mercoledì 26 ottobre 2016

UNA PALAMITA A POIS PER IL MASTER MTC IL LATO B12 (ALTA CUCINA E SALUTE)


Per chi, al di fuori dell'Mtchallenge, si stesse chiedendo cosa sia un  Master Mtc, si tratta di  una nuova attività, una delle tante stimolanti, divertenti e istruttive  ideone della nostra infaticabile Alessandra (un'ex ragazza con delle idee....e che idee!!), collegate alla sfida più pazza del web in materia culinaria.
Un utilissimo approfondimento di un tema specifico, un lavoro di gruppo, e sottolineo di gruppo,  sostenuto e affiancato da tutors professionisti, esperti del settore ad esso collegato.

Il Master d'esordio, denominato BAKE OUT, nel puro stile emmeticino,  era legato alla manifestazione Sweety di Milano ed aveva come tema la naked cake. Sono uscite meraviglie che hanno sorpreso i giudici milanesi e tutti i presenti all'evento e che noi da casa abbiamo seguito virtualmente in un crescendo di emozione e di orgoglio di appartenere ad una community così speciale!

Per il secondo appuntamento, è mancato l'aggancio istituzionale, per cui era stato ideato il master, ma non per nostra indolenza o determinazione; infatti non ci siamo arresi, l'argomento era troppo importante: CIBO E SALUTE!
Cito il verbo vanpeltiano : E’ da quando e’ nata la Medicina che l’alimentazione ha avuto un ruolo primario nell’influenzare il benessere degli individui, con tutte le conseguenze del caso. Nei secoli, la sorte dei cibi e’ stata spesso legata anche alle valutazioni dei medici, con alterne vicende, bufale gigantesche comprese: la mia generazione e’ figlia di Braccio di Ferro che diventava fortissimo mangiando gli spinaci in lattina (una prece) o del pompelmo che fa dimagrire, tanto per citare gli esempi piu’ noti. Ma basta fare un giro sui social, oggi, per venir travolti da informazioni che dicono tutto e il contrario di tutto.

E allora noi dell'Mtc, che non si frigge con l'acqua siamo scrupolosi e seri (della serie...sotto il cazzeggio c'è di più!!),  abbiamo il dovere di approfondire e fare chiarezza e sfruttare tutti i talenti che abbiamo a disposizione. L'argomento specifico scelto è stata la vitamina B-12 da cui il titolo scherzoso del Master: IL LATO B-12 (ALTA CUCINA E SALUTE).
Nel gruppo eravamo in 17 + i 3 tutors e Alessandra, a scambiarci informazioni, idee, consigli, disegnini (sì abbiamo fatto anche gli schizzi della composizione dei piatti), battute, crisi isteriche, paranoie, incubi notturni etc...e qualche volta si andava oltre il gruppo, si passava alla chat privata, facendo nuove conoscenze o consolidandone altre. Una bellissima esperienza, utile e divertente!


Immagine  Web

A spiegarci tutto ciò che si deve sapere sulla B12 sono stati interpellati: il dottor Michael Meyers, oncologo di fama internazionale e la dott.ssa Arianna Mazzetta, biologa e nutrizionista, a cui vorrei esprimere la mia gratitudine per la disponibilità offerta, pazienza e spirito dimostrati e stima per la grande competenza!
Un sunto delle dispense che ci hanno appioppato gentilmente fornito:

La Vitamina B12 è un composto organico idrosolubile prodotto da microorganismi e necessario, in piccole quantità, agli animali e all'uomo.
Non è presente  dunque nei vegetali. Un mito molto comune tra i vegani è che si possa ottenere la vitamina B12 da fonti vegetali come alcune alghe, spirulina e lieviti. In realtà questi alimenti contengono una sorta di pseudo-vitamine B12, chiamate cobamide, che bloccano l'assorbimento della vera vitamina B12 e ne aumentano il bisogno.
Le fonti alimentari consuete di B12 sono la carne e i suoi derivati, il pesce, i crostacei, il pollame, le uova e in misura minore anche latte e latticini.
Tra gli alimenti più ricchi  troviamo il fegato, il rene, il cuore di agnello e di manzo, i bivalvi come le cozze e le ostriche (sifonano grandi quantità di microrganismi marini che sintetizzano la B12). Quantità moderatamente grandi  si trovano nel latte magro in polvere, in granchi, scorfani, sardine, salmone e nel tuorlo d’uovo. Quantità moderate si trovano nella carne (nel muscolo), aragosta, pesce spada, tonno, ma la ritroviamo anche nei formaggi fermentati come il Camembert e nella ricotta.

Il fabbisogno quotidiano di vitamina B12 è veramente modesto, ma comunque essenziale. La dose giornaliera richiesta per l'adulto è di circa 2 - 2,5 µg. Il fabbisogno aumenta leggermente durante la gravidanza e l'allattamento.
Funzioni principali della vitamina B12:  innanzitutto  partecipare al processo di formazione dei globuli rossi nel midollo osseo attraverso la regolazione della sintesi dell’emoglobina e la sintesi del DNA. Altra importante funzione è quella di agire sul metabolismo dell’omocisteina, un composto che  va mantenuta nell’organismo entro certi livelli poiché in eccesso può provocare problemi a livello dei vasi rendendo facile la deposizione del colesterolo nelle arterie e quindi aumentare il rischio cardiovascolare. La vitamina B12 risulta anche necessaria al metabolismo del sistema nervoso centrale in particolare alla costituzione dei manicotti di di mielina4 che avvolgono i nervi. Ha un  effetto rigenerante delle cellule che formano il cuoio capelluto, e soprattutto su quelle cellule che formano il bulbo pilifero, per cui è importante per mantenere i capelli forti e sani. Agisce anche sulle cellule che formano le unghie, promuovendone la rigenerazione, tanto che una carenza può provocare unghie fragili, secche e con linee biancastre sulla superficie che evidenziano una carenza vitaminica. Un altro effetto è sul mantenimento del benessere delle cellule cutanee, non è raro che alla mancanza di vitamina B12 si accompagni all’insorgenza di dermatiti.   La vitamina B12 ha un effetto di potenziamento sul sistema immunitario, in particolare sui globuli bianchi natural killer, cellule del sistema immunitario molto efficaci nella distruzione di batteri, virus e cellule tumorali. Infine, ha un effetto sulle patologie a carico delle ossa, specialmente sull’artrite perché spesso l’artrite si accompagna ad anemia e questa vitamina, insieme a ferro e acido folico, può aiutare a contrastarne i sintomi. 

La carenza di vitamina B12 può provocare una forma tipica di anemia, definita anemia megaloblastica, ma soprattutto alterazioni a carico del Sistema Nervoso Centrale, con depressione, disturbi delle memoria fino alla demenza, sofferenza del midollo spinale fino alla tetraparesi, e Periferico (neuropatie). Alcuni studi suggeriscono anche che la carenza di vitamina B12 e folato possa essere correlata con lo sviluppo dell’Alzheimer. 

La sua disponibilità dietetica: è chiaramente correlata al tipo di alimentazione e dalla capacità di assorbimento dell'organismo. Poiché la vitamina B12 non si trova in quantità affidabili nei cibi vegetali, a meno che non siano addizionati, essi non sono in grado di apportare all'organismo le quantità necessarie di questo nutriente quando la dieta si basi prevalentemente o esclusivamente su questi alimenti: pertanto tutti i vegani e molti latto-ovo-vegetariani possono sviluppare la carenza.  Alcuni farmaci, come gli antiacidi, possono causare carenza.
Nel momento in cui si instaurino una o più di queste condizioni, c'è tuttavia sufficiente tempo per mettere in atto le strategie in grado di prevenirla, intervenendo prima che la carenza si sviluppi. Il fegato può infatti accumulare nel corso della vita un quantitativo rilevante rispetto al fabbisogno quotidiano di vitamina B12 (circa 2-3 mg).  Le persone che seguono diete vegetariane con abolizione completa di carne, pesce, uova e latte devono assumere integratori contenenti vitamina B12 o alimenti addizionati arricchiti,  per evitare di sviluppare una ipovitaminosi. I bambini allattati da donne che seguono una dieta vegetariana stretta (es. dieta vegana) sono particolarmente a rischio di andare incontro a carenza di vitamina B12 entro pochi mesi dalla nascita con conseguenze severe sullo sviluppo fisico e neurologico.


NB: La B12 è molto solubile in acqua, resiste a ph 4-5 e resiste al calore fino a 120°C.

Ed eccoci arrivati al punto! Ai fini del Master, ci è stato richiesto di produrre un piatto salutare e attraente, con ingredienti che contenessero vitamina B12 in quantità sufficiente e soprattutto che venissero elaborati e cotti in modo tale da non disperderla o neutralizzarla completamente.

Inoltre, il lato estetico  è stato supervisionato da un altro tutor chiamato in causa per il Master: lo chef Sandro Sità, dell'Hotel Tarabella di Forte dei Marmi.  

E a giudicare le nostre proposte sarà Marco Visciola, chef del ristorante Marin di Eataly Genova! Come dicevo nella premessa, non si frigge mica con l'acqua all'Mtc!

Questa è la mia proposta:


UNA PALAMITA A POIS O....T'ATTAKI
ALLA PALAMITA!!
Tataki di palamita in marinata mediterranea, ricotta agrumata, maionese all'aglio nero, salsa alla barbabietola e peperoncino, salsa al peperone giallo e colatura di alici, valeriana e germogli di rapanelli
Ho optato per una semi-cottura di un pesce azzurro del nostro mare, la palamita, valido sostituto dell'iper sfruttato tonno, con una scottatura veloce, stile tataki giapponese, in cui il cuore rimane crudo come nella  cottura au bleu per il filetto di manzo,  pertanto, trattandosi di pesce, è necessario l' abbattimento onde scongiurare contaminazioni da anisakis. E la B12 è salva, come confermato dagli esperti che ci hanno seguito e consigliato!

La marinatura della palamita si ispira alle marinature orientali ma è stata mediterraneizzata con la colatura di alici al posto della salsa di soja ed altre erbe e odori tipici di casa nostra. Ho abbinato una crema di ricotta agrumata che si sposa bene col crudo di pesce, alcune salse  a base di verdure dal dolce al salto, aromatico e piccante, nelle quali ci si può divertire ad intingere i bocconcini di palamita e si trova freschezza e croccantezza con ciuffetti di valeriana e germogli di rapanelli, leggermente pungenti.




Ingredienti per 4 persone - piatto principale

Tataki
2  filetti da 200 g  di palamita,  privati della pelle* e spinati,  abbattuti  a – 18° C per 96 h
3 cucchiai di olio extravergine d'oliva varietà frantoio, fruttato intenso, non troppo amaro, piccante medio
3 cucchiai di colatura di alici di Cetara
2 cucchiai di miele di acacia o millefiori
1 limone non trattato
1 spicchio d’aglio
1 ciuffo di finocchietto selvatico
1 cucchiaio di semi di finocchietto selvatico
1 foglia di alloro 

* io li congelo con la pelle e tolgo la pelle quando  iniziano a scongelare ma sono sempre turgidi, così l'operazione è più facile


Quenelles di ricotta
250 g di ricotta vaccina
1 limone non trattato
1 cucchiaio di foglioline di timo al limone 


(finta) Maionese all’aglio nero
4-5 spicchi d’aglio nero
30 ml di latte parzialmente scremato
70-80 ml di olio extravergine d’oliva dal gusto delicato (nocellara, taggiasca)
sale qb 


Salsa di barbabietola e peperoncino
1 piccola barbabietola rossa (50-60 g) 

60-70 g di patata a pasta bianca
50-70 ml di latte parzialmente scremato
peperoncino jalapeno in polvere


Salsa di peperone giallo e colatura di alici
200 g di peperone giallo
1-2 cucchiaini di colatura di alici
2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva varietà Nocellara  (foglia e buccia di pomodoro, note acide)la punta di un cucchiaino di xantana in polvere

Per completare: insalata valeriana, germogli di rapanelli, sale marino integrale e pepe nero in grani, olio extravergine d'oliva varietà frantoio c.s.

Esecuzione:

Togliete dal freezer o dall’abbattitore i filetti di palamita e poneteli a decongelare in frigorifero.
Una volta decongelati, tamponateli con carta assorbente, disponeteli in una pirofila,  irrorateli con un’emulsione di olio, miele e colatura, aggiungete l’aglio tagliato a fettine, le scorze di mezzo limone, i ciuffi e i semi di finocchietto e la foglia di alloro spezzettata.  Lasciate marinare in frigorifero per 5-6 h coperto da pellicola.

Preparate le salse. Sbucciate l’aglio nero, schiacciatelo con la forchetta, mettetelo nel bicchiere di un frullatore, aggiungete il latte appena intiepidito  e iniziate a montare con il frullatore ad immersione come una normale maionese, versando a filo l'olio fino a che si formerà un'emulsione spumosa e consistente.

Cuocete in forno a 180° C la barbabietola con la buccia fino a quando sarà ben appassita, quasi bruciacchiata (il tempo varia a seconda delle dimensioni, per una barbabietola piccola ci vorranno almeno 30-35 minuti). Il gusto, rispetto a quelle lessate, è più concentrato e dolce con note quasi caramellate.

Lavate la patata, senza asciugarla, bucherellatela, cuocetela  nel microonde, a potenza massima per 4-5 minuti, girandola a metà cottura. Sbucciatela e schiacciatela nel passapatate. 

Sbucciate la barbabietola, tagliatela a tocchetti e frullatela. 

Unite il latte alla purea di patata, mescolando bene in modo da creare una salsa cremosa ma fluida, coloratela con un cucchiaino di polpa di barbabietola o quanto basta  ad ottenere un bel rosa violaceo acceso. Insaporite con un pizzico di sale e un tocco di peperoncino, dosandolo in modo che risulti una piccantezza delicata. Passate la salsa attraverso un colino fine.

Lavate e mondate il peperone, tagliatelo a tocchetti e cuocetelo al vapore. Frullatelo con la puntina di xantana (che addensa e lucida la salsa ed evita le antiestetiche colature nel piatto), conditelo con l'olio e la colatura d'alici. Passate la salsa attraverso un colino fine.


Mettete le salse in singoli biberon da cucina o sacchetti da pasticceria, conservatele in frigorifero, se preparate con largo anticipo ma utilizzatele a temperatura ambiente.

Passate la ricotta al setaccio, mescolatela  con un poco di succo e la scorza del limone grattugiata finemente e le foglioline di timo al limone.

Mondate e lavate la valeriana e  i germogli di  rapanelli, condite con olio, sale marino integrale e pepe nero macinati al momento.

Togliete i filetti di palamita dalla marinata senza scolarli troppo, eliminate tutti gli odori, tagliateli a tocchetti da 25 g circa ciascuno,  il più possibile regolari. Dovrete ottenere 6 pezzi per filetto = 12 in totale, 3  pezzi a porzione. La quantità indicata considera gli scarti perché lo spessore dei filetti non è uniforme (con gli scarti si può sempre fare una tartarina o un ragù per condire una pasta).

Scaldate su fuoco vivo una padella antiaderente, rosolatevi  i tocchetti di palamita  15-20” per lato o il tempo necessario alla formazione di un bordo bianco lungo il lato in cottura e una crosticina dorata esterna,  mentre l’interno  deve rimanere rosa, praticamente crudo. Il riferimento è il punto di cottura "au bleu" per la carne, cioè 40° C al cuore, per la palamita basteranno 30-35°C.


Prima di cuocere la palamita,  studiate la composizione  a forma semicircolare e iniziate a predisporre nel piatto tutti gli ingredienti, tranne la palamita che andrà per ultima:  segnate con dei puntini di una delle salse la posizione dei tre cubetti di palamita, create altrettante quenelles di ricotta con un cucchiaino da tè, posizionatele fra gli spazi destinati ai cubetti di palamita, guarnite con punti di varie dimensioni delle tre salse, alternando i diversi colori, completate con le foglie/germogli e rapanelli. Cuocete i tocchetti di palamita, come descritto,  e posizionateli negli spazi vuoti accanto alle quenelles di ricotta.
E se anche l'effetto visivo non è perfetto*, gustate e divertitevi!

* i tocchi di palamita forse sono troppo grandi per il piatto e c'è un ciuffetto di insalata disallineato ma la perfezione è disumana, no?

Un ringraziamento sincero a tutti i miei compagni di avventura per lo splendido spirito cameratesco che si è instaurato durante i lavori, è stato come tornare ai tempi della scuola, quando si facevano i compiti a casa insieme alle amiche o si studiava per il compito in classe, e quando arrivava il giorno fatidico e si superava la prova, era una vittoria collettiva!!












lunedì 24 ottobre 2016

PICI DI GRANO SARACENO CON SARDE, CAVOLFIORE E NOCI


Eubiochef è un contest che ha lo scopo di sensibilizzare le persone ad una cucina salutare. Fare attenzione a cosa e come si mangia è la prima prevenzione.  È importante però non solo mangiare in modo sano, ma anche gratificare gli occhi e il palato, per questo ANT e Vetrina Toscana invitano chef, food blogger e semplici appassionati a mandare le loro ricette “eubiotiche” (dal greco eu-biotikós: che assicura il ben vivere).

In un periodo in cui l’attenzione al cibo è di gran moda, l’evento chiama a raccolta tutte le persone appassionate di cucina ponendo l’accento sul  tema della prevenzione primaria per promuovere un corretto stile di vita, ingrediente fondamentale per il benessere psicofisico.

Quest’anno la salute sposa la Toscana, oltre alla qualità e stagionalità delle materie prime, le corrette tecniche di preparazione e cottura degli alimenti, le proprietà benefiche degli ingredienti utilizzati, le ricette dovranno essere legate al territorio toscano, per storia personale, tradizione e materie prime.

Il piatto che ho preparato per il contest:

PICI DI GRANO SARACENO CON SARDE, CAVOLFIORI E NOCI


Ho pensato di onorare la tradizione della Toscana, la mia regione d'adozione, con i pici, preparati con il  grano saraceno che richiama invece le mie origini lombarde, in chiaro riferimento ai pizzoccheri valtellinesi   dove, nel condimento, compare la verza che io ho sostituito con il cavolfiore perché col cavolfiore avrei potuto fare una sorta di crumble, sbriciolando le cimette, che ricorda la "muddica" della sicilianissima pasta con le sarde, che è l’altra fonte di ispirazione: un viaggio da nord a sud, passando per la Toscana!


Come tutta la famiglia dei cavoli, il cavolfiore è perfetto per affrontare l'inverno e contrastare i mali di stagione, grazie al suo alto contenuto di vitamine e sali minerali che rafforzano le difese immunitarie, specialmente se consumato crudo o cotto molto al dente. Il grano saraceno integrale, impropriamente chiamato "grano" ma non è una graminacea anche se trattata come tale, presenta tutte le caratteristiche benefiche degli alimenti ad alto contenuto di fibre e dona una ruvidezza ai pici, ideale per il condimento che avevo concepito, cremoso e rustico con noci e sarde.
Le sarde appartengono alla famiglia del pesce azzurro che possiede eccellenti proprietà nutrizionali ed è considerato fra i più preziosi alimenti salutari. Ricco dei ben noti acidi grassi  omega3, che contrastano l'ipercolesterolemia sanguigna e prevengono malattie cardiovascolari, fornisce inoltre buone proteine e sali minerali come fosforo e calcio e, le sarde in particolare,   vitamine D e B12. Inoltre,  le sarde come le acciughe, essendo di taglia piccola, non presentano il rischio di assorbimento di mercurio come invece i pesci più grossi.
Le noci  rappresentano utilissime fonti di proteine ad alto valore biologico, Omega3 e vitamine del gruppo B nonché minerali quali  potassio, ferro e calcio, contrastano il rischio neurovegetativo; fanno bene al cervello, in altre parole, e la forma dei gherigli ricorda proprio il cervello umano. Le meraviglie della natura!


Le sarde vanno a braccetto con il finocchietto selvatico come da migliore tradizione siciliana. Ho usato semi e foglie. Le proprietà che spiccano maggiormente sono quella stimolante e digestiva ma il finocchietto ha anche proprietà antispasmodiche e carminative (favorisce cioè l’espulsione dei gas intestinali). Inoltre, di recente è stata scoperta anche la sua proprietà antisettica.
In cucina è utilizzato per il suo aroma inconfondibile.
Per quanto riguarda i condimenti, da sempre l’aglio è uno dei vegetali più utilizzati nelle pratiche popolari per il trattamento di un gran numero di patologie, tanto da elevarlo quasi al livello di trattamento taumaturgico per malattie cardiovascolari, ipertensione, certe forme di cancro, parassitosi, infezioni e vari malanni assortiti. Senza scendere nel dettaglio, le sue proprietà curative sono  in parte confermate dalla ricerca scientifica.
Il peperoncino è una vera bacca della salute le cui proprietà sono note sin dai tempi antichi. Il peperoncino, le cui virtù sono dovute principalmente alla capsaicina,  ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumorale. Inoltre, si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, sinusite e bronchite e nel favorire la digestione. Viene inoltre utilizzato come antidolorifico ad uso topico, in creme, gel o oli.
Ultimo ma non d'importanza, le proprietà nutrizionali e le caratteristiche benefiche dell'olio extravergine d'oliva per il nostro organismo sono ben note,  soprattutto grazie al suo alto contenuto di acido oleico, polifenoli e betacarotene, per citare i più importanti fattori che ne fanno un grande prodotto antiossidante, anticolesterolo e di prevenzione delle malattie cardiovascolari.






Ingredienti per 4 persone

120 g di farina 00
120 g di farina di grano saraceno integrale
120 g di semola di grano duro
4 cucchiai d'olio extravergine d'oliva Igp Toscano
200-300  ml d'acqua (quantità variabile a seconda dell'assorbimento delle farine utilizzate)

300 g di sarde fresche (peso lordo) del Mar Tirreno
200 g di cavolfiori
1/2 spicchio d'aglio
30 g di gherigli di noci
2 cucchiai di pecorino dop Toscano grattugiato
1 cucchiaino di colatura di alici di Cetara
olio extravergine d'oliva Igp Toscano
brodo vegetale qb
qualche ciuffo e semi di finocchietto selvatico
peperoncino in polvere



Setacciare le farine insieme, formare una fontana su una spianatoia, aggiungere nel centro l'olio, un po' d'acqua e iniziare ad amalgamare con una forchetta, partendo dal centro. Man mano che l'impasto prende consistenze, aggiungere acqua e continuare a lavorare con le mani. Impastare per circa 10 minuti fino a che l'impasto risulterà compatto, liscio ed elastico. Formare una palla, coprirla con pellicola e lasciare riposare, a temperatura ambiente, per almeno mezz'ora.
Riprendere la pasta, stenderla un poco, tagliare delle striscioline di ca 1 cm di spessore e iniziare a tirare i pici sulla spianatoia facendoli roteare e allungando con le dita fino alla dimensione di un bucatino. Cospargerli con semola e tenere da parte.


Togliere alcune cimette ai cavolfiori e ridurle in briciole grossolane. Cuocere al vapore il restante cavolfiore e poi frullarlo a crema. 
Tritare finemente le noci, lasciandone qualcuna a pezzetti.
Pulire, squamare e sfilettare le sarde, tagliarne alcune a tocchetti, lasciarne alcune intere, con la codina, come decorazione finale.
Stufare a fuoco dolce l'aglio spremuto nello spremi-aglio, con un poco d'olio e d'acqua, rilascerà tutto il suo aroma senza soffritti violenti che lo rendono acuto e indigesto. Aggiungere qualche cucchiaiata di crema di cavolfiore, le noci tritate e a pezzetti, i semi di finocchio e diluire con un po' di brodo vegetale e far insaporire per qualche minuto. Unire infine le sarde a tocchetti, regolare di sale. Spegnere subito il fuoco.
Tostare brevemente in una padellina antiaderente le briciole di cavolfiore irrorate con un filino d'olio e la colatura di alici. Devono dorare appena e rimanere croccanti.
Cuocere i pici 4-5 minuti in abbondante acqua salata. Scolarli, passarli nel sughetto di sarde, cavolfiori e noci allungando ancora con brodo, unire anche il pecorino grattugiato, mantecare bene per qualche minuto, in modo che le sarde finiscano di cuocere, senza asciugare troppo la crema che si forma.
Contemporaneamente nella padellina della "muddica" di cavolfiore, tostare per 20-30 secondi i filetti di sarde interi dalla parte della polpa.

Posizionare un generoso mucchietto di pici con la loro crema e i tocchetti di sarde nel piatto, cospargere con ciuffetti di finocchietto fresco, la "muddica" di cavolfiore e colatura e infine guarnire con altri tocchetti di sarde e un filetto intero. Finire con un giro d'olio a crudo e una spolverata di peperoncino.






sabato 22 ottobre 2016

CASTAGNACCIO SALATO ALLE ACCIUGHE E PISTACCHI


Un castagnaccio decisamente insolito questo che dedico alla giornata nazionale del Castagnaccio secondo il Calendario del Cibo Italiano Aifb, di cui è splendida interprete Alice Del Re, del blog Pane Libri e Nuvole, nell'ambito della settimana della Castagna, a cura di Silvia Leoncini del blog La Masca in cucina

Rimando all'articolo di Silvia sul sito Aifb per scoprire tutto sulle castagne.
Mentre l'articolo di  Alice ci spiega ogni dettaglio storico, culturale e tecnico sul castagnaccio, una "torta" a base di farina di castagne,  che accomuna molte regioni italiane e che presenta varianti sia nella preparazione che nella declinazione del nome, vedi pattona, migliaccio e torta di neccio, per citarne alcune, a seconda dei luoghi d'origine ovvero le zone appenniniche o pedemontane di Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana e Calabria.

Per questa variante salata, ho preso spunto  da un esperimento affrontato qualche anno fa, riuscito ed apprezzato, seguendo una ricetta contenuta in un bellissimo libro con cui avevamo inaugurato l'attività Starbooks, di cui avevamo un unico esemplare che ci dividevamo: La farina di castagne della Val Bisenzio, Claudio Martini Editore.
Libro che poi  in seguito ho ricevuto come premio, graditissimo,  insieme ad un secondo libro, dello stesso editore, sui  Biscotti di Prato, per il contest dedicato a questi ultimi.

Il primo esperimento : QUADRUCCI DI CASTAGNATO SALATO prevedeva cipolle, salsiccia, pistacchi al posto dei pinoli, tabasco e cannella. Un connubio di sapori gustosissimi per un risultato decisamente insolito.
Per quest'occasione, ho  pensato di sostituire la salsiccia con le acciughe salate per la nota sapida, ho mantenuto cipolle e pistacchi, eliminato la cannella che non lega con le acciughe (con la salsiccia sì perché ha una parte grassa e dolce importante che alle acciughe manca), per contro ho aggiunto le uvette e ho sostituito il tabasco con un peperoncino Jalapeño in fiocchi di un'azienda amica.  Quindi, secondo esperimento di castagnaccio salato riuscito direi!


Ingredienti per 18 pezzi 4,5x4 cm- teglia cm 14x24

80 g di farina di castagne dell'Amiata
120 ml acqua
1/2 uovo
100 g di cipolle rosse
20 g di pistacchi spellati, non salati
20 g di uvetta sultanina
2-3 acciughe intere sotto sale
1/2 cucchiaino di peperoncino Jalapeño in fiocchi
1 foglia di alloro
1 rametto di rosmarino
olio extravergine d'oliva qb
sale

Affettare le cipolle finemente, metterle in una casseruola con due cucchiai d'olio  e uno d'acqua e l'alloro,  farle stufare a fuoco medio. Farle asciugare bene, regolare con un pizzico di sale e lasciarle raffreddare. Togliere la foglia di alloro.
Nel frattempo sfilettare e dissalare, sciacquando ripetutamente sotto acqua corrente, le acciughe e spezzettarle.  Spezzettare i pistacchi.
Amalgamare in una ciotola la farina di castagne, precedentemente setacciata,  con il peperoncino,  l'acqua, l'uovo, un cucchiaio d'olio  e  un pizzico di sale. Versare l'impasto in una teglia bassa, antiaderente (di ca. cam 25x18) abbondantemente oleata.
Distribuire sopra all'impasto le cipolle, i pistacchi, i tocchetti d'acciughe,  a cuocere in forno a 180 ° C 20-25 minuti. 
Lasciar intiepidire   il castagnaccio prima di sformarlo, cospargere con ciuffi di rosmarino fresco, tagliarlo a quadrotti 4x4 cm e servire tiepido.



Sembra un quadro astratto vero? Tra un cretto di Burri e un informale di De Kooning!


venerdì 21 ottobre 2016

TAPAS LA VUELTA A ESPANA DALL'ATLANTICO AL MEDITERRANEO



Si fa presto a dire Tapas!  Tapas è un termine spagnolo generico che raggruppa diverse tipologie di piccole porzioni di cibo da consumare seduti o  in piedi, con fiumi di birra, vino o sangria, andando da un posto  all'altro, ridendo e scherzando e ballando e, soprattutto, tirando tardi,  in quel modo tutto spagnolo detto appunto "ir de tapeo". 
Per la precisione però, le  Tapas, propriamente dette,  sono piccole porzioni di un piatto intero (infatti nei menu si legge: raciòn o tapa, cioè piatto intero o piccolo) che si mangiano seduti, in un piattino, con le posate. Sia tradizionalmente che ai  fini della nostra gara non devono essere finger food concepiti come tali ma devono essere veri mini-piatti. Es.: un pezzetto di tortilla e’ una tapa, un mestolo di zuppa e’ una tapa, un biscotto salato non lo e’.
Nell'ampia categoria delle tapas compaiono i  Pinchos (da non confondere con i Pintxos baschi), che  sono invece finger food che si infilzano con uno stuzzicadenti- di ogni foggia e misura-  e si mangiano in piedi, al bancone del bar. Quindi, a differenza delle Tapas, i Pinchos nascono per essere mangiati in un solo boccone, con piena fantasia nella scelta degli ingredienti. L’unico limite e’ la consistenza, visto che lo stuzzicadenti e’ essenziale (altrimenti i baristi non sanno fare i conti, visto che al posto del blocchetto delle ordinazioni ci sono gli stuzzicadenti vuoti)
Infine ci sono i  Montadito,  fettine di pane o panini mignon su cui viene assemblato ogni ben di Dio, a seconda della fantasia di chi li prepara. Essenziale, quindi, è il pane o simili. (vedi articolo  Mtc60)  

Troppo facile eh? non sia mai detto! All'Mtc ci si deve complicare un po' la vita, altrimenti che gusto c'è? Bisogna creare una tapa, un pincho e un montadito che abbiano lo stesso comun denominatore, cioè un legame fra loro, ispirato a qualsiasi cosa ci passi per la mente, l'importante è che abbia senso e che venga ben collegato ed espresso poi nelle preparazioni. E qui scatta la febbre da Mtc, soprattutto se bisogna onorare la più pazza delle emmeticine, la mitica Mai, una che ti vince la sfida sugli gnocchi con le "gnoccozze", gnocchi neri a cui ha dato la caratteristica forma dei mitili tanto amati dal marito.
Come fai a competere in originalità e simpatia? Allora vai sul sicuro, su quello che conosci, sul filo dei ricordi, ricordi di viaggio, dei viaggi in Spagna, per la precisione, che ho girato abbastanza in lungo e in largo ma i luoghi che mi hanno affascinato maggiormente sono stati  la Galizia, il Cantabrico e i Paesi Baschi e l'Empordà in Catalunya, la terra di Mai. (Mi mancano tante zone comunque, per esempio l'Estremadura e i Pirenei che mi attraggono moltissimo)
Ecco allora, dopo gli gnocchi Giro d'Italia, per la sfida precedente,  la Vuelta a España! Un giro di Spagna cultural gastronomico dall'Atlantico al Mediterraneo, dove la principale fonte di ispirazione è il mare, declinato secondo le eccellenze culinarie dei luoghi coinvolti.  Per puro caso, inoltre, ho scoperto che la Vuelta 2016 ha toccato proprio le mie tappe!!



Protagoniste dunque alcune regioni iberiche estreme e di confine, connotate da carattere fiero e ribelle:  la Galizia col suo pulpo galego nella mia variante con  le patate ridotte in purea, aromatizzata al limone e il pimentón (paprica affumicata) di Murcia per le tapas - San Sebastian, Paesi Baschi con un montadito di pane al nero di seppia, ispirato al  bacalao al pil pil, specialità basca,  con cui ho farcito i  pimientos de piquillo di Lodosa, Navarra;  infine, per i pinchos, le acciughe de L'Escala, Catalunya, scoperte proprio grazie alle raccomandazioni di Mai, interpellata prima del viaggio, perché non ci sono solo le acciughe del Cantabrico! Co-protagonista: il  chorizo de Bellota (il mio d' Extremadura).


TAPAS INFINITO GALEGO
(sperando che Leopardi non mi fulmini)

Sempre caro mi fu quest'ermo scoglio
e questa gente, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma vendendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste onde, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il tapear m'è dolce in questo mare

In principio fu il polpo, il polpo alla galega (secondo l'idioma galiziano e non gallega che è castigliano, cioè spagnolo corrente), di cui sono ghiotta.
E' stato il primo pensiero associato alle tapas e da lì ho sviluppato tutto il resto.
La Galizia mi è rimasta nel cuore  per i suoi bellissimi paesaggi, le baie, le spiagge sconfinate  e le straordinarie scogliere, le architetture tipiche delle case cittadine con i balconi chiusi e riccamente intarsiati per proteggersi dai forti venti atlantici, per la sua  gastronomia ricchissima e un vino eccellente, considerato il miglior bianco di Spagna: l'albariño,  ma  anche per i  piacevoli ricordi  di situazioni rocambolesche che si sono succedute durante il viaggio, che potevano volgere al drammatico, risoltesi invece brillantemente, e pertanto maggiormente gustate.
Come quando, sbadatamente, giungemmo  a Sanxenxo, affollata località balneare dal nome quasi impronunciabile, esattamente nel weekend di ferragosto alle h 18, senza prenotazione alberghiera naturalmente, dopo una lunga e faticosa giornata di viaggio,  e quando ci presentammo  all'ufficio del turismo, ci scoppiarono  a ridere in faccia!! Ci dettero una lista di possibili alberghi disponibili e buona fortuna!
Dopo quasi due ore di giri a vuoto, rassegnati a dormire in macchina, notammo un'insegna verso le colline: Hotel Seixalvo, 2 stelle. Incominciammo a  ridere, Sei salvo a San sexo, e ci dirigemmo verso l'hotel, sperando che fosse la volta buona.
All'Hotel Seixalvo, un modesto ma dignitoso hotellino in collina con vista sulla baia,  eravamo veramente SALVI! Accolti da un signore simpaticissimo e ciarliero che ci mostra "l'instalacion" e ci ubriaca di informazioni, regole e orari. Inoltre dopo aver preso i documenti ci chiamava per nome di battesimo  "Patrissio" e Maria Cristina (io il Maria me lo ricordo solo quando devo firmare qualche documento ufficiale!).
La mattina a colazione era come essere in un collegio o in una caserma militare, nessuno fiatava, odore di disinfettante ovunque, servizio spartano con marmellate,  fette biscottate e  brioches contate ma ci siamo divertiti un sacco, ci siamo rimasti due notti, si conversava persino con la nonna che stazionava fissa con la sua sedia nel bel mezzo dell'ingresso dell'hotel, lei  parlava solo galego  e noi italiano, ci si intendeva che era una meraviglia! Un luogo mitico, l'abbiamo rammentato per anni!

Ingredienti per 8-10 tapas

1 polpo da 800 g
400 g di  patate gialle
1 limone non trattato
2 spicchi d'aglio
100 ml d'olio extra vergine d'oliva
acqua, sale qb
pimentón  (paprica affumicata) + paprica dolce qb
qualche rametto di rosmarino

Io cuocio il polpo nella pentola pressione con un dito d'acqua soltanto. 20 minuti dal fischio ed è pronto. Lo lascio raffreddare nella sua acqua, assaggio e di solito è sapido al punto giusto, non è necessario aggiungere sale. Non lo privo delle ventose, né lo spello completamente, lo si priverebbe di tanto gusto, tolgo solo un po' di pelle collosa alla congiunzione dei tentacoli con la testa.
Nel frattempo,  sbuccio e taglio a fettine l'aglio, lo metto nell'olio, porto a 50° C per pochi minuti e poi lo lascio raffreddare e insaporire per ventiquattr'ore, aggiungendo eventualmente un piccolo rametto di rosmarino.
Lavo ma non asciugo le patate, le bucherello e le cuocio senz'acqua, in microonde, potenza massima 6-8 min. a seconda delle dimensioni, girandole a metà cottura.
Le sbuccio calde, le passo nello schiacciapatate e poi le metto in un pentolino, diluisco con un po' d'acqua calda, condisco con olio, una generosa grattugiata di scorza di limone, regolo con poco sale.
Metto un paio di cucchiaiate di puré caldo in una ciotolina mono porzione, ci accomodo sopra alcune fettine di polpo ancora caldo, condisco con l'olio all'aglio, cospargo con un mix di paprica dolce e affumicata (o solo affumicata se si gradisce un gusto più aggressivo) e guarnisco con un ciuffetto di rosmarino fresco.



MONTADITO PIL PIL


Crepuscolo marino,
in mezzo
alla mia vita,
le onde come uve,
la solitudine del cielo,
mi colmi
e mi trabocchi,
tutto il mare,
tutto il cielo,
movimento
e spazio,
i battaglioni bianchi
della schiuma,
la terra color arancia ,
la cintura
incendiata
del sole in agonia,
tanti
doni e doni,
uccelli
che vanno verso i loro sogni,
e il mare, il mare,
aroma
sospeso,
coro di sale sonoro,
e nel frattempo,
noi,
gli uomini,
vicino all’acqua,
che lottiamo
e speriamo
vicino al mare,
speriamo.
Le onde dicono alla costa salda:
tutto sarà compiuto.

Pablo Neruda, Ode alla speranza

L'Ode alla speranza di Neruda è una poesia a cui sono molto legata, scoperta in un momento molto riflessivo e di grande sensibilità della mia vita.
Il mare è fonte universale di ispirazione poetica, fonte di vita e di morte, di lotte e speranze e di sogni affidati alle onde e all'infinito, diverso da quello leopardiano ma sempre evocativo di pensieri, sogni e ricordi. Questo mi hanno ispirato i Paesi Baschi affacciati sul mare, forse visitati a fine stagione, con cielo grigio e tempo piovoso, in un'atmosfera ovattata e struggente che mi ha lasciato una sorta di mestizia mista a malinconia, rincuorata però dalla speranza, proprio come nella poesia di Neruda.
A San Sebastian, tempio della migliore gastronomia ispanica, ho assaggiato un' interpretazione già modernizzata del tradizionale bacalao al pil pil, che altro non è che del baccalà cotto in olio e tanto aglio, che diventava una salsa cremosa. Non ho ancora  scoperto però cosa significhi pil pil!
Ho pensato di scorporare gli ingredienti e di infilare il baccalà mantecato nei peperoncini del piquillo, come quelli che prepara Angelo Torcigliani nel suo ristorante Il Merlo, a Camaiore, di cui mi ero innamorata.  Il pane nero è venuto da sé per esigenze cromatiche e comunque, ha il mare dentro, perché non è carbone ma nero di seppia. Il pil pil l'ho reso con una maionese all'aglio, preparata con latte e olio extravergine d'oliva, senza uova.
E i piquillo? trovati e forniti con grande tempestività, su mia richiesta,  dal simpaticissimo Luca Benigni, titolare insieme alla sua famiglia della gastronomia L'angolo del Buongustaio,  del Mercato Centrale di Livorno, o delle Vettovaglie che, va detto, è poco conosciuto ma è il più grande d'Europa!

Si tratta di una varietà botanica unica ed autoctona della Navarra.  Piccoli, piccanti e di colore rosso intenso, lunghi 8-10 cm, da crudi, sono molto amari ma grazie alla pratica tradizionale di arrostirli su braci a legna, perdono la loro amarezza e mantengono la loro carnosità e  il loro aroma speciale, delicato, con retrogusto di arrostito e diventano un prodotto gastronomico eccellente e molto ricercato. Vengono confezionati in scatola o in contenitori di vetro, che dovranno presentare la corrispondente etichetta con il nome della Denominazione d'Origine Pimiento del Piquillo di Lodosa, così come il logotipo della Denominazione d'Origine, in vigore dal 1987.


Ingredienti per 8-10 montaditos

per il pane:
250 g di farina 00
80 ml d'acqua
8 g di nero di seppia
3 g di lievito disidratato
2 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
un pizzico di sale
un pizzico di zucchero
guanti!

per i piquillo
1 confezione di peperoncini del piquillo conservati
200 g di baccalà già ammollato
1 patata piccola (80 g ca)
2 cucchiai di latte
olio extravergine d'oliva aromatizzato all'aglio (vedi sopra)

per la salsa pil pil
4-5 spicchi d'aglio
150  ml di latte
100 ml di acqua
80 ml di olio extravergine d'oliva delicato
un pizzico di sale

rametti di origano fresco per decorare

Come prima cosa ovviamente prepariamo il pane. Setacciamo la farina col lievito e lo zucchero in una ciotola capiente. Versiamo un po' d'acqua dove avremo sciolto il nero di seppia,  l'olio e iniziamo a mescolare. Quando prende consistenza iniziamo ad impastare (coi guanti!!), aggiungiamo anche un pizzico di sale, lavoriamo brevemente fino ad ottenere un impasto morbido ma non appiccicoso, formiamo due filoncini, mettiamoli su una teglia, foderata di carta da forno, a lievitare fino al raddoppio. cuociamo in forno a 170° C per 20-25 minuti.

Durante la lievitazione e la cottura del pane, cuociamo il baccalà nel microonde a potenza massima per 5-6 minuti. Spelliamolo e tritiamolo finemente, poniamo la polpa in una ciotola.
Cuociamo anche la patata nel microonde, vedi sopra, peliamo e passiamo nello schiacciapatate. Mantechiamo il baccalà tritato con la pure di patata, un po' di latte e olio, regoliamo di sale se necessario.
Mettiamo il composto in una sacca da pasticceria e farciamo con pazienza i piquillo, che sono delicatissimi e si rompono facilmente.
Prepariamo anche la salsa pil pil facendo cuocere per cinque  minuti circa gli spicchi d'aglio, sbucciati, spaccati in due e privati dell'anima, nel latte e 120 ml d'acqua. Scoliamoli e schiacciamoli con una forchetta. Mettiamo l'aglio nel bicchiere di un frullatore con i restanti 30 ml di latte, iniziamo a montare con il frullatore a immersione come per una normale maionese, versando a filo l'olio fino a che si crea un'emulsione spumosa e consistente. Regoliamo di sale.

Tagliamo a fette in senso obliquo il pane nero, tostiamolo un poco in forno, spalmiamo un po' di salsa sulla superficie, adagiamo un piquillo intero o tagliato a metà (per facilitare il morso!) e guarniamo con foglioline di origano fresco.


PINCHOS D'ACCIUGHE GALEOTTE

.....noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.

E s'è scomodato pure il divino padre della lingua italiana! Proprio in virtù della celebre frase, che l'Alighieri fa pronunciare a Francesca,  nel memorabile canto dell'Inferno dove compaiono, nel girone dei lussuriosi, gli sfortunati amanti, Galeotto, anche con la minuscola, è divenuto sinonimo di "sensale d'amore"  cioè persona, oggetto o situazione che ha favorito il nascere di una relazione amorosa o d'amicizia.
Le acciughe sono state galeotte per la mia amicizia con Mai! E' scoccato un vero colpo di fulmine quando finalmente ci siamo trovate de visu alla presentazione del primo libro dell'Mtchallenge a Genova, L'Ora del Paté, dove compariva una mia ricetta di paté d'acciughe. .
Tutto merito delle acciughe! Prima di Genova, ci conoscevamo solo virtualmente, grazie alla raccolta Un'acciuga al giorno. Un bel giorno Mai mi aveva sorpreso, mi aveva chiesto l'indirizzo di casa, doveva spedirmi una cosina che aveva visto e aveva pensato a me. Prima ancora di esserci conosciute di persona! Troppo carina!! Mi mandò due cacavelline deliziose in ceramica, a forma di lattina d'acciughe,  che ho immortalato in alcuni post a lei dedicati naturalmente.


Un anno fa, dovendo programmare un viaggetto nell'Empordà, Catalunya, mi sono rivolta a lei per avere consigli e suggerimenti cultural-gastronomici. Fra questi, mi furono raccomandate da Mai le acciughe de L'Escala, non così celebri come quelle del Cantabrico ma altrettanto eccellenti e più accessibili a livello costi, che ho sono sparite da tempo ma che ho ri-ordinato per l'occasione!!
L'Empordà è uno spettacolare lembo costiero situato a nord di Barcellona e che si snoda fino al confine con la Francia, in un tortuoso susseguirsi di scogliere impervie e paesini gioiello incastonati in strette baie, fra cui brilla il più prezioso, nella baia più ampia e profonda:  Cadaquès, un vero incanto,  di cui mio marito ed io ci siamo innamorati a prima vista, con buona pace di Dalì che era ed è la sua attrazione principale avendone fatto il buen retiro della sua vecchiaia.

Ingredienti per 24 pinchos

24 acciughe fresche
60 g di pane casalingo posato (peso al netto della crosta)
30 g di burro
10 fettine di chorizo de Belota al pimentón
4 acciughe sotto sale de l'Escala 
qualche foglia di alloro fresco
semolino e olio extravergine d'oliva qb

Puliamo, sfilettiamo le acciughe togliendo la testa ma mantenendo la coda (aiuterà la chiusura dei rotolini) e apriamole a libro, immergiamole in acqua e ghiaccio per 10 minuti per purificarle. Scoliamole su carta assorbente.
Dissaliamo e sfilettiamo le acciughe sotto sale, facciamole sciogliere  nel burro, a fiamma bassissima, amalgamiamo burro e acciughe col pane, lavorandolo con le mani in modo che si impregni perfettamente e uniformemente.
Formiamo delle palline grandi come una nocciola e poi schiacciamole in modo da ottenere dei cilindretti calibrandoli con la larghezza dei filetti di acciughe fresche. Poniamole a compattare in frigorifero per almeno un'ora.
Tagliamo il chorizo a striscioline di misura appena inferiori alla lunghezza e larghezza delle acciughe.
Chorizo de Bellota grazie a Luca, come i piquillo

Passiamo i filetti di acciughe nell'olio, paniamole con il semolino, stendiamo una fettina di chorizo su ogni filetto, mettiamo al centro il cilindretto di pane burro e acciughe, arrotoliamo e posizioniamo su una teglia, oliata e cosparsa di foglie d'alloro, i rotolini con la parte della giuntura dei filetti sul fondo, così non sarà necessario chiuderli con uno stecchino.  Cuociamo in forno a 180° C per 8-10 minuti, inebriamoci del profumo che si spande per la cucina e pregustiamo l'assaggio!!



PS: avendole esibite  prima ancora di preparare i pinchos, ho dovuto assolutamente utilizzare le forchettine a forma di lisca appena acquistate. Sono però in acciaio, un po' pesantine dunque, non proprio perfette per questi rotolini d'acciuga, troppo leggeri.
I pinchos non sarebbero male neanche infilzati nelle foglie d'alloro o rametti di rosmarino spogliati degli aghi, con un solo ciuffetto all'estremità:



CONCLUSIONE:

Alla fine, mi son fatta prendere la mano dai ricordi e dall'ispirazione del momento, e mi rendo conto che i comuni denominatori di queste tapas, montaditos e pinchos sono multipli: in primis la vuelta à Espana dall'Atlantico al Mediterraneo con i suoi riferimenti gastronomici, e il mare fondamentalmente, ma anche i sentimenti poetici che gli infiniti orizzonti di questo ispira a tutti noi .....

........uomini,
vicino all’acqua,
che lottiamo
e speriamo
vicino al mare,
speriamo.
Le onde dicono alla costa salda:
tutto sarà compiuto.