martedì 6 dicembre 2016

GARA GIOVANI CHEF, IL DESCO 2016, LUCCA


Luca Pantani, giovane chef del Ristorante al Corso di Lucca,  si aggiudica il podio della bella gara fra chef lucchesi, garfagnini e versiliesi, under 35, svoltasi nella sala viola Wine School del Real Collegio di Lucca, durante la manifestazione gastronomica Il Desco, domenica 4 dicembre.


I Sapori e Saperi del Desco di Lucca, che si svolge dal 2012,  sono in mostra quest'anno, tutti i week end,  dal 19 novembre fino all'11 dicembre. La mostra è corredata da un ricco programma di attività, laboratori per bambini, cooking show, degustazioni vini in collaborazione con le associazioni di sommelier Ais e Fisar e la Strada del vino e dell'olio di Lucca Montecarlo Versilia.

All'interno di queste attività, la gara fra giovani chef è stata promossa e gestita dalla Camera di Commercio di Lucca, in collaborazione con Darwine&Food di Claudia Marinelli,  l'Associazione Cuochi Lucchesi e Amelia de Francesco, collaboratrice Darwine&Food e Cook_inc, su idea di Darwine&Food, allo scopo di promuovere il brand Desco anche presso le nuove generazioni e valorizzare i prodotti tradizionali attraverso rivisitazioni in chiave moderna e creativa dei giovani chef.

I quattro chef selezionati per la finalissima:


Gian Marco Stefani, Antica Locanda Stefani, San Lorenzo a Vaccoli, Lucca
Alessandro Pineschi, Agriturismo La Betulla, Molazzana, Lucca
Luca Pantani, Ristorante al Corso, Lucca
Antonio Ilardi, Ristorante Peperosa, Lucca


E io che c'entro? Semplice, sono stata invitata in giuria, modesta food blogger, in compagnia di emeriti professionisti! In primis il presidente di giuria, l'impeccabile Aldo Fiordelli, giornalista enogastronomo che conosco da qualche anno ormai,  curatore della Guida I Ristoranti dell'Espresso per la Toscana, autore del blog Consumazione Obbligatoria e molto altro..... Gli altri componenti, conosciuti con piacere nell'occasione: Anna Morelli, Editor della splendida rivista Cook_inc, Leonardo Taddei, delegato Ais Lucca e Stefano Micheloni, presidente dell'Associazione Cuochi Lucchesi.
Ecco i quattro concorrenti con i loro aiutanti, immortalati nel backstage poco prima dell'esibizione, tesi ed emozionati, non sono riuscita a strappargli una posa spiritosa!!

L'ordine di presentazione viene estratto a sorte, la gara inizia in perfetto orario e si svolge con grande cura e dinamicità da parte dell'organizzazione,  in un'atmosfera molto piacevole e sentita, in una sala gremita al punto tale che gran parte del pubblico assiste in piedi.


Claudia introduce la gara, illustrando il regolamento e le motivazioni, poi passa il microfono ad Amelia che conduce i ragazzi durante la loro prova.




Tutti alla loro prima esperienza in pubblico ma per nulla intimoriti; visibilmente emozionati ma disinvolti, preparati, puntuali e precisi e pure spiritosi, alcuni più compiti, altri dalla parlata verace, hanno offerto anche divertimento, oltre a piatti interessanti,  a chi stava in sala, e il tempo è volato via!

In ordine di presentazione: Ilardi, molto compito e impeccabile con la sua toque d'ordinanza,  apre timidamente le danze. 
Napoletano d' origine, gioca con un piatto della sua terra, la minestra maritata,  declinata con ingredienti lucchesi (il regolamento prevedeva che dovessero usare almeno quattro prodotti del Desco) e propone la minestra rimaritata : fonduta di caciotta alla birra, erbette  miste  saltate con olio extravergine d'oliva, aglio nero e brodo di manzo, guanciale croccante,  pistilli di zafferano.

Con un aglio bianco o rosa al posto del nero in modo da dare più carattere alle verdure e senza zafferano che era troppo invadente, il piatto, a detta di tutti i componenti della giuria, risulterebbe più bilanciato e armonico e di sicuro successo.


Il vivace Pantani ci vuole trasportare con la sua dispensa del fattore in una fattoria, per inebriarci ed emozionarci con profumi e sapori nostrani, che il suo piatto, concettualmente bucolico, spiritoso e divertente dovrebbe evocare, utilizzando prodotti che non mancano mai nella dispensa di un fattore come farina, latte e uova, salumi, legumi, verdure ed erbe di stagione. Inoltre, inserisce anche il fieno che ci propone a sorpresa mentre presenta il piatto finito, spruzzando un'essenza nell'aria, di fronte a noi giudici, un poco attoniti ma alla fine divertiti!
In pratica, la sua idea si concretizza in un bel piatto, gradevole sia alla vista che al palato: crema di fagioli rossi di Lucca "rastrellata" (per rimanere in tema bucolico), tortelli farciti con salame di Cinta senese e completati da una mousse di caprino e yogurt, a contorno: funghi pioppini, foglioline di cavolo nero croccanti, finocchietto e fiori di borragine.
Qualche orpello di troppo, come evidenziato dallo stesso presidente di giuria Fiordelli, alla lettura del verdetto (i fiori di borragine sono belli  ma sono troppi, il finocchietto, che adoro,  invece qui è proprio di troppo, basta il cavolo come protagonista verde) ma il piatto in bocca funziona, è ben confezionato e ha una buona concentrazione di sapore.
Tutti concordi nel decretarlo vincitore infatti.


Il Tamburello di Garfagnina del Pineschi, in crépinette, cioè polpette di manzo razza Garfagnina, avvolte in un pacchettino che, in questo caso è composto dalla  rete di maiale, con cavolo cappuccio marinato al balsamico e riduzione di vino rosso.

Sia il phisique du  rôle da oste godereccio, sia la sua esposizione appassionata e verace e, soprattutto le premesse degli ingredienti del piatto, avevano già fatto scattare la salivazione di noi giudici e, immagino, anche di molti fra il pubblico.
L'aspettativa è stata disattesa però dall'assaggio che ha rivelato, purtroppo, mancanza di concentrazione di sapore nella polpetta che ci si aspettava decisamente più succulenta e robusta (e meno cotta), sia nell'assenza di quell'acidità nel cavolo, annunciata dall'aceto, che serviva a sgrassare il boccone. Il piatto di presentazione, a mio personale avviso, non era adeguato, serviva un piatto piano, più adatto anche ai ghirigori  con la riduzione di vino rosso.
Con un po' più di grinta nella polpetta, come ho suggerito personalmente  al giovanissimo cuoco garfagnino a fine gara (che mi ha timidamente confidato di non aver osato spingere troppo), e la giusta acidità dei cavoli, il piatto, seppur semplice,  funzionerebbe egregiamente.


Conclude Gian Marco Stefani con grande verve e spirito garibaldino, presentando un piatto decisamente ardito dove osa accostamenti già sulla carta rischiosi: petto d'anatra con salsa di china e ananas lardellato. Anatra, liquore alla china calissaia, miele di castagno, ananas, lardo, cioccolato 85% e....petali di margherite, "perché a me mi garbano...oh allora...qualcuno può anche pensar male...." dichiara il simpatico chef!


E a noi è "garbato" lui ma non il suo piatto, purtroppo, sbilanciato nei sapori con  le note della china, miele e cioccolato invadenti e dominanti e con quei tocchi di ananas un po' sgraziati.
Sicuramente il talento e la grinta non gli mancano, va soltanto dosato meglio tutto, insieme agli ingredienti.

Aldo annuncia il vincitore

Eccomi in prima fila, grazie Claudia per la foto!

Personalmente, ho passato un piacevolissimo pomeriggio, è stato un utile ed interessante confronto con gli altri componenti della giuria che ringrazio.
I ragazzi sono stati molto bravi, non era facile, alla prima esperienza, preparare in venti minuti (questo il tempo a disposizione) il piatto e argomentare mentre eseguivano. Ricordo la mia prima volta in finale ad un contest,  mi tremavano talmente tanto le mani dall'emozione che per fortuna dovevo fare un dripping altrimenti avrei fatto un disastro!!
Complimenti dunque e in bocca al lupo ai ragazzi per il loro futuro da chef, complimenti all'organizzazione che ringrazio per l'invito e grazie a Claudia per avermi concesso alcune sue foto.

E come ha detto Anna Morelli, ci hanno fatto venire voglia di andare a trovarli tutti presto nei loro ristoranti!!







mercoledì 23 novembre 2016

OMAGGIO A FILOMENA: TRIGLIE, MANDORLE, AGLIO NERO



Omaggio ad Alessandro Filomena, chef dell'elegante ristorante bagno FRANCO MARE di Marina di Pietrasanta che avevo conosciuto in occasione della jam session culinaria e vinicola Forte Vintage al Minerva Beach di Forte dei Marmi  a luglio, quando galeotte furono le  sue straordinarie cozze ripiene ripiene!

Dopo la bella serata fortemarmina, ci eravamo ripromessi di andarlo a trovare nella sua sede, gestita con grande cura e professionalità dalla famiglia Stefanini.

 foto dal sito Franco Mare

Luglio è volato via, poi ci sono state le vacanze d'agosto, a settembre tra varie vicessitudini e un paio di tentativi falliti, una volta perché mancava proprio lui in cucina, un'altra perché avevano un evento privato, alla terza ce l'abbiamo fatta e siamo arrivati quasi a fine ottobre.

E' passato già un po' di tempo ma ricordo perfettamente le piacevoli sensazioni provate, grazie  sia all'ambiente elegante ma informale e molto confortevole, sia alla bella cucina di Alessandro, che si esprime in  piatti schietti, dai gusti puliti e saporiti senza eccessi  creativi fini a se stessi, bensì  ben studiati e ben sviluppati. A completare il quadro, un servizio impeccabile e sobrio nel contempo, non comune e degno di nota.
Normalmente siamo insofferenti alle lunghe soste a tavola ma siamo stati coccolati per ore e ci siamo crogiolati volentieri, sprofondati nelle confortevoli sedie da regista!


Avevamo dato carta bianca allo chef, che ci ha proposto una serie di piatti deliziosi e che lui stesso ci portava in tavola. Pensavamo fosse un trattamento di favore, solo alla fine della serata, abbiamo appreso che mancava del personale sia in sala che in cucina!! Nessuno si è accorto, né sala né cucina hanno sofferto. Chapeau anche per questo.

Fra gli antipasti mi ha colpita particolarmente la sua triglia su pesto di mandorle e olio all'aglio nero.
Non ero riuscita ad identificare il piacevole pizzicorino che Alessandro mi svelò essere un tocco di zenzero.
Qualche giorno dopo, guarda caso, avevo una rimanenza di (finta) maionese all'aglio nero, realizzata per la mia palamita a pois per il Master Mtc Lato B12. E' scattato il neurone e mi è venuta voglia di riprovare la combinazione triglia, mandorle, zenzero, aglio nero ma a modo mio.

Ed ecco il mio esperimento ispirato al piatto di  Filomena. I fiorellini e le foglioline sono sia decorativi che edibili, è acetosella raccolta nei prati, perché una nota acida non guasta.


Antipasto, dosi per due persone

4 Triglie di scoglio da 100-150 g circa cad.  squamate e sfilettate
200 ml di fumetto di pesce realizzato con gli scarti delle triglie, teste e lische, un pezzetto di zenzero fresco a fettine, 1/2 stecca di lemon grass, cipolla, alloro, grani di pepe nero
una manciata di mandorle spellate 
(finta) maionese all'aglio nero
fiori e foglie di acetosella
olio extravergine d'oliva

(finta) maionese all'aglio nero
4-5 spicchi d’aglio nero
30 ml di latte parzialmente scremato
70-80 ml di olio extravergine d’oliva dal gusto delicato (nocellara, taggiasca)
sale qb 
Sbucciate l’aglio nero, schiacciatelo con la forchetta, mettetelo nel bicchiere di un frullatore, aggiungete il latte appena intiepidito  e iniziate a montare con il frullatore ad immersione come una normale maionese, versando a filo l'olio fino a che si formerà un'emulsione spumosa e consistente. Regolate di sale. Versate la salsa in un biberon da cucina.

Riducete quasi in polvere parte delle mandorle, tritatene alcune grossolanamente.



Fate ridurre il  fumetto  in modo che si concentri il più possibile, filtrate, fate raffreddare, unite dell'olio extravergine,  emulsionate. Mettete a marinare i filetti di triglia nell'emulsione per circa un'ora, ponendo in frigorifero.
Unite le mandorle in polvere ad un mestolo di fumetto, prelevate i filetti dalla marinata, cuoceteli  per due-tre minuti  a fuoco vivo, irrorando bene con il fondo di cottura. Salate.

Decorate il fondo del piatto con la salsa all'aglio nero, disponete i filetti di triglia a piacere, cospargete con la granella di mandorle, finite con qualche goccia d'olio e guarnite con i fiori e le foglie di acetosella.











lunedì 21 novembre 2016

TIRAMISU' PANE AMORE E FANTASIA PER L'MTC N. 61


De Sica: «Che te mangi?»
Contadino: «Pane, marescià!»
De Sica: «E che ci metti dentro?»
Contadino: «Fantasia, marescià!!»

Pane Amore e Fantasia  è il titolo di un grande classico del cinema italiano dell'immediato dopoguerra. Un film dalla trama superficiale e semplice ma che si trasforma in un capolavoro grazie alla sapiente regia dell'allora  giovanissimo  Luigi Comencini, che sfrutterà le qualità artistiche di interpreti del calibro di Vittorio de Sica, Gina Lollobrigida e Tina Pica, fondamentali certezze di un cinema in grado di brillare per le interpretazioni dei singoli, capaci di decretare il successo di un'intera pellicola.


Un film che diverte con leggerezza per contrastare il difficile periodo sociale ed economico in cui versava la penisola.
Uscito nel 1953, l'anno successivo vinse l'Orso d'Argento a Berlino, fu candidato all'Oscar per la sceneggiatura.
irresistibile, splendida e sensuale anche a dorso di mulo, dal carattere forte e fiero, audace e ribelle, l'indomabile "bersagliera" Gina, conquista il Nastro d'Argento nel 1954 come migliore attrice protagonista  e viene consacrata come diva internazionale. Indimenticabile e inarrivabile Vittorio de Sica,  nei panni del seduttore avanti d'età.
Il film di Comencini inaugura un filone "neorealista rosa" che avrà ulteriore affermazione con titoli successivi, fra questi, oltre ai sequel Pane, amore e gelosia, Pane amore e Andalusia, Pane amore e...., anche l'ispiratore del mio blog: Poveri ma belli!


Il mio collegamento al film e soprattutto alla grande personalità e al carattere forte e fiero della "bersagliera" si esprime in un Tiramisù Pane Amore e Fantasia dove protagonista è l'acciuga, dalla spiccata personalità e gusto forte che si intensifica in un matrimonio consolidato con l'aglio, per dare vita ad una delle salse più rudi, assolute ed intense ma seducenti della nostra gastronomia: la bagna caoda.
Acciughe intese anche come pane del mare o  pan do mâ, per dirla con gli amici liguri perché insieme ad altri piccoli pesci come sardine, boghe e zerri, hanno sfamato per secoli  tante bocche, non solo umane ma costituivano e costituiscono anche il cibo dei predatori più grandi.
Ho dunque giocato con gli ingredienti della bagna caoda: aglio, acciughe e le verdure che vi si intingono per comporre un tiramisù salato, ammaliante e ingannevole,  che seduce e sorprende e  colpisce con una sferzata di gusto sapido e forte, ammansito da creme morbide e delicate in un gioco di equilibri non semplice ma stimolante come stimolante è la sfida da cui è scaturito, la n. 61 dell'Mtchallenge, cioè il Tiramisù declinato in versione sexy, legato ad un film o ad un'icona sexy della cinematografia mondiale, proposto dalla vincitrice del mese scorso, Susy May del blog Coscina di Pollo



Per la mia seconda proposta, dopo il tiramisù bomba calorica-vitaminica, ironicamente  legato al sexy cartoon Jessica Rabbit, avrei giocato ancora la carta  dolce, se non fosse stato per Alessandra che mi ha gettato il guanto della sfida, celà va sans dire, sull'uso delle acciughe!!
Complice la  tempesta ormonale scatenatasi nel nostro gruppo fb, vedendo sfilare le icone sexy maschili del cinema di ogni tempo, sognavo tiramisù black&white per il mio cioccolatino extra noir preferito Denzel Washington, smagliante nella sua candida casacca militare nella riduzione cinematografica di un must shakespeariano, ad opera di Kenneth Branagh, Tanto rumore per nulla.
O ancora un Bounty-Tiramisù dove il dilemma sarebbe stato Marlon o Mel?
E come si fa a dimenticare Richard Gere, Paul Newman,  Robert Redford, Al Pacino, Sean Connery, per rimanere sui "miei" classici. Ma le proposte ammesse sono solo due, bisogna scegliere e non ho potuto resistere, ho raccolto il guanto e iniziato a rimuginare.

E' stato un flash, il titolo Pane Amore e Fantasia è apparso repentino proprio come un lampo, e quello è stato perché il collegamento acciuga-bagna caoda con il carattere forte e fiero ma seducente della "bersagliera" mi è sembrato calzante.

E fin qui tutto bene, il problema però sono stati i savoiardi!! Avevo sottovalutato questi biscotti, affatto innocui, soprattutto nella versione salata. Ho affrontato infatti il primo tentativo con leggerezza e ho sfornato delle frittatine. Riprovo, che sarà mai un piccolo fallimento? Anche la seconda infornata non funziona, si dorano troppo presto ma non cuociono, li tolgo dal forno e si accasciano inesorabilmente. Tampino Contatto in chat privata Alexandra, Dolcemente inventando che aveva proposto la ricetta dei savoiardi salati sul sito Mtchallenge per cercare di capire con lei dove sbaglio.
Gli ostacoli sembrano essere due: il mio forno e il mio modo di montare gli albumi. Alexandra mi mostra la foto dei suoi albumi montati, sembrano un formaggio cremoso!!
Ci riprovo per la terza volta, nada.
Non volendo fare grandi quantitativi, avevo utilizzato le fruste anziché la planetaria ma, su consiglio di Alexandra, cedo e utilizzo la planetaria, anzi rischio di fonderla!! Sembra che vada tutto bene, inforno a 175 ° C anziché 200, forse ci siamo. Li tolgo, reggono per un po', poi si afflosciano, meno degli altri ma sono mollicci e gommosi. Getto la spugna. Due giorni di prove, bloccata in casa e già depressa a causa di una canalolitiasi (sorta di labirintite) a cui si era aggiunto un bel raffreddore per non farmi mancare nulla, non avevo intenzione di intristirmi ulteriormente a causa dei miei fallimenti culinari.

Ma non era detta l'ultima parola, continuavo a pensarci. Condivido la débâcle e i miei dubbi con Mapi, Alessandra Van Pelt e Alessandra Molla e infine  Giuliana . Quest'ultima li avrebbe provati e mi avrebbe riferito. Quando ho visto i suoi, ho dovuto riprovarci, non prima di aver scartabellato libri e consultato siti, alla ricerca di una versione for dummies. Ho persino rotto le scatole all'amica Loretta Fanella, la quale, pur non avendoli mai provati, suggerisce di sostituire lo zucchero con il trealosio, simile al saccarosio ma con un potere dolcificate ridotto alla metà.  E dove lo trovo il trealosio? O meglio, si trova ma costa un botto. A questo punto faccio i soliti mix gallitiani, prendo un po' qui e un po' là, mischio, e procedo, facendo anche tesoro degli errori precedenti e infine, al quinto tentativo (o sesto? ho perso il conto) CI RIESCOOOOOOOOO.


Non sono perfetti ma reggono, sono friabili ed ariosi, mi sembrano degni di essere chiamati Savoiardi, pur non avendo possibilità di riscontro.
Quindi la mia versione si potrebbe interpretare come una variante di quella di Alexandra per chi non ha grande dimestichezza con questi impasti delicatissimi e sensibili ad ogni minima variazione climatica, manuale o meccanica ed emotiva pure!!


Per 8 Savoiardi salati Galliti's way:

50 g di albumi
25 g di tuorli
30 g di farina 00
30 g di fecola di patate
10 g di fruttosio (o zucchero semolato)
1 g di sale
1/2 cucchiaino di bicarbonato

Ho pensato che il savoiardo salato non dovesse essere proprio salato ma semplicemente non dolce, o meglio quasi neutro. Quindi facendo le proporzioni con la ricetta originaria, ho aumentato la dose di zucchero, ho messo pochissimo sale perché  la nota salata viene conferita anche dal bicarbonato che aiuta a sostenere i biscotti in cottura (ecco svelato il trucchetto per imbranati) così come la maggiore quantità di farina e fecola.

Setacciare le farine insieme al bicarbonato. Montare a neve durissima gli albumi con lo zucchero nella planetaria 15-20' a velocità sostenuta. Infine incorporare delicatamente i tuorli appena sbattuti con un pizzico di sale. Unire anche la farina in due o tre volte, girando delicatamente con una spatola dal basso verso l'alto per non smontare gli albumi.
Mettere il composto in una sacca da pasticceria con bocchetta 1-1,5 cm (io avevo finito quelle usa e getta e ho utilizzato quella di silicone con l'apertura che c'era!), stendere l'impasto su una teglia rivestita di carta da forno, spolverizzare con zucchero a velo e cuocere in forno pre-riscaldato a 160-170 ° C per 10-12 minuti. Lasciar asciugare in forno con il portello aperto.

Vinta la sfida con gli indomabili savoiardi, ero pronta per il tiramisù dedicato all'indomabile "bersagliera"!!


Ingredienti per 2 porzioni

Bagna alla bagna caoda

5-6 spicchi d'aglio
5-6 acciughe sotto sale
2-3 cardi teneri
1/2 porro
500 ml d'acqua
olio extravergine d'oliva

Creme al mascarpone
200 ml di latte parzialmente scremato
100 g di mascarpone
20 g di fecola
2 cucchiai di purea di cavolfiore (cavolfiore cotto al vapore, frullato e passato al setaccio)
1 cucchiaio di purea di barbabietola (barbabietola cotta in forno, frullata e passata al setaccio)
1 tuorlo
1 cucchiaio di parmigiano grattugiato
un pizzico di sale
un pizzico di noce moscata grattugiata

Mirepoix di verdure
carota, sedano, rapanelli

Per guarnire: fiocchi di peperoni cruschi fritti (si trovano in commercio) o paprica dolce in polvere

Per la bagna alla bagna caoda: preparate il brodo con il porro e i cardi (questi conferiscono una nota amarognola che richiama il caffè del tiramisù originale)  mettendo le verdure a freddo nell'acqua e facendo sobbollire fino a quando il liquido ridurrà di circa la metà. Non salate.
Sbucciate  ed affettate l'aglio, togliete il cuore e lasciatelo qualche ora in acqua fredda.
Dissalate e sfilettate le acciughe, mettetele in un pentolino insieme alle fettine d'aglio e due cucchiai d'olio, fate andare a fuoco basso, quando iniziano a sobbollire, unire una cucchiaiata di brodo di verdura e continuate la cottura, unendo un poco di brodo, di tanto in tanto,  fino a quando aglio e acciughe saranno completamente disciolti. Dovrete ottenere una salsa un po' brodosa, non una vera bagna caoda densa e cremosa che prevede infatti molto più olio.

Per la pasticcera salata: unite la fecola all'uovo, mescolando bene, diluite con il latte freddo, ponete sul fuoco e fate addensare a fiamma dolce. Infine condite con una grattugiata di noce moscata, una cucchiaiata di parmigiano grattugiato, pochissimo sale.
Miscelate in due ciotole 50 g di mascarpone ognuna, con qualche cucchiaiata di crema pasticciera e le puree di verdure in modo da ottenere una salsa rosa e una color crema.

Tagliate a mirepoix le verdure. Bagnate abbondantemente i savoiardi nella bagna caoda fredda. Scolateli, spezzateli, se necessario per adeguarli al contenitore in cui si servirà il tiramisù, disponetene un primo strato sul fondo, cospargete con il mirepoix di verdure (che ricorda le verdure crude che si intingono nella bagna caoda), disponete uno strato di crema rosa, un altro strato di biscotti, mirepoix, crema al cavolfiore e infine cospargete con fiocchi di peperoni cruschi o paprica dolce in polvere.

Versione con la paprica


E se lo provate, fatemi sapere!!!












giovedì 17 novembre 2016

POP EATING LAB - BIENNALE ENOGASTRONOMICA FIRENZE, 22 NOVEMBRE 2016



In occasione della Biennale Enogastronomica, in corso a Firenze dal 10 novembre, e che si protrarrà fino al 28 novembre, popEating presenta 4 cooking demo che raccontano la cucina contemporanea attraverso differenti traiettorie che intersecano l’attuale scenario gastronomico.
Il 22 novembre alla “Casa della Biennale” (EX3, Viale Giannotti 81-85, Firenze) a partire dalle ore 18, si alternano 4 chef che esprimono l’evoluzione della cucina Italiana nelle loro diverse e personali codifiche.
Con piacere, ho accettato l'invito degli amici di Pop Eating, Lorenzo e Bianca, e condivido volentieri il bel programma:

La sua passione per la cucina nasce quando a circa 13 anni comincia ad affiancare mamma Wanda ai fornelli di una “semplice ma pur buona trattoria di paese”. Seguono poi gli studi alla scuola alberghiera di Longarone e le esperienze all’estero con Marc Veyrat, Michel Bras e quasi quattro anni al Bulli con Ferran Adria, alcuni con Alex Atala in Brasile, e infine al Mugaritz con Andoni Luis Aduriz. In Italia invece lavora accanto a Sergio Mei presso il Four Seasons di Milano. Dai grandi maestri apprende disciplina, professionalità, rigore in una cucina, umiltà, ma anche l'arte di saper maneggiare le materie prime, rispettandole senza rovinarle, fino a raggiungere una perfezione quasi maniacale nel lavoro.

ore 19.00 – Gianluca Gorini, Ristorante Le Giare – Montiano FC
Nel suo stile di cucina cerca spesso di valorizzare i prodotti del territorio, anche quelli più poveri, ma che in un certo senso fanno parte della tradizione gastronomica. Per questo si approccia al lavoro sempre con il massimo rispetto. Cerca di trovare materie di grande valore e poi con la tecnica e la conoscenza professionale di valorizzarle nel migliore modo possibile, senza dimenticare che il protagonista di un piatto deve essere la materia. Partendo da questo concetto Gorini cerca poi di creare abbinamenti e accostamenti diversi, talvolta nuovi, ma che rievochino alla mente sensazioni o ricordi e che suscitino interesse e curiosità visiva.
In cima alle sue esperienze c’è Gualtiero Marchesi, prima a L'Albereta poi nel ricercato Marchesino. È però l’incontro con Stefano Baiocco a cambiare la sua vita. Poi inizia la sua peregrinazione in terra francese, che durerà oltre cinque anni, alla corte dei migliori chef che il panorama mondiale possa annoverare: Alain Ducasse, Pierre Gagnaire e Yannick Alléno, chef del Pavillon Ledoyen di Parigi. Qui Michelangelo forgia la sua filosofia, ponendo le basi per quello che oggi è il suo modo di fare cucina che si può riassumere in: esigenza, eccellenza e rigore. Il suo percorso prosegue tra i fornelli di Marc Meneau a Saint-Père-sous-Vézelay.

ore 21.00 – Nikita Sergeev, Ristorante L’Arcade – Porto San Giorgio FM
La sua passione per l’Italia e in particolare per le Marche nasce dalle colline di Campofilone e porta fino al mare Adriatico. Nikita Sergeev arriva da Mosca 16 anni fa e subito scatta un forte sentimento di appartenenza a questi luoghi. Decide di trasferirsi, seguito dalla sua famiglia, per scoprire questa sua terra in ogni forma, colore, tradizione e sapore. Quando si sente parlare questo giovane chef di 26 anni, si fatica a pensare che sia nato altrove. Frequenta l’Alma con il maestro Gualtiero Marchesi. Incoraggiato e appoggiato dalla mamma Ekaterina, sua prima critica enogastronomica, apre il Ristorante L’Arcade a Porto San Giorgio, città storica di grandi pescatori e tradizioni del litorale adriatico marchigiano.

L’evento è gratuito con assaggi su prenotazione. Per prenotare invia una email a pop@popeating.it indicando il nome dello chef che desideri seguire, oppure chiamando il  +393453397052

sabato 5 novembre 2016

RICORDI DI UN MASTER TARTUFO BIANCO A SAN MINIATO E L'ESITO IN CUCINA

Per la Giornata Nazionale di sua maestà Tuber Magnatum Pico ovvero il Tartufo Bianco, secondo il calendario del cibo italiano Aifb, ambasciatrice Chiara Lazzarin del blog La Pulce tra i fornelli, rispolvero volentieri un piacevole amarcord, un Master sul tartufo bianco di San Miniato a cui ho partecipato qualche anno fa.


San Miniato non ha certo bisogno di presentazioni, oltre ad essere un'affascinante cittadina con palazzi storici splendidi, è nota nel modo per essere una fra le più importanti zone  di provenienza del TUBER MAGNATUM PICO ovvero il pregiato tartufo bianco!
Ogni anno, nel mese di novembre, vi si tiene  la celebre  fiera internazione del tartufo bianco  che richiama da ogni parte d'Italia e dall'estero decine di migliaia di appassionati del preziosissimo e costosissimo fungo.
Nel 2013 partecipai ad un Master sul Tartufo Bianco, una delle varie  attività che si susseguono  durante e successivamente al  periodo della fiera che solitamente si protrae per tre weekend consecutivi. 
Il Master,  ospitato nella Fondazione del Conservatorio di Santa Chiara, a San Miniato, era riservato agli istituti alberghieri toscani ma anche ad operatori turistici e professionisti del settore enogastronomico. 
Fu  una giornata fantastica, interessantissima ed intensa di didattica e divertimento.
Innanzitutto la conferenza dell'ineccepibile prof. Amedeo Alpi dell'Università di Agraria di Pisa, oratore dotto e brillante, poi  l'intervento del suo bravissimo collaboratore e ricercatore Dr. Federico  Vita  e del presidente dell'Associazione tartufai delle colline sanminiatesi , l'esperto Salvatore  Cucchiara con la supervisione dell'assessore al Commercio, Turismo ed Agricoltura di San Miniato Giacomo Gozzini.
Ho imparato innanzitutto che il tartufo appartiene al regno dei FUNGHI, ipogei per l'esattezza, non è un tubero come si potrebbe erroneamente pensare, ma è del genere TUBER (questo forse crea confusione) e senza entrare in dettagli troppo tecnici e terminologie scientifiche difficilissime, molto sinteticamente, altre nozioni acquisite riguardano le piante dalle cui radici i tartufi traggono nutrimento come alcune varietà di QUERCIA e  i PIOPPI, l'importanza del terreno e delle condizioni metereologiche, gli esperimenti di tartuficoltura e gli studi sulle proteine, sui composti volatili e sul metabolismo del calcio, non ultimo un accenno alle frodi esistenti purtroppo!!
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E dopo l'impegnativa e ben condotta premessa, Cucchiara ci ha fatto vedere, toccare e annusare una bella pepita e ci ha spiegato alcuni trucchi per riconoscere un tartufo di buona qualità anche se difficilmente un venditore ti lascia maneggiare, ispezionare e sfregare il tartufo per assaporare tutto l'aroma e saggiarne la bontà né tanto meno sezionarlo per evidenziare la fittezza della venatura e il colore della polpa interna, segni di buona maturazione!

L'amica Daniela Mugnai, Vetrina Toscana,

Ma il bello doveva ancora arrivare.....dopo tre ore di teoria, la pratica....tutti a caccia di tartufo nei boschi intorno a San Miniato, con il figlio del presidente Cucchiara, Massimo e il suo vivacissimo cane Pepe, nomen omen!!






Pepe ne ha scovati tre in meno di un'ora!! Noi eravamo eccitatissimi dei risultati e divertiti dalle capriole e dai salti di quel cane felice di aver fatto il suo dovere e di aver accontentato il suo padrone col quale ovviamente c'è un rapporto incredibile e Massimo ci tiene molto a sfatare false dicerie che sostengono che i cani vengano maltrattanti durante l'addestramento, anzi, Pepe è coccolato come un bimbo!! E si vede dalla sua incontenibile esuberanza.

NB: Massimo Cucchiara organizza master tartufo con dimostrazione della ricerca del tartufo nei boschi con il suo cane, tutto l'anno, perché se la stagione del bianco volge al termine, poi arriva il marzolino e poi ancora l'estivo e poi si ricomincia....per info: ASSOCIAZIONE SANMINIATESE TARTUFAI
 Pranzetto veloce ma gustoso da Papaveri e Papere e poi via di nuovo a scuola dove ad attenderci c'era il sommo Ernesto Gentili, uno dei massimi esperti italiani in materia vino, per una lezione sugli abbinamenti vino e tartufo, con degustazione tecnica nel suo efficace stile sintetico, senza fronzoli, di 6 vini, 3 langaroli e 3 san miniatesi, tra cui uno strepitoso MAURLEO 2004 di Pietro Beconcini (sangiovese e malvasia nera) che mi sono precipitata a comperare in seguito, in un'enoteca del centro, anche se mi sono dovuta accontentare del 2010.

Stefano Pinciaroli

Dopo la degustazione, ci divertiamo sugli abbinamenti con due piatti preparati da Stefano Pinciaroli del ristorante Ps di Cerreto Guidi e  Paolo Fiaschi di Papaveri e Papere, San Miniato

Ernesto Gentili



 Prima di rientrare, ho fatto un giretto per il centro e non ho saputo resistere al richiamo del profumo del magnatum pico che varcava la soglia di un negozietto di delizie. Annuso, analizzo e acquisto esibendo tutta la conoscenza appena acquisita e me ne torno verso casa con un bel tartufetto di 30 grammi, crepi la miseria, così si sarebbe divertito pure mio marito la sera stessa e ne avremmo avuto anche per il giorno successivo perché già sulla via del ritorno, i neuroni si erano messi in moto, il tartufo si sarebbe sposato coi miei pesciacci!!
Dopo il canonico uovo serale, per il giorno post-master, il muggine era il primo candidato a cui avevo pensato e muggine è stato.  Avevo delle verze in casa, perfette sul tartufo perché come mi insegna l'amico aromatiere Donato Creti, cavoli, verze, broccoli sprigionano in cottura molecole solforate, prima fra tutte il Methyl Disulfide che si trova anche nel profilo aromatico del tartufo. Non ultimo l'aglio, la cui essenza è fatta per il 90% di molecole solforate...nessun dubbio dunque...non ho la più pallida idea delle componenti molecolari del muggine ma vado d'istinto......suona un'eresia MUGGINE E TARTUFO, lo so ma a me è piaciuto tanto e mi sono divertita molto nel provocatorio abbinamento tra RICCHI E POVERI!!!

VELLUTATA DI VERZE CON  MUGGINE E TARTUFO BIANCO DI SAN MINIATO

Ingredienti per 2 persone

200 g di cavolo verza, possibilmente le foglie più interne
1 spicchio medio d'aglio rosa
1 cucchiaio di colatura di alici
olio evo qb
acqua, poco sale
14-16 g di tartufo bianco di San Miniato *
1 muggine o cefalo Gaggia d'oro, da 500-600 g

* normalmente 7-8 g a persona vengono considerati una buona dose

Stufare l'aglio con un cucchiaio d'olio e un po' d'acqua in modo che si ammorbidisca rilasciando tutto l'aroma senza rosolare, aggiungere le foglie di verza lavate e tagliate a listarelle, far insaporire e cuocere con poca acqua finchè saranno morbide. Aggiungere la colatura di alici e frullare il tutto, allungando ancora con altra acqua se necessario fino ad ottenere una consistenza piuttosto fluida.
Pulire il muggine, cuocerlo a vapore per ca 10 minuti, sporzionarlo, salare poco, disporre le polpe ottenute sopra alla vellutata calda, irrorare con un filo d'olio evo a crudo e una grattata di tartufo bianco a lamelle sottili. E' importante servire il piatto ben caldo in modo da permettere al tartufo di sprigionare tutto il suo aroma.

giovedì 3 novembre 2016

vade DIETRO....LA LASAGNA! IL NUOVO LIBRO DELL'MTCHALLENGE

 
Cosa c'è dietro la lasagna? C'è una community straordinaria, orchestrata da una direttrice vulcanica  Alessandra Gennaro, che sforna, non solo lasagne ma idee sempre strabilianti e non finisce mai di stupirci e di renderci orgogliosi di fare parte di questo grande gruppo  di studio, condivisione e scambio che avviene principalmente sul web ma che poi spesso, si materializza in incontri reali con workshop e master, lezioni, degustazioni, visite e allegre tavolate. Tutto naturalmente ruota intorno alla comune grande passione per la cucina e la cultura del cibo.

Dietro la lasagna è il quinto libro scaturito dall'Mtchallenge, l'ormai celebre sfida culinaria che ci impegna ogni mese con un tema diverso, stimolando la nostra creatività e scatenando la nostra fantasia in uno stile ormai connotato come "emmeticino".

Il libro esce oggi in tutte le librerie, edito da Gribaudo, gruppo Feltrinelli e raccoglie le più belle ricette di lasagne scaturite dalla sfida Mtc n. 42 LA LASAGNA oltre a paste al forno, cannelloni, paste pasticciate e sontuosi timballi

Illustrazioni e styling Mai Esteve.
Anche questo libro sostiene  Piazza del Mestieri
In vendita in tutte le librerie e on line a € 14,90
Amazon

(tra parentesi, ci sono anch'io e ne sono molto orgogliosa! grazie Mtc)

Un piccolo assaggio?  Solo per chi ancora non ci conosce, perché chi ci segue, lo acquisterà a scatola chiusa perché Mtc è un marchio di garanzia!!





Pronti? Via!!!!


mercoledì 26 ottobre 2016

UNA PALAMITA A POIS PER IL MASTER MTC IL LATO B12 (ALTA CUCINA E SALUTE)


Per chi, al di fuori dell'Mtchallenge, si stesse chiedendo cosa sia un  Master Mtc, si tratta di  una nuova attività, una delle tante stimolanti, divertenti e istruttive  ideone della nostra infaticabile Alessandra (un'ex ragazza con delle idee....e che idee!!), collegate alla sfida più pazza del web in materia culinaria.
Un utilissimo approfondimento di un tema specifico, un lavoro di gruppo, e sottolineo di gruppo,  sostenuto e affiancato da tutors professionisti, esperti del settore ad esso collegato.

Il Master d'esordio, denominato BAKE OUT, nel puro stile emmeticino,  era legato alla manifestazione Sweety di Milano ed aveva come tema la naked cake. Sono uscite meraviglie che hanno sorpreso i giudici milanesi e tutti i presenti all'evento e che noi da casa abbiamo seguito virtualmente in un crescendo di emozione e di orgoglio di appartenere ad una community così speciale!

Per il secondo appuntamento, è mancato l'aggancio istituzionale, per cui era stato ideato il master, ma non per nostra indolenza o determinazione; infatti non ci siamo arresi, l'argomento era troppo importante: CIBO E SALUTE!
Cito il verbo vanpeltiano : E’ da quando e’ nata la Medicina che l’alimentazione ha avuto un ruolo primario nell’influenzare il benessere degli individui, con tutte le conseguenze del caso. Nei secoli, la sorte dei cibi e’ stata spesso legata anche alle valutazioni dei medici, con alterne vicende, bufale gigantesche comprese: la mia generazione e’ figlia di Braccio di Ferro che diventava fortissimo mangiando gli spinaci in lattina (una prece) o del pompelmo che fa dimagrire, tanto per citare gli esempi piu’ noti. Ma basta fare un giro sui social, oggi, per venir travolti da informazioni che dicono tutto e il contrario di tutto.

E allora noi dell'Mtc, che non si frigge con l'acqua siamo scrupolosi e seri (della serie...sotto il cazzeggio c'è di più!!),  abbiamo il dovere di approfondire e fare chiarezza e sfruttare tutti i talenti che abbiamo a disposizione. L'argomento specifico scelto è stata la vitamina B-12 da cui il titolo scherzoso del Master: IL LATO B-12 (ALTA CUCINA E SALUTE).
Nel gruppo eravamo in 17 + i 3 tutors e Alessandra, a scambiarci informazioni, idee, consigli, disegnini (sì abbiamo fatto anche gli schizzi della composizione dei piatti), battute, crisi isteriche, paranoie, incubi notturni etc...e qualche volta si andava oltre il gruppo, si passava alla chat privata, facendo nuove conoscenze o consolidandone altre. Una bellissima esperienza, utile e divertente!


Immagine  Web

A spiegarci tutto ciò che si deve sapere sulla B12 sono stati interpellati: il dottor Michael Meyers, oncologo di fama internazionale e la dott.ssa Arianna Mazzetta, biologa e nutrizionista, a cui vorrei esprimere la mia gratitudine per la disponibilità offerta, pazienza e spirito dimostrati e stima per la grande competenza!
Un sunto delle dispense che ci hanno appioppato gentilmente fornito:

La Vitamina B12 è un composto organico idrosolubile prodotto da microorganismi e necessario, in piccole quantità, agli animali e all'uomo.
Non è presente  dunque nei vegetali. Un mito molto comune tra i vegani è che si possa ottenere la vitamina B12 da fonti vegetali come alcune alghe, spirulina e lieviti. In realtà questi alimenti contengono una sorta di pseudo-vitamine B12, chiamate cobamide, che bloccano l'assorbimento della vera vitamina B12 e ne aumentano il bisogno.
Le fonti alimentari consuete di B12 sono la carne e i suoi derivati, il pesce, i crostacei, il pollame, le uova e in misura minore anche latte e latticini.
Tra gli alimenti più ricchi  troviamo il fegato, il rene, il cuore di agnello e di manzo, i bivalvi come le cozze e le ostriche (sifonano grandi quantità di microrganismi marini che sintetizzano la B12). Quantità moderatamente grandi  si trovano nel latte magro in polvere, in granchi, scorfani, sardine, salmone e nel tuorlo d’uovo. Quantità moderate si trovano nella carne (nel muscolo), aragosta, pesce spada, tonno, ma la ritroviamo anche nei formaggi fermentati come il Camembert e nella ricotta.

Il fabbisogno quotidiano di vitamina B12 è veramente modesto, ma comunque essenziale. La dose giornaliera richiesta per l'adulto è di circa 2 - 2,5 µg. Il fabbisogno aumenta leggermente durante la gravidanza e l'allattamento.
Funzioni principali della vitamina B12:  innanzitutto  partecipare al processo di formazione dei globuli rossi nel midollo osseo attraverso la regolazione della sintesi dell’emoglobina e la sintesi del DNA. Altra importante funzione è quella di agire sul metabolismo dell’omocisteina, un composto che  va mantenuta nell’organismo entro certi livelli poiché in eccesso può provocare problemi a livello dei vasi rendendo facile la deposizione del colesterolo nelle arterie e quindi aumentare il rischio cardiovascolare. La vitamina B12 risulta anche necessaria al metabolismo del sistema nervoso centrale in particolare alla costituzione dei manicotti di di mielina4 che avvolgono i nervi. Ha un  effetto rigenerante delle cellule che formano il cuoio capelluto, e soprattutto su quelle cellule che formano il bulbo pilifero, per cui è importante per mantenere i capelli forti e sani. Agisce anche sulle cellule che formano le unghie, promuovendone la rigenerazione, tanto che una carenza può provocare unghie fragili, secche e con linee biancastre sulla superficie che evidenziano una carenza vitaminica. Un altro effetto è sul mantenimento del benessere delle cellule cutanee, non è raro che alla mancanza di vitamina B12 si accompagni all’insorgenza di dermatiti.   La vitamina B12 ha un effetto di potenziamento sul sistema immunitario, in particolare sui globuli bianchi natural killer, cellule del sistema immunitario molto efficaci nella distruzione di batteri, virus e cellule tumorali. Infine, ha un effetto sulle patologie a carico delle ossa, specialmente sull’artrite perché spesso l’artrite si accompagna ad anemia e questa vitamina, insieme a ferro e acido folico, può aiutare a contrastarne i sintomi. 

La carenza di vitamina B12 può provocare una forma tipica di anemia, definita anemia megaloblastica, ma soprattutto alterazioni a carico del Sistema Nervoso Centrale, con depressione, disturbi delle memoria fino alla demenza, sofferenza del midollo spinale fino alla tetraparesi, e Periferico (neuropatie). Alcuni studi suggeriscono anche che la carenza di vitamina B12 e folato possa essere correlata con lo sviluppo dell’Alzheimer. 

La sua disponibilità dietetica: è chiaramente correlata al tipo di alimentazione e dalla capacità di assorbimento dell'organismo. Poiché la vitamina B12 non si trova in quantità affidabili nei cibi vegetali, a meno che non siano addizionati, essi non sono in grado di apportare all'organismo le quantità necessarie di questo nutriente quando la dieta si basi prevalentemente o esclusivamente su questi alimenti: pertanto tutti i vegani e molti latto-ovo-vegetariani possono sviluppare la carenza.  Alcuni farmaci, come gli antiacidi, possono causare carenza.
Nel momento in cui si instaurino una o più di queste condizioni, c'è tuttavia sufficiente tempo per mettere in atto le strategie in grado di prevenirla, intervenendo prima che la carenza si sviluppi. Il fegato può infatti accumulare nel corso della vita un quantitativo rilevante rispetto al fabbisogno quotidiano di vitamina B12 (circa 2-3 mg).  Le persone che seguono diete vegetariane con abolizione completa di carne, pesce, uova e latte devono assumere integratori contenenti vitamina B12 o alimenti addizionati arricchiti,  per evitare di sviluppare una ipovitaminosi. I bambini allattati da donne che seguono una dieta vegetariana stretta (es. dieta vegana) sono particolarmente a rischio di andare incontro a carenza di vitamina B12 entro pochi mesi dalla nascita con conseguenze severe sullo sviluppo fisico e neurologico.


NB: La B12 è molto solubile in acqua, resiste a ph 4-5 e resiste al calore fino a 120°C.

Ed eccoci arrivati al punto! Ai fini del Master, ci è stato richiesto di produrre un piatto salutare e attraente, con ingredienti che contenessero vitamina B12 in quantità sufficiente e soprattutto che venissero elaborati e cotti in modo tale da non disperderla o neutralizzarla completamente.

Inoltre, il lato estetico  è stato supervisionato da un altro tutor chiamato in causa per il Master: lo chef Sandro Sità, dell'Hotel Tarabella di Forte dei Marmi.  

E a giudicare le nostre proposte sarà Marco Visciola, chef del ristorante Marin di Eataly Genova! Come dicevo nella premessa, non si frigge mica con l'acqua all'Mtc!

Questa è la mia proposta:


UNA PALAMITA A POIS O....T'ATTAKI
ALLA PALAMITA!!
Tataki di palamita in marinata mediterranea, ricotta agrumata, maionese all'aglio nero, salsa alla barbabietola e peperoncino, salsa al peperone giallo e colatura di alici, valeriana e germogli di rapanelli
Ho optato per una semi-cottura di un pesce azzurro del nostro mare, la palamita, valido sostituto dell'iper sfruttato tonno, con una scottatura veloce, stile tataki giapponese, in cui il cuore rimane crudo come nella  cottura au bleu per il filetto di manzo,  pertanto, trattandosi di pesce, è necessario l' abbattimento onde scongiurare contaminazioni da anisakis. E la B12 è salva, come confermato dagli esperti che ci hanno seguito e consigliato!

La marinatura della palamita si ispira alle marinature orientali ma è stata mediterraneizzata con la colatura di alici al posto della salsa di soja ed altre erbe e odori tipici di casa nostra. Ho abbinato una crema di ricotta agrumata che si sposa bene col crudo di pesce, alcune salse  a base di verdure dal dolce al salto, aromatico e piccante, nelle quali ci si può divertire ad intingere i bocconcini di palamita e si trova freschezza e croccantezza con ciuffetti di valeriana e germogli di rapanelli, leggermente pungenti.




Ingredienti per 4 persone - piatto principale

Tataki
2  filetti da 200 g  di palamita,  privati della pelle* e spinati,  abbattuti  a – 18° C per 96 h
3 cucchiai di olio extravergine d'oliva varietà frantoio, fruttato intenso, non troppo amaro, piccante medio
3 cucchiai di colatura di alici di Cetara
2 cucchiai di miele di acacia o millefiori
1 limone non trattato
1 spicchio d’aglio
1 ciuffo di finocchietto selvatico
1 cucchiaio di semi di finocchietto selvatico
1 foglia di alloro 

* io li congelo con la pelle e tolgo la pelle quando  iniziano a scongelare ma sono sempre turgidi, così l'operazione è più facile


Quenelles di ricotta
250 g di ricotta vaccina
1 limone non trattato
1 cucchiaio di foglioline di timo al limone 


(finta) Maionese all’aglio nero
4-5 spicchi d’aglio nero
30 ml di latte parzialmente scremato
70-80 ml di olio extravergine d’oliva dal gusto delicato (nocellara, taggiasca)
sale qb 


Salsa di barbabietola e peperoncino
1 piccola barbabietola rossa (50-60 g) 

60-70 g di patata a pasta bianca
50-70 ml di latte parzialmente scremato
peperoncino jalapeno in polvere


Salsa di peperone giallo e colatura di alici
200 g di peperone giallo
1-2 cucchiaini di colatura di alici
2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva varietà Nocellara  (foglia e buccia di pomodoro, note acide)la punta di un cucchiaino di xantana in polvere

Per completare: insalata valeriana, germogli di rapanelli, sale marino integrale e pepe nero in grani, olio extravergine d'oliva varietà frantoio c.s.

Esecuzione:

Togliete dal freezer o dall’abbattitore i filetti di palamita e poneteli a decongelare in frigorifero.
Una volta decongelati, tamponateli con carta assorbente, disponeteli in una pirofila,  irrorateli con un’emulsione di olio, miele e colatura, aggiungete l’aglio tagliato a fettine, le scorze di mezzo limone, i ciuffi e i semi di finocchietto e la foglia di alloro spezzettata.  Lasciate marinare in frigorifero per 5-6 h coperto da pellicola.

Preparate le salse. Sbucciate l’aglio nero, schiacciatelo con la forchetta, mettetelo nel bicchiere di un frullatore, aggiungete il latte appena intiepidito  e iniziate a montare con il frullatore ad immersione come una normale maionese, versando a filo l'olio fino a che si formerà un'emulsione spumosa e consistente.

Cuocete in forno a 180° C la barbabietola con la buccia fino a quando sarà ben appassita, quasi bruciacchiata (il tempo varia a seconda delle dimensioni, per una barbabietola piccola ci vorranno almeno 30-35 minuti). Il gusto, rispetto a quelle lessate, è più concentrato e dolce con note quasi caramellate.

Lavate la patata, senza asciugarla, bucherellatela, cuocetela  nel microonde, a potenza massima per 4-5 minuti, girandola a metà cottura. Sbucciatela e schiacciatela nel passapatate. 

Sbucciate la barbabietola, tagliatela a tocchetti e frullatela. 

Unite il latte alla purea di patata, mescolando bene in modo da creare una salsa cremosa ma fluida, coloratela con un cucchiaino di polpa di barbabietola o quanto basta  ad ottenere un bel rosa violaceo acceso. Insaporite con un pizzico di sale e un tocco di peperoncino, dosandolo in modo che risulti una piccantezza delicata. Passate la salsa attraverso un colino fine.

Lavate e mondate il peperone, tagliatelo a tocchetti e cuocetelo al vapore. Frullatelo con la puntina di xantana (che addensa e lucida la salsa ed evita le antiestetiche colature nel piatto), conditelo con l'olio e la colatura d'alici. Passate la salsa attraverso un colino fine.


Mettete le salse in singoli biberon da cucina o sacchetti da pasticceria, conservatele in frigorifero, se preparate con largo anticipo ma utilizzatele a temperatura ambiente.

Passate la ricotta al setaccio, mescolatela  con un poco di succo e la scorza del limone grattugiata finemente e le foglioline di timo al limone.

Mondate e lavate la valeriana e  i germogli di  rapanelli, condite con olio, sale marino integrale e pepe nero macinati al momento.

Togliete i filetti di palamita dalla marinata senza scolarli troppo, eliminate tutti gli odori, tagliateli a tocchetti da 25 g circa ciascuno,  il più possibile regolari. Dovrete ottenere 6 pezzi per filetto = 12 in totale, 3  pezzi a porzione. La quantità indicata considera gli scarti perché lo spessore dei filetti non è uniforme (con gli scarti si può sempre fare una tartarina o un ragù per condire una pasta).

Scaldate su fuoco vivo una padella antiaderente, rosolatevi  i tocchetti di palamita  15-20” per lato o il tempo necessario alla formazione di un bordo bianco lungo il lato in cottura e una crosticina dorata esterna,  mentre l’interno  deve rimanere rosa, praticamente crudo. Il riferimento è il punto di cottura "au bleu" per la carne, cioè 40° C al cuore, per la palamita basteranno 30-35°C.


Prima di cuocere la palamita,  studiate la composizione  a forma semicircolare e iniziate a predisporre nel piatto tutti gli ingredienti, tranne la palamita che andrà per ultima:  segnate con dei puntini di una delle salse la posizione dei tre cubetti di palamita, create altrettante quenelles di ricotta con un cucchiaino da tè, posizionatele fra gli spazi destinati ai cubetti di palamita, guarnite con punti di varie dimensioni delle tre salse, alternando i diversi colori, completate con le foglie/germogli e rapanelli. Cuocete i tocchetti di palamita, come descritto,  e posizionateli negli spazi vuoti accanto alle quenelles di ricotta.
E se anche l'effetto visivo non è perfetto*, gustate e divertitevi!

* i tocchi di palamita forse sono troppo grandi per il piatto e c'è un ciuffetto di insalata disallineato ma la perfezione è disumana, no?

Un ringraziamento sincero a tutti i miei compagni di avventura per lo splendido spirito cameratesco che si è instaurato durante i lavori, è stato come tornare ai tempi della scuola, quando si facevano i compiti a casa insieme alle amiche o si studiava per il compito in classe, e quando arrivava il giorno fatidico e si superava la prova, era una vittoria collettiva!!