sabato 21 aprile 2018

MOSTELLA IN FRITTURA COL VINO DA APICIO



IL PESCE IN FRITTURA COL VINO DI APICIO

Prendi i pesci che ti piacciono, crudi, e lavali; sistemali in padella. Metti olio, garum*, vino, un mazzetto di porri e coriandoli; fai cuocere. Polverizza pepe, origano, ligustico** e il mazzetto allessato; tritura e tempera con salsa piccante. Lega;  e quando sarà ben soda, servila con una spruzzata di pepe.

Queste le sommarie indicazioni tradotte fedelmente dal ricettario del celebre Marco Gavio Apicio, noto anche semplicemente come Apicio, un vero gourmet ante litteram, vissuto presumibilmente nel 1° secolo DC, a cui si devono le maggiori testimonianze della sfarzosa cucina della Roma Imperiale. La sua biografia non è certa ed è farcita di misticismo e aneddoti come quello più eclatante relativo al suo suicidio poiché, ridotto il suo patrimonio a “soli” 10.000 sesterzi (cifra considerevole secondo gli storici latini), non avrebbe più potuto mantenere il suo alto tenore di vita.
I vari frammenti di Apicio dimostrano come fossero importanti e abbondanti le salse e i condimenti nelle pietanze romane. I gusti erano forti, agrodolci, speziati, piccanti. Spicca fra tutti il garum di pesce che veniva utilizzato come il comune sale da cucina su ogni preparazione di carne, pesci e verdure e non mancava quasi mai nei componenti delle salse.

Brevemente, il garum era una salsa molto popolare ottenuta lasciando macerare vari pesci sotto sale, spezie e aromi. A seconda dei pesci utilizzati e a seconda del luogo di produzione, ve ne erano di pregiate e di più ordinarie. L’erede di questa salsa è l’attuale Colatura diAlici di Cetara, il liquido ambrato ottenuto dalla macerazione delle alici sotto sale.

Per la GN della cucina dell’anticaRoma del Calendario del Cibo Italiano, ecco  la mia interpretazione della ricetta indicata con il titolo “pesci in frittura col vino” per la quale ho utilizzato quello che offriva il mercato, scegliendo le poco note e rare mostelle, dalla fine polpa soda bianca e saporita, che non hanno niente da invidiare a quella dei più pregiati e conosciuti scorfani e gallinelle ma sono molto più convenienti nel prezzo!


Ero scettica sulla salsa, invece era squisita, almeno la mia versione! Ovviamente non c’è possibilità di riscontro. Chissà come sarà stata l’originale..

 MOSTELLE IN FRITTURA COL VINO



Ingredienti per 2 persone

2 mostelle di scoglio da 300 g cad. (o gallinelle/scorfani/triglie)
20-30 ml di colatura di alici di Cetara
80 ml di vino bianco secco
2 foglie di porro
2-3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
1 mazzetto di coriandolo fresco

Per la salsa:
½ cucchiaino di origano secco
Una manciata di foglie di levistico o foglie di un cuore di sedano bianco
½ cucchiaino di pasta di peperoncino media piccantezza (peperoncini jalapeno freschi macinati con olio extravergine)
Pepe nero di mulinello qb

il prodotto moderno più vicino al garum è la colatura di Alici di Cetara

**ligustico o levistico o sedano di montagna, in alternativa si può sostituire con del sedano




 Squamate ed eviscerate i pesci, lavateli bene sotto acqua corrente e asciugateli. Metteteli in una casseruola di rame, cospargeteli con l’olio, il vino bianco e la colatura, unite le foglie di porro arrotolate e il mazzetto di coriandolo legato. Cuocete in forno a 200° C per 15 minuti. Tenete in caldo.

Prelevate i porri e il coriandolo, eliminate lo spago, tritateli insieme alle foglie di levistico o sedano, metteteli in un pentolino, unite l’origano, la pasta di peperoncino, una macinata di pepe, legate con il liquido di cottura dei pesci, facendo andare a  fuoco dolce per pochi minuti, diluendo con ulteriore vino se necessario. Regolate di sale, aggiungendo altra colatura se necessario.

Servite i pesci nappati con la salsa. Aggiungete eventualmente un’ultima macinata di pepe, se gradito.



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