caldo, magari con qualche goccia di soluzione satura di sale integrale. Non so bene che fare del lime, mettere la scorza nel riso e il succo nell’avogado? devo dire che non riuscendo mai a trovarne di davvero meritevoli ho smesso di usarlo - spesa che somiglia a una truffa - per approfittare dei limoni nostrani che invece sono spesso ottimi e poco valorizzati, però qui capisco che la sua nota lievemente acre e secca ci vuole con l’avocado e il gambero dolce e delicato.

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  3. Seconda osservazione: personalmente mentre non ho preclusione alcuna a mescolare il dolce col salato ne ho moltissime a fare il contrario, cioè il salato nel dessert, a cominciare dalle verdure. Detesto la torta di carote, ad esempio, mi sembra un « imbroglio ». E non perché ami lo zucchero, come sai, è che mi sembra che un dessert debba essere tutt’altra cosa.
    Quindi qui l’idea delle olive sulla ganache mi ha dapprima lasciato perplessa, poi ho riflettuto che certe olive possono essere anche dolci e intense, di consistenza avvolgente quindi « da dolce » nella mia testa che amo i dolci sontuosi e pannosi (o ricottosi) e dare sapore con la sapidità del grasso, quindi sì, accetterei l’esperimento. Il sorbetto di pomodoro sta al limite, però anche lì si tratta di un frutto che può essere dolce e si sposa col cioccolato, del resto vengono dallo stesso paese... quello che non so proprio sormontare è l’idea dell’olio sopra, perché mi fa immediatamente insalata, buona magari, ma non « dessert goloso » che per me è inseparabile dall’idea di dolce.

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    1. Per concludere questi sono gli esperimenti salato nel dolce che più mi hanno convinta, almeno sulla carta, da che ne leggo, come sempre la classe non è acqua e qui si vede tutta.
      Chissà se un giorno potrò sperimentare di persona queste prelibatezze, direi che ne varrebbe la pena.

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    2. A pensarci bene quel filo d’olio che mi lascia perplessa sa di pubblicità: gli stranieri che vengono a Castelfalfi probabile lo vedano come una sorta di panacea che fa bene ovunque e cosi’ perché no sul dessert, lo facciamo conoscere e poi lo vendiamo. Un po’ una furbata.

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