sabato 23 luglio 2016

LA MOSTELLA E IL PESCE DIMENTICATO



L'espressione  "pesce dimenticato" è  comparsa di frequente nei post di Poverimabelliebuoni sin dai suoi esordi. 
Juri Badalini del blog Acqua e Menta, ce ne parla oggi come ambasciatore per il Calendario del Cibo Italiano Aifb nella   giornata nazionale dedicata al Pesce Dimenticato


Naturalmente, visto il tema, non potevo esimermi dal fornire anche il mio contributo e condividere le mie esperienze.
Qualche anno fa, esattamente nel 2013, fui "pescata" letteralmente in rete da Daniela Mugnai, della quale sono poi diventata amica, dell'agenzia Coffee, responsabile della comunicazione di Vetrina Toscana e coordinatrice del progetto per la promozione del Pesce Dimenticato, sostenuto dalla Regione Toscana in sinergia con vari enti, che ha organizzato nell'arco dell'esistenza del progetto, diverse manifestazioni ed attività interessanti a molte delle quali ho avuto il piacere di partecipare.
Qui il mio primo convegno  a Castagneto Carducci: Il pesce dimenticato incontra i frutti dell'orto dove conobbi lo chef Maurizio Marsili, attivo testimonial del progetto e uno dei primi chef  a promuovere e a sensibilizzare i consumatori in materia.
Tra le varie attività, molto bello fu il progetto formativo delle scuole alberghiere e altre iniziative lodevoli quali "la formula antispreco" a cura di Marsili nelle cucine della Caritas di Firenze, l'istruzione dei cuochi delle mense scolastiche, la realizzazione di una pubblicazione TUTTI MATTI PER IL PESCE DIMENTICATO a cui ho contribuito con altri amici food blogger e molto altro qui.

Il sito internet de Il Pesce Dimenticato non è più attivo, rimane però la pagina fb che continua a promuovere iniziative e pubblicare articoli in merito.

Ma cosa s'intende per "pesce dimenticato"?
E' il pesce "dimenticato" o meglio " snobbato" dal mercato per mancanza di conoscenza o semplicemente per comodità, perché si preferiscono pesci "facili", considerati più pregiati, a scapito di altri magari piccoli, liscosi, difficili da pulire, da sempre definiti "poveri" ma tanto buoni!!

Sensibilizzare le persone al consumo di questi pesci dimenticati  è importante sia dal punto di vista nutrizionale che da quello biologico. Se infatti riusciamo ad infondere la conoscenza e la cultura del consumo di questi prodotti ittici, determineremo una maggiore diversificazione delle specie vendute, ottenendo un più efficiente sfruttamento delle risorse marine con notevole riduzione del pesce scartato e ricadute positive sulla tutela della biodiversità marina. 
Nel Mediterraneo, delle circa 700 specie pescate, soltanto il 10% raggiunge i banchi delle pescherie, i mercati, i supermercati e quindi le nostre tavole. Questo perché solo una piccola parte dei prodotti ittici è realmente conosciuta ed apprezzata, il rimanente 90% rappresenta il cosiddetto “scarto” e non viene richiesto dal mercato, nonostante le caratteristiche organolettiche e nutrizionali siano analoghe se non superiori rispetto alle specie pregiate.
Ciò determina un impoverimento delle risorse ittiche pregiate con un aumento della pressione sulle specie commerciali e un aumento consistente delle importazioni (ad oggi in Italia il 69% del pesce consumato proviene dall’estero).
Per poter invertire questa tendenza è importante promuovere la conoscenza di alcune specie di pesce dimenticato come acciuga, sardina, muggine, palamita, pesce sciabola, potassolo, razza,  sugarello, leccia stellata, tombarello, torpedine, lampuga....ma anche cefalopodi come totani e moscardini bianchi...... e riscoprire o rivisitare ricette tipiche della nostra tradizione culinaria di cui queste specie sono protagoniste.

Va anche detto però che la definizione di pesce dimenticato è ampia e variabile, perché alcune specie sono considerate "dimenticate" in alcune regioni e in altre invece sono  ben note e ben sfruttate come per esempio la palamita, che  in Toscana è molto utilizzata e altrove è poco conosciuta, stessa cosa dicasi per il pesce sciabola, comune in Sicilia e Calabria e scarsamente presente invece in altre regioni costiere come Liguria e Toscana.

Risultato immagine per poverimabelliebuoni pesce sciabola

A proposito di Pesce Sciabola, o Spatola, proprio quest'ultimo però sembra stia vivendo un momento di discreta auge, grazie probabilmente alle politiche di sensibilizzazione degli anni passati. Oppure "per colpa di Poverimabelliebuoni" come mi sono sentita dire in pescheria qualche settimana fa quando mi sono stupita del prezzo dello sciabola lievitato a € 13,5/kg quando lo ricordavo a 6-7!!! Mi hanno detto che lo chiedono in tanti, è diventato di moda. Ma bene!!!!

Tornando alle attività del progetto Il Pesce Dimenticato, ricordo che fra i  tanti pesci che ero stata invitata a provare, c'era anche la Mostella o Musdea, di cui avevo letto o sentito parlare ma che non avevo proprio mai visto sui banchi dei pesci.
Come al solito incominciai a tartassare di richieste la mia pescheria di fiducia ma pare che queste Mostelle siano difficili da reperire anche perché ce ne sono poche e i pescatori se le tengono per sé, mica stupidi :-)
Ho capito perché quando finalmente l'ho trovata e l'ho assaggiata.
Brutta a vedersi, non invita proprio, ma sono abituata a pesciacci poveri, brutti ma buoni.
Inutile dire che è un pesce del nostro mare, vive sia in fondali fangosi che intorno agli scogli, quest'ultime sono le più pregiate. Il prezzo varia a seconda del mercato ma in confronto ad altri pesce più blasonati, costa mediamente un terzo, da € 6-7, quelle di fondale a 10-12/kg quelle di scoglio!! Capponi/Scorfani e gallinelle, intorno ai 30 €!!
Le sue polpe sono squisite, niente da invidiare ad un pesce cappone o a una gallinella; perfetta quindi per un umido, lessata o al vapore.
Ho optato per l'acqua pazza, cotta cioè nella pescera con aglio, olio extra vergine d'oliva,  pomodorini, capperi, acqua di mare e acqua naturale (proporzione 3:1), prezzemolo, niente sale perché avevo già l'acqua pazza, cioè quella di mare (biologicamente pura, si trova in commercio, non si va col secchiello al mare!!!)


Mostella di fondale quella più grande e chiara, mostella di scoglio quella in primo piano, più piccola
Non le ho fotografate da cotte, non è un grande spettacolo a vedersi! Ma è un pesce veramente squisito, da intenditori! Provare per credere, se le trovate....anzi io romperei le scatole alle pescherie per farmele procurare!

lunedì 18 luglio 2016

PERCHE' IL PESCE AZZURRO E' AZZURRO?

Foto dal web

Vi siete mai chiesti perché il pesce azzurro è azzurro? Bella domanda eh?
Qualunque testo relativo al  pesce azzurro  esordisce specificando che tale definizione non ha valore biologico o scientifico ma  identifica varie specie che si caratterizzano per una colorazione blu-azzurro sul dorso, bianco-argentea sul ventre, con caratteristiche organolettiche e peculiarità nutrizionali simili, di facile reperibilità e prezzo contenuto.
Pochi però spiegano il perché di questa colorazione.
Ma c'era un'altra domanda che mi assillava: da quando abbiamo iniziato ad utilizzare tale definizione?


Il motivo è semplice, la natura non lascia niente al caso: azzurri sono i pesci che vivono nella colonna d’acqua, cioè che non hanno mai rapporti con il fondo, né per nutrirsi né per riprodursi o nascondersi, con una colorazione del corpo che permette loro di mimetizzarsi e cioè fianchi e dorso azzurro-verde e pancia argentata. Questo perché se un predatore è posizionato in alto rispetto al pesce azzurro lo confonde con lo scuro del fondo del mare, mentre se il predatore è sotto, viene ingannato dall’argento che riproduce il riflesso della luce del sole. Inoltre i pesci azzurri hanno abitudini gregarie e vivono a profondità non elevate, dove cioè l’acqua è più azzurra.
Ma i pesci azzurri non sono semplicemente azzurri, la loro colorazione vira dal blu al verde, al viola così come il colore del mare.
Vincent Van Gogh, estasiato e ispirato dalla variopinta livrea di uno sgombro, ne paragonò i colori a quelli del Mediterraneo e lo dipinse anche a parole:
“Colore cangiante, non sai mai se sia verde o viola, non sai mai se sia azzurro, perché il secondo dopo il riflesso cangiante ha assunto una tinta rosa o grigia”



Sarde, sgombri, acciughe, palamita, leccia stellata e aguglia (quella che sembra un'anguilla con il becco affusolato)


Parliamo di ospiti abituali dei nostri mari, anche se alcuni non esclusivi, come acciughe, sardine, sgombri, ricciole, lecce, palamite e tonnetti: ala lunga, alletterato e biso o tombarello e specie meno note ma che ben conoscono le popolazioni rivierasche del Mediterraneo: aguglie, alose o cheppie, cicerelli, lampughe, alacce, spratti, sugarelli o suri, costardelle.
L’appartenenza alla categoria del tonno rosso è controversa perché ne avrebbe tutte le caratteristiche ma, dal momento che il pesce azzurro è sempre stato anche sinonimo di pesce di poco valore economico, il tonno è un pesce pregiato con un valore commerciale elevato, quindi è azzurro di nome e di diritto ma non di fatto.
Il pesce spada e il pesce sciabola si trovano spesso, erroneamente, annoverati fra gli azzurri ma il primo è un pelagico non gregario e il secondo, detto anche spatola, è un pesce di fondale. Anche da un punto di vista organolettico presentano caratteristiche diverse dai pesci azzurri.
L’uso di identificare questo gruppo di pesci come “azzurri” si è diffuso durante gli anni ’60 del secolo scorso, in seguito a una campagna ministeriale volta a promuoverne il consumo, sia per ragioni salutari e nutrizionali, sia perché, data la loro abbondanza nei nostri mari, si trattava di una fonte facilmente reperibile e poco costosa quindi potenzialmente destinata al largo consumo.
Ma la definizione sembra essere ancora più antica.
Nel 1661 il governo papalino impose le “leggi suntuarie” agli abitanti del ghetto romano, ovvero non consentiva loro di consumare cibi “lussuosi”: “in tutti i conviti si proibiscano tutte sorte de insalate suntuose, com’anco il pesce di qualunque sorte, eccettuato ch’alici e azzurro”.
Nel Codice della cucina livornese di Luciano Bezzini e Umberto Creatini, si legge, nel capitolo “L’uomo pescatore”, che lungo i litorali castagnetani: un genovese, Biagio Marcioni, introdusse nel 1763, per conto dei Gherardesca, un caldaione per tingere d’azzurro le reti da acciughe. In tali reti finivano anche sardine e altri piccoli pelagici. Il colore delle reti sembrerebbe dunque confermare la denominazione.

Acciughe o Alici

Molti azzurri, soprattutto di piccola taglia, venivano e vengono anche definiti “pesci poveri” o “dimenticati” perché snobbati dal mercato a favore di pesci più nobili. Eppure i pesci azzurri rappresentano una parte importante della storia e della cultura gastronomica italiana, che si sta riscoprendo, attraverso una sempre maggiore attenzione al recupero delle tradizioni regionali e a continue campagne di sensibilizzazione, volte alla diversificazione del consumo dei prodotti ittici, per favorire un più efficiente sfruttamento delle risorse marine con notevole riduzione del pesce scartato e ricadute positive sulla tutela della biodiversità marina.




SANI COME PESCI
Questa proverbiale espressione si addice in modo particolare ai pesci azzurri, alimenti ideali per una dieta sana garantita da un buon apporto proteico, poche calorie e proprietà protettive per l’organismo.
Le loro carni, ricche di acidi grassi polinsaturi, sono molto nutrienti e digeribili ma altamente deperibili se non consumati freschi. Questa è la principale ragione per cui questi pesci sono stati da sempre sottoposti a conservazione o sotto sale o sott’olio o sott’aceto (carpione, scapece o saor).
Le star di questi grassi sono gli omega3, derivanti dalle alghe e dal plancton di cui si nutrono i pesci azzurri; mantengono elastiche le membrane delle cellule, proteggono l’organismo da infarto, angina e arteriosclerosi riducendo l’accumulo di trigliceridi e colesterolo nel sangue; prevengono i tumori al pancreas e al colon; favoriscono un adeguato sviluppo del cervello e della retina in età fetale e nei primi anni di vita del bambino, infine combattono l’invecchiamento precoce, il diabete e la colite.
L’apporto proteico del pesce azzurro, inoltre, è paragonabile a quello delle carni bovine e superiore a quello dei pesci bianchi.
Notevole è il contenuto di sali minerali come calcio, fosforo, potassio, ferro, fluoro e zinco, vitamine A, B e D e costituiscono una preziosa riserva di iodio e selenio.
Per questi motivi, dietologi, nutrizionisti e igienisti invitano ad un consumo frequente e costante di pesce azzurro sin dall’infanzia, preferendo i pesci piccoli, che, rispetto ai grandi predatori, accumulano meno sostanze contaminanti come il mercurio.

DI COTTE E DI CRUDE
Attenzione al crudo! Il pesce azzurro, così come altri pesci, può essere contaminato da diversi microrganismi che provocano infezioni o intossicazioni se il pesce viene consumato crudo, ma il rischio maggiore si chiama Anisakis, un pericoloso parassita, purtroppo molto diffuso, che può causare seri danni al nostro organismo.
Una circolare del ministero della sanità del 1992, ancora in vigore, obbliga chi somministra pesce crudo al suo congelamento preventivo. Infatti l’anisakis e le sue larve muoiono dopo 96 h a -18° C, 60 h a -20° C, 12 h a –30° C, 9 h a -40° C oppure in seguito a cottura al raggiungimento di 60° C al cuore per almeno un minuto.
NB: le marinature con limone o aceto non debellano il parassita e il congelamento preventivo è necessario anche nei casi di scottature veloci in cui il cuore rimane crudo.
Per quanto riguarda le tecniche e i tempi di cottura, il pesce azzurro ha carni tenere e delicate, ed ha un alto contenuto di umidità che non bisogna disperdere con cotture spinte che renderebbero le carni stoppose e asciutte.
Per una cottura ottimale, l’ideale è l’utilizzo del termometro, da inserire nel cuore del pesce a contatto con la lisca: sarà pronto quando la temperatura raggiungerà i 65 °C . In caso di cotture affogate o brasate, meglio non far bollire il liquido ma mantenerlo a una temperatura dolce intorno agli 80°C.
Gli azzurri più grassi come sarde e sgombri si prestano bene a cotture alla griglia o al cartoccio, così come quelli di taglia più grande come palamite, tonnetti e ricciole, tagliati a tranci.
I più piccoli come acciughe e cicerelli danno il meglio di sé in frittura.
Da non dimenticare, come già detto sopra, gli usi conservieri di questi pesci: sotto sale, sott’olio, sott’aceto (carpione, scapece, saor).

FORSE NON TUTTI SANNO CHE
Anche le aringhe sono annoverate fra i pesci azzurri ma al contrario di molti azzurri che popolano sia il Mediterraneo che altri mari e oceani, l’aringa è prerogativa dell’Atlantico settentrionale e del Mare del Nord.
Sin dal Medioevo ha rappresentato una grande ricchezza commerciale ed era uno dei capisaldi dell’alimentazione delle popolazioni del Nord Europa.
Come altri prodotti nordici, quali baccalà e stoccafisso, sono approdate ai lidi mediterranei grazie ai fiorenti commerci marittimi, già nel 1600, e si sono radicate profondamente nella cucina popolare e tradizionale italiana, rappresentando insieme a legumi, polenta e patate, veri salvagente contro le carestie.


Il sugarello o suro è un pesce poco conosciuto e poco apprezzato in Italia. A Livorno, seppur città di mare, viene etichettato in modo dispregiativo come “un pesce da dare ai gatti” mentre per i raffinati gourmet giapponesi è un boccone ghiotto da sushi e sashimi.

Il
papalino (o spratto) deve il suo nome al fatto che un tempo veniva copiosamente pescato lungo le coste romagnole e marchigiane, appartenenti allo Stato della Chiesa, cioè “papali”.
L’
alosa o cheppia è un pesce pelagico che compie migrazioni riproduttive in acque interne, risalendo i fiumi per la deposizione e fecondazione delle uova. Un tempo, dall’Adriatico risalivano il Po fino a Torino!



Fonti: Pesce Azzurro, Arsenale Editore
Alan Davidson, Il Mare in Pentola, Pesci, crostacei e molluschi del Mediterraneo, Mondadori Editore
Il Codice della Cucina Livornese, Umberto Creatini e Luciano Bezzini, Aldo Santini, Enrico e Claudio Guagnini. Ediz. Consorzio Tirreno Promotour, 2002
D.ssa Silvia Gambaccini, biologa marina Lega Coop Toscana www.legacooptoscana.coop
Dott. Giacomo Marino, biologo marino Arpat-area vasta costa – settore mare www.arpat.toscana.it
www.lacucinaitaliana.it
cucina.corriere.it
www.ittiofauna.org
www.cibo360.it














venerdì 15 luglio 2016

FORTE VINTAGE, SUPER JAM SESSION CULINARIA E VINICOLA, MINERVA BEACH - FORTE DEI MARMI


Forte Vintage, 12 luglio 2016, Minerva Beach, Forte dei Marmi 

Forte Vintage o elogio della semplicità, sublimata, voluta  e goduta. Un caloroso omaggio alla tradizione culinaria fortemarmina  più verace, dall'intramontabile  fascino chic e disinvolto, in una sede, il Minerva Beach,  che ne è esemplare emblema.
Le premesse dell'esclusivo e brillante evento, illustrate nel mio precedente post, sono state più che rispettate.  I quattro chef protagonisti dell'imperdibile jam session culinaria, Gaio Giannelli,  Alessandro Filomena, Angelo Torcigliani, Andrea Madonia,  hanno interpretato il loro ruolo con grande professionalità e partecipazione, condite con verve,  simpatia, piacere della convivialità e dell'amichevole collaborazione, e hanno offerto una serata indimenticabile dall'atmosfera rilassata e gioiosa, in un contesto affascinante.




Un po' di backstage  in cucina prima del via. Innanzitutto la foto di gruppo dei "fantastici quattro"
 Alessandro, Angelo, Andrea e Gaio

Marco Bellentani, organizzatore e moderatore della serata, supervisiona le preparazioni in cucina.

Lavoro di squadra: tutti assieme appassionatamente ad aprire le cozze per l'antipasto  di Filomena, Gabriele Vannucci (con i singolari occhialoni verdi) pastry chef, amico e collaboratore di Angelo Torcigliani, Angelo, Alessandro e Andrea


Angelo Torcigliani prepara la sua sauce tomate à l'ancienne, spremendo cioè  i pelati con le mani, perché "non c'è attrezzo migliore delle proprie mani"

Gaio sforna le mitiche  "schiacciatine", sottili e croccanti. Ma ci regala anche delle goduriose sfogliatine farcite con  foie gras e nocciole mentre il barman inizia a deliziare gli ospiti con cocktail speciali elaborati con i liquori della linea Essentiae di  Bosoni di cui poi gusteremo anche i vini.


Questo era solo per ingannare l'attesa mentre gli ospiti arrivavano alla spicciolata,  poi si passa al vero aperitivo, nel "chiringuito" sulla spiaggia! Squisito prosciutto delle montagne apuane rigorosamente tagliato al coltello da Gaio, meraviglioso e fragrante pane scuro a lievitazione naturale e un raffinato e fresco Montellori brut pas dosé 100% chardonnay. Una partenza coerente, essenziale ed elegante, sublime semplicità, come volevasi dimostrare. 



Ci accomodiamo al tavolo, mio marito ed io, insieme a Diego Bosoni, azienda vinicola  Lunae con un suo simpatico amico, Evelina Nappini, in rappresentanza di  Fattoria Montellori e Paolo Petroni dell'Enoteca Vanni di Lucca, una piacevolissima compagnia estemporanea che devo abbandonare  spesso (ma li avevo avvisati  sin dall'inizio della cena scusandomi) causa missione foto. Dura vita da food blogger!

Il comparto vinicolo: Diego Bosoni ed Evelina Nappini - foto Simona Palumbo

In realtà, mi diverto un mondo ad intrufolarmi, come mia abitudine, in cucina, insieme a Simona Palumbo, a parlare con gli chef ed immortalare i preparativi. Le sue foto sono bellissime, lei è una professionista ed ha un occhio felice, coglie il cosiddetto attimo, è bravissima! E' riuscita a far mettere in posa anche mio marito, nel set preparato per immortalare tutti gli ospiti,  e ci ha regalato un ritratto da incorniciare.

E ancora, qualche ritratto vip di Simona Palumbo:  il primo cittadino di Forte dei Marmi Umberto Buratti con la gentile consorte


Fubi's family: Stefano Fubiani e la bella moglie Tiziana Antoni



Tocca a Filomena aprire le danze con le sue cozze ripiene ripiene, un classico versiliese, robusto, verace  e popolare,  che l'impeccabile chef del Franco Mare di Marina di Pietrasanta, propone in una personale e sorprendente rilettura.


Come ci spiega lo stesso autore, le cozze vengono aperte, farcite con macinato di manzo, parmigiano, pane, aglio e pepe,  richiuse, messe sotto vuoto e cotte a vapore anziché affogarle nella salsa di pomodoro come tradizione vuole. La salsa di pomodoro viene messa sul fondo del piatto insieme ad una seconda salsa  straordinaria realizzata con pane di grano arso a lievitazione naturale e acqua delle cozze. Sopra le salse vengono adagiate le cozze,  aperte e sgusciate solo al momento del servizio, in modo che mantengano tutti i loro preziosi umori e sprigionino  il loro caratteristico aroma.  Completa il piatto una spuma di pecorino soffice e intensa per un risultato complessivo potente eppure elegante. Parafrasando una celebre definizione di un grande rosso italiano: pugno di ferro in guanto di velluto.


Il profumato  e intenso Colli di Luni Vermentino Lunae, etichetta nera,  di Cantine Lunae, sposa con successo questo felice esordio del simpatico chef, che ho finalmente il piacere di conoscere e che scopro avere origini conterranee,  e mi riprometto di andare a trovare quanto prima perché galeotta fu la cozza!

Dopo l'antipasto, è la volta di Angelo Torcigliani, appassionato e virtuoso chef e titolare del Merlo di Camaiore che conosco e apprezzo ormai da qualche anno. Angelo si esibisce con il suo pentolo, direttamente sulla spiaggia mentre uno spicchio di luna fa capolino, e risotta le sue penne alla Maitò,  declinate in versione  delicatamente arrabbiata con una superba salsa di pomodoro, insaporita da un'infusione di olio extravergine d'oliva, succo d'aglio e peperoncini piccanti coltivati personalmente da Angelo e che tapezzano un'intera parete del  giardino del Merlo.  Succulenta semplicità abbracciata ancora dal vermentino lunigiano.



Gaio Giannelli, infaticabile patron, chef e anima del Pozzo di Bugia di Querceta, gaio di nome e di fatto, grande  gaudente e vero  deus ex machina della  sede diurna, ovvero il  Ristorante del Minerva Beach, nonché artefice di Forte Vintage con la collaborazione dell'amico Marco Bellentani, fa la sua apparizione sul green carpet della spiaggia con un classico e scenografico carrello da sala, la cui cupola argentata cela una succulenta e morbidissima vitella da latte cotta per ventiquattrore in forno a 50-60° C, affettata direttamente dal Giannelli, con tanti aiutanti tutt'intorno a leccarsi baffi e dita, e servita con immancabili e impeccabili patate arrosto e verdure al forno. Un piatto confortevole che più confortevole non si può. Magistrale semplicità e amarcord per Bruno Vietina, fondatore dello storico Maitò, dove Gaio muove i suoi primi passi nel mondo della ristorazione.


Anche il sindaco di Forte dei Marmi assiste e commenta il taglio in uno scambio di battute e commenti divertenti col capannello di gente che piano piano si raggruppa intorno al carrello della vitella.  Uno spettacolo nello spettacolo.



Dicatum 2007, corposo sangiovese 100% affinato per un anno in tonneaux da 500 litri, Fattoria Montellori, per la speciale vitella

E si conclude in bellezza con il più giovane del gruppo, Andrea Madonia, creativo e fantasioso chef di Fubi's, nicchia gastronomica viareggina creata dall'intraprendente Stefano Fubiani, fra gli ospiti della serata insieme alla splendida moglie. A Madonia è stato affidato l'arduo compito di reinterpretare un evergreen versiliese, mito della gelateria artigiana locale: il dessert Versilia un semifreddo in barattolo, a base di gelato alla crema e cioccolato con base di pan di spagna e liquore di cui esistono anche molte varianti e gusti.

Andrea  non snatura la composizione del dolce, rimescola ma rispetta gli ingredienti, gioca con la presentazione e ne propone due tipologie: una composta in una mezza sfera di cioccolato adagiata in equilibrio su un dischetto di pan di spagna e una versione a forma cilindrica, racchiusa da una pellicola di amarena a ricordare il barattolo stesso.

Sorpresa finale con una perla rara che Diego Bosoni offre con generosità : Refursà Cinque Terre Sciacchetrà 2009  (unica annata prodotta), avvolgente, morbido e intrigante con raffinate note di miele e cedro candito bilanciate dalla freschezza e sapidità del vermentino rivierasco.

Dei semplici biscotti casalinghi accompagnano lo Sciacchetrà e non vice versa. E il cerchio si chiude, la semplicità si sublima in un  piccolo gran finale di una serata orchestrata magistralmente e condotta con viscerale passione e grande divertimento da parte degli stessi autori per il piacere dei commensali, cullati, dimenticavo, anche dal piacevole e sobrio sottofondo musicale, giustamente vintage,  con la voce e chitarra di Corrado Cricco.

Abbandoniamo a malincuore l'allegra compagnia ma una volta tanto, non sono la prima a scappare, grazie alla presenza del consorte, superiamo abbondantemente la mezzanotte anche se ci aspetta un'ora d'auto per rientrare; prima però non scampiamo alla  foto di gruppo di rito con chef, sous-chef, vignaioli, ristoratori, amici e mariti, giornalisti e ...ops...una food blogger! Ancora un bello scatto opera di Simona Palumbo, La Fonderia.


Al prossimo Forte Vintage, direi, che ha tutte le carte in regola per diventare un vero appuntamento mondano  ma sobrio e verace nel migliore stile forte marmino, coerentemente semplice e sublime secondo il verbo di  Gaio Giannelli. Amen!

Grazie Gaio, Marco, Simona, Alessandro, Andrea, Angelo, Diego, Evelina  per la splendida serata e buona estate a tutti!





giovedì 7 luglio 2016

FORTE VINTAGE, MINERVA BEACH, 12 LUGLIO 2016 FORTE DEI MARMI


Forte Vintage ha avuto una lunga incubazione, frutto di uno scambio di idee e di confronti, a cui ho avuto il piacere di prendere parte nei suoi esordi, insieme a Gaio Giannelli, vulcanico chef imprenditore del Pozzo di Bugia di Querceta,  Marco Bellentani, giornalista, e sua moglie Simona Palumbo, fotografa e titolare dell'agenzia  La Fonderia.  Tra uno spicchio di pizza del Pozzo, una fetta di pata negra e una forchettata di penne alla Maitò, e successivi ripensamenti, alla  fine l'evento risulterà  totalmente diverso dall'idea iniziale ma promette di rivelarsi un grande happening, "semplice ma sublime", per dirla con Gaio Giannelli, nel più puro spirito culinario versiliese.

Perché Gaio è Gaio! Leggi qui

Dopo il primo incontro, ho avuto qualche difficoltà e mi sono persa un po' per strada, e poi, complice una vacanza, l'organizzazione è stata gestita totalmente da Marco, che però mi ha sempre gentilmente aggiornata passo dopo passo. Sono dunque onorata e grata sia a Gaio che a Marco di avermi voluta con loro per la serata.

Sarà un'imperdibile jam session culinaria e vinicola, in un contesto esclusivo e fascinoso come quello del Minerva Beach, il raffinato  stabilimento balneare del Grand Hotel Imperiale, 5 stelle, di Forte dei Marmi, che ospita un panoramico ristorante da spiaggia, sede diurna della cucina di  Gaio Giannelli.

I grandi piatti della tradizione versiliese verranno reinterpretati con ironia e fantasia da quattro rinomati  chef di zona, in un'occasione unica e speciale,  per amore della convivialità più pura, per amore del Forte e della sua fantastica riviera che da sempre rappresenta uno dei luoghi vacanzieri  più ambiti del panorama italiano e che nel tempo ha consolidato veri piatti simbolo di una ristorazione da mare e d'amare, fedeli alla tradizione più verace.

Come da consuetudine rivierasca, si inaugurerà il convivio  con un aperitivo in riva al mare appunto, con i vini che poi accompagneranno altri piatti del menu, dei produttori Montellori e Ca Lunae-Bosoni. 

Aprirà poi le danze, a tavola,  Alessandro Filomena, chef del ristorante di  Franco Mare, di Marina di Pietrasanta, con le sue cozze ripiene ripiene,  omaggio alla gustosa preparazione corposa e popolare della Costa Toscana. La formula di Filomena non è stata svelata, sarà una sorpresa sorpresa!
Per la sottoscritta sarà una tripla sorpresa perché lo chef di Franco Mare è l'unico dei magnifici quattro che ancora non conosco di persona e di cui non ho assaporato la cucina.



Seguirà un vero piatto cult della tradizione fortina, le penne alla Maitò, declinate da Angelo Torcigliani  del Merlo di Camaiore,  in versione Arrabbiata, per coniugare la tradizione locale e quella italiana. Il leggendario piatto del Maitò è  una gustosa pasta al pomodoro perfettamente mantecata con una generosa, anzi magnanima, dose di parmigiano reggiano e burro. Sublime semplicità come sopra! Angelo la cucinerà  nel suo scenografico pentolone, direttamente davanti ai commensali, offrendo  un vero e proprio cooking show, commentando e svelando ogni dettaglio della preparazione con l' abituale verve flemmatica eppure passionale  che lo contraddistingue e che ho avuto il piacere di ammirare in alcune occasioni.

Il Gaio's show avrà, invece, come protagonista uno dei piatti simbolo della Versilia, la vitella da latte di Bruno Vietina, il fondatore dello storico Maitò di Forte dei Marmi che aprì i battenti nel 1965.
Un omaggio di Gaio al suo primo maestro in cucina, perché è proprio al Maitò che il guascone del Pozzo muove i primi passi nella ristorazione. La vitella verrà cotta al forno con tutta la devozione che Gaio riserva alla materia prima che ama e che conosce profondamente; verrà infine raccontata e  sporzionata, davanti ai commensali,  e servita con patate arrosto e spinaci come nella migliore tradizione,  direttamente dal suo autore.


Sarà infine Andrea Madonia, giovane e creativo chef di Fubi's,  ristorante gourmet viareggino dell'ardito e simpatico Stefano Fubiani, a rivoluzionare un mito della gelateria locale, il Dessert Versilia, creato negli anni '60 da un intraprendente lattaio, Aurelio Angeli,  nel suo laboratorio, rinominato in seguito e tutt'ora esistente:   Gelateria Versilia a Bozzano, Massarosa. Un semifreddo in barattolo composto da pan di spagna, gelato, zabaione, cioccolato e bagnato con del liquore dolce, nella formula più classica, ma di cui esistono molteplici diverse aromatizzazioni. Il Dessert Versilia ha attraversato indisturbato ed inalterato tutto il boom economico, gli anni ruggenti, i decenni delle spider e delle attricette, delle ville al Forte e della Bussola. Passa dalla più semplice e modesta trattoria dell’entroterra Pietrasantino alla raffinata hall dei Ristoranti cinque stelle di Viareggio, accontenta famigliole di Montecatini con la seicento multipla e coppie trasgressive con la Maserati, si infila nei freezer dei campeggi di Torre del Lago e degli Alberghi extralusso di Forte (cit. http://www.versiliatoday.it/2016/05/01/dessert-versilia-dal-mito-alla-leggenda/)


Questo poker d'assi culinario non poteva che essere sublimato da un comparto enologico di prim'ordine che schiera una coppia d'assi eccellente come Fattoria Montellori e Ca Lunae - Bosoni.

La Fattoria Montellori è una storica azienda vitivinicola di Fucecchio (FI), rappresentata per la serata da Evelina Nappini, abbinerà all'aperitivo e all'antipasto "muscoloso" di Filomena il suo elegante spumante Pas Dosé 100% Chardonnay, ricavato da vigneti posti a 500 m e affinato  36 mesi sui lieviti.  Un altro vino di Montellori, il celebre Dicatum, frutto di sangiovese 100% affinato per un anno in  tonneaux da 500 l, sarà abbinato  alla vitella di  Gaio Giannelli.


Ca Lunae Bosoni, importante realtà vinicola di Ortonovo (SP), sarà rappresentata a Forte Vintage direttamente da Diego Bosoni,  deus ex machina dell'azienda  e vero artista del  Vermentino in Lunigiana. Proprio una nuova versione di Vermentino in purezza, Etichetta Nera, sottoposto a macerazione sulle bucce per 48 h prima della vinificazione,  accompagnerà le penne alla Maitò arrabbiate di Angelo Torcigliani.
Non ultimo, il Passito della cantina ligure sposerà il Dessert Versilia rivoluzionario di Madonia.


A conclusione della serata, si esagera e si continua con l'open bar al Minerva Beach, dove i barman proporranno speciali cocktail preparati con i vari liquori della linea creata da Bosoni, Essentiae.

E per chi non riuscirà ad uscire da Forte Vintage con le proprie gambe, ci sono i comodi lettini da spiaggia dove sdraiarsi a godersi il fresco della notte e se ci si addormenta sotto le stelle.....sogni d'oro!!!


Forte Vintage ha un costo (all inclusive) di 70 euro a persona. Per info e prenotazioni: 340 70107511 (Gaio Giannelli) o 3392381193 (Marco Bellentani)
Forte Vintage è un evento creato e sostenuto da Pozzo di Bugia, Costruzioni MEI, La Fonderia - Una scelta di campo, Ca Lunae-Bosoni, Fattoria Montellori, Fubi's, Franco Mare, Il Merlo.

Minerva Beach - Via arenile 41 - Forte dei Marmi

Tutte le foto sono state scattate da Simona Palumbo ©LA FONDERIA 
LaFonderia Facebook
Circuito La Fonderia - Una scelta di Campo: smlafonderia@gmail.com
©riproduzione riservata


Marco e Simona



venerdì 1 luglio 2016

ELOGIO DELLA ZUPPA DI PESCE



Dover scrivere un articolo sulla zuppa di pesce e non sapere che pesci pigliare è tutto dire per un blog che tratta solo di pesce!
Forse mi sono fatta prendere dall'ansia da prestazione. Ma penso capiti a tutti i colleghi food blogger soci Aifb, quando si apprestano a rivestire il ruolo di ambasciatore di un tema, un ingrediente o un piatto protagonisti delle giornate nazionali del Calendario del Cibo Italiano promosso dalla nostra associazione.
Ebbene oggi è toccato a me, in qualità di autrice di Poverimabelliebuoni, di rivestire questo ruolo per la giornata nazionale della zuppa di pesce.

E' stato uno stimolante esercizio di scrittura e di stile, di ricerca storica, di organizzazione, di rispetto dei vincoli  e delle esigenze editoriali, aspetti  per cui nel proprio blog si è totalmente liberi. Non è stato semplice ma mi sono divertita anche se l'ho sudato.  Spero dunque che il mio Elogio della zuppa di pesce vi piaccia. Buona lettura!

Ringrazio anche tutti gli altri blogger che hanno contribuito con le loro ricette ad offrire una panoramica delle principali zuppe di pesce italiane, sia di mare che d'acqua dolce:






Per onorare questa giornata, a dispetto della sontuosità della maggior parte delle zuppe di pesce, che ho elogiato nell'articolo, ho voluto proporre una zuppa poco conosciuta, la minestra di pesce livornese, che io adoro.
E' un piatto povero ma ricco di sapore, inutile sottolinearlo, come in origine lo erano tutte le zuppe, preparato  con quello che rimaneva invenduto,  pesci detti poveri perché non finivano sulle mense dei ricchi ed erano destinati alla povera gente, pesci per lo più piccoli e liscosi ma saporitissimi e perfetti per la zuppa.
La minestra di pesce è una ricetta tipica di Livorno e dintorni ma poco diffusa anche a casa propria, si trova  in pochi  locali veraci o ristoranti di pesce della costa che ripropongono antichi piatti locali.
Nelle pescherie viene venduto il  "misto per minestra di pesce", misto  che ovviamente varia a seconda del pescato e della stagione.
Le varietà che lo compongono sono principalmente : scorfani neri e rossi, gallinelline, tracine, boccacce, saraghetti e piccoli paraghi, pesci prete, nasellini, sbirri o carabinieri, tordi, boghe, piccole pescatrici....Solo pesci da lisca quindi, e bianchi, niente azzurri.

Misto minestra da leccarsi i baffi!

Piatto ricco, mi ci ficco! Quando trovo nel misto gli scorfani neri non resisto, perché gli scorfani, soprattutto quelli  neri, conferiscono un'intensità alla zuppa impareggiabile.

Si tratta di  una minestra passata, molto simile alla soupe de poisson francese che  imperversa lungo tutte le coste d'oltralpe, in particolare nel midi e ricorda anche il ciuppin ligure. A differenza della cugina francese che viene servita molto liquida, da ispessire con crostini di pane, rouille e groviera grattugiato e dal ciuppin, dove galleggiano anche tocchetti di pesci e si accompagna con pane tostato, nella minestra livornese, da servirsi né troppo liquida, né troppo spessa, vengono cotti degli spaghettini spezzati.
Personalmente la preferisco spessa e senza spaghetti ma con crostini di pane abbrustolito.
Se ho ospiti, per non far torto a nessuno, fermo restando che opto per i crostini, la servo  bella densa come piace a me e porto in tavola un bricchetto di brodo di pesce caldo così ognuno se l'allunga come desidera!

Per quest' occasione, sono rimasta fedele alla versione tradizionale:


MINESTRA DI PESCE LIVORNESE 

Ingredienti per 4-6 porzioni

1 kg  di piccoli pesci misti "da minestra" (scorfani rossi e neri, gallinelle, tracine, nasellini, boccacce, tordi, sbirri)
2 l d'acqua
200 g di pomodori freschi o 100 di passata di pomodoro casalinga
100-120 g di spaghettini o fette di pane casalingo toscano tostato a piacere
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
2 gambi di sedano
1 cipolla bionda media
2 spicchi d'aglio
1 foglia d'alloro
3-4 foglie di erba salvia
un ciuffo di prezzemolo
peperoncino media piccantezza  in polvere qb
olio extra vergine d'oliva igp Toscano qb

Squamare, eviscerare e lavare bene tutti i pesci. Mettere a rosolare, in un'ampia casseruola, un trito grossolano di sedano, carote, cipolle e aglio con la foglia d'alloro, la salvia e il prezzemolo con due o tre cucchiai d'olio e un goccio d'acqua, aggiungere i pesci interi, farli insaporire, unire il pomodoro, allungare con l'acqua e far cuocere dolcemente con il coperchio per circa 30 minuti allungando con altra acqua se necessario in modo da ottenere una zuppa brodosa.


Togliere qualche mestolo di brodo e mettere da parte. Eliminare l'alloro. Frullare brevemente con il frullatore ad immersione e infine passare nel passaverdura o al colino fine, aggiungendo del brodo per facilitare l'operazione e allungare la minestra secondo il proprio gusto.
Se si decide di cuocervi gli spaghetti si lascerà più brodosa, si aggiusta di sapidità e sapore dosando il concentrato di pomodoro, sale e pepe e un pizzico di peperoncino macinato, si riporta a bollore e si "calano" gli spaghettini spezzettati. Si serve finendo con un giro d'olio extra vergine d'oliva a crudo e ulteriore peperoncino a piacere.

Se si preferisce più cremosa, non si aggiunge ulteriore brodo quando si passa al colino, e anziché gli spaghetti si può servire con crostini di pane toscano tostato, per i palati forti anche agliato!