mercoledì 22 ottobre 2014

SCAPECE ESPRESSO, TRA GALLIPOLINA E SAOR PER I MAGNIFICI 6




Da non credere, questo scapece mi frulla nel capo da fine luglio, appena appreso del contest I MAGNIFICI 6, organizzato da AIFB in collaborazione con CITTA' DELL'OLIO, ovvero, suddivisi in 6 categorie, i grandi piatti che da nord a sud raccontano la  tradizione italiana, incentrata sulla dieta mediterranea dove l'olio extra vergine d'oliva gioca un ruolo fondamentale.
Importante dunque il rispetto dei parametri della dieta mediterranea,  modello nutrizionale ispirato alle abitudini alimentari tradizionali mediterranee in cui si privilegia  il consumo di cereali, legumi, frutta, verdura, pesci e olio extra vergine d'oliva, quest'ultimo, esclusiva e vero tesoro del bacino del Mediterraneo.
Questo tipo di alimentazione, è risaputo, è particolarmente idoneo a prevenire tumori e malattie cardiovascolari grazie all'elevato contenuto in fosfolipidi del pesce, degli acidi monoinsaturi e degli antiossidanti dell'olio extravergine d'oliva, delle fibre e delle vitamine di frutta e verdura.
 
Dopo aver onorato il contest con i  MAZZETTI DI ZITI CON LE SARDE IN BRODETTO DI FINOCCHIETTO E ZAFFERANO per la categoria PASTA e il CARPACCIO DI PORCINI E PERE AL PESTO DI NEPITELLA CON TAGLIATELLE DI CALAMARO E SEDANO CROCCANTE per la categoria PESTO, tocca finalmente allo SCAPECE che, come dicevo più su, è stato concepito a luglio ma partorito solo ora per via delle ferie di mezzo e poi i mille impegni al rientro. 
 
E' andata così: quando appresi del contest, avevo appena preparato, ma non ancora pubblicato,  un piatto per le E-SALTATE MTC, cioè una rivisitazione ardita della famosa pasta alla Norma siciliana:  UNA NORMA FUORI DALLA NORMA. Mi piaceva molto e, leggendo le regole e i parametri del contest, poteva andare bene anche per I MAGNIFICI 6 ma qualcosa mi tratteneva, anche perché volevo partecipare con i miei pescetti e poi quella Norma era veramente ardita. Casualmente parlando con l'amico enogastronomo Giorgio Dracopulos ( La tavolozza del gusto, Il Corriere del vino, Ognisette, e importanti riviste cartacee come OINOS, ospite da anni a Madrid Fusion e Los Mejores de la gastronomia) gli chiedo un parere e gli mando la foto e la descrizione del piatto. Pur complimentandosi per l'idea e la presentazione, sostiene che quei paccheri a mo' di sushi sono già visti e rivisti e che Iaccarino, Cambi e la nostra presidente Anna Maria Pellegrino  meritavano di più. Ero d'accordo. La mando alle E-saltate e poi penserò ad un'altra pasta.
Ma, continuando la consultazione con il paziente amico, gli comunico le altre categorie in cui vorrei cimentarmi oltre alla pasta, ovvero il pesto e lo scapece.
Per il pesto avevo già in mente quello alla nepitella ma non sapevo ancora come presentarlo, poi ci sono arrivata. Per lo scapece mi sarei buttata su qualcosa di livornese tipo gli zerri sotto pesto  (Livorno ha una terminologia gastronomica tutta sua, in realtà è una sorta di scapece o carpione) o le anguille in scaveccio dell'Argentario che rimandano ai carpioni dei pesci di lago o delle stesse anguille dei miei luoghi natali lombardi. Invece Giorgio mi blocca subito: "troppo facile giocare in casa, che sia Lombardia o Toscana, vai fuori regione, così esibisci una conoscenza più ampia. Cerca, studia, approfondisci, guarda per esempio lo scapece alla Gallipolina". Sono stata in Puglia qualche anno fa e proprio a Gallipoli ma non ricordo di aver mangiato questo scapece. 
Seguo il consiglio, mi documento, c'è lo zafferano, è mio!! "Giorgio, preparati, quando torno dalle vacanze, ti tocca  assaggiare lo scapece!"  E ridendo e scherzando, pensando e ripensando, elaborando e rielaborando e soprattutto, aspettando il momento giusto, il gran giorno è arrivato. Scapece fatto, fotografato, assaggiato e approvato dall'amico, gradito ospite a pranzo proprio ieri  con la sua gentile consorte! Documenterò l'intero pranzo prossimamente perché non gli ho fatto solo lo scapece ed è stata una grande esperienza soprattutto per i vini che ci hanno portato!!!

Lo scapece/scaveccio/scabeggio e i vari carpioni  e saor che si ritrovano da nord a sud, sono tutti derivati dall'escabeche spagnolo, a sua volta d'origine araba. Nasce dalla necessità di conservare, quasi sempre pesci ma anche carni e verdure, marinandoli  con aceto, vino, spezie e aromi vari, spesso usando anche aglio e  cipolle, noti sin dall'antichità per le loro  proprietà antisettiche e antibatteriche.

Lo Scapece, o la Scapece alla Gallipolina pare sia nato nel periodo in cui Gallipoli, città marinara, era costretta a subire gli assedi da parte delle potenze mediterranee. Per scongiurare la fame era necessario rifornirsi di cibo da conservare per molto tempo e il pesce, abbondante nei mari intorno alla città, si prestava a questo uso.
L’origine del nome può derivare o da Escha Apicii, cioè salsa di Apicio, autore del più antico libro di gastronomia, che ne aveva parlato, oppure potrebbe derivare dall’arabo As-sikbāj, una pietanza piuttosto simile alla scapece realizzata nelle aree arabe, ma a base di carne. Le testimonianze storiche parlano di questo piatto in Puglia già nel Duecento. 
L'ingrediente  principale di questo  scapece è il pesce che viene fritto e fatto marinare tra strati di mollica di pane imbevuta con aceto e zafferano all'interno di tinozze di legno, chiamate, in dialetto gallipolino, "calette". Lo zafferano dona al piatto il colore giallo che lo rende caratteristico.
Oggi la scapece Gallipolina viene servita come specialità gastronomica nei ristoranti ed è un prodotto tipico delle feste patronali nel Salento.
Nella scapece gallipolina il pesce non viene pulito prima di essere fritto a causa della quantità e della dimensione ridotta delle specie di pesci utilizzati: boghe, zerri, sarde, acciughe.  Mantenere la lisca del pesce potrebbe sembrare strano ma questa viene ammorbidita e resa commestibile con la marinatura in aceto.  I pesci fritti vengono disposti  a strati alternati con la mollica di pane imbevuta con l'aceto in cui è stato sciolto lo zafferano. La mollica che si utilizza è quella della pagnotta tipica pugliese con semola di grano duro. La forma di pane viene privata della crosta e tagliata a metà, le varie metà vengono poi strofinate su uno strumento detto "crattacasa", una grande grattugia formata da un semi cilindro di acciaio largo mezzo metro sulla cui superficie sono stati praticati dei fori larghi un centimetro.

Una versione simile si ritrova anche in Abruzzo, regione di provenienza di uno zafferano di altissima qualità

credits: Wikipedia e Enogastronomia del Salento

Dunque, questo scapece mi piace da subito ma sono scettica sulla quantità di aceto, temo che ammazzi lo zafferano che forse veniva usato più per il colore che per il gusto! Elaboro mentalmente una versione più delicata con quantità di aceto minori e soprattutto uso quello di mele, più delicato di quello di vino e aggiungo note agrodolci fondendola con il saor veneziano (sarde fritte, marinate con cipolle in agrodolce, uvette, pinoli e spezie varie) rivoluzionandolo un poco naturalmente. Scelgo le amate acciughe come pesci e preferisco diliscarle, più adatte sicuramente per la versione espressa.

Però per la prova pratica, eseguo sia quello tradizionale a strati, fuso col saor, preparato due giorni prima e lasciato a marinare adeguatamente,  sia quello più artistico, cioè quello espresso,  con le acciughe fritte al momento, coperte da tutti gli ingredienti dello scapece/saor + un tocco modernista, il sorbetto di scapece per dare ancora più verve al piatto e divertirsi anche con il contrasto caldo freddo, oltre che agro-dolce e morbido-croccante.


Versione più o meno classica a strati, che era già buona:


Versione espressa con sorbetto ed emulsione di pinoli,  presentazione più coreografica
 


 

 

e questa propongo per il contest I MAGNIFICI 6, categoria SCAPECE
 
http://www.aifb.it/2014/07/i-magnifici-6-il-contest-dellanno.html
 


Ingredienti per 4 persone

Sorbetto scapece:
40 g zucchero bianco semolato
40 ml acqua
1 albume
2 cucchiai d'olio evo salentino, cultivar ogliarola, delicato e fruttato, di media aromaticità
2 cucchiai e 1/2 di aceto di mele

250 g pane di  semola di grano duro tipo pugliese
2  cucchiai d'acqua
3 + 2 cucchiai d'aceto di mele
1 cucchiaio d'olio evo c.s.
1 bustina da 0,1 g  di zafferano in polvere purissimo dell'Aquila
 20-25 g di uvetta sultanina bio

2 cipolle di Certaldo medie  (80-100 g cad.)
aceto di mele, olio evo c.s., sale, zucchero, alloro

15 g di pinoli di San Rossore (Pi)
30 ml latte fresco parzialmente scremato
60-80 ml olio evo c.s.

16 acciughe fresche medio-grandi
farina 00 bio
olio di semi d'arachidi qb*
sale qb

* rinuncio all'extravergine solo  per la frittura del pesce,  l'olio di arachidi ha un punto di fumo altrettanto elevato e non copre il sapore del pesce

Mettere l'acqua e lo zucchero in un pentolino, portare a 121° C, nel frattempo azionare le fruste per montare l'albume fino a consistenza media, al raggiungimento della temperatura, versare lo sciroppo a filo lungo le pareti della planetaria o del recipiente in cui si sta montando l'albume e continuare a montare fino a raffreddamento. Unire da ultimo l'aceto e l'olio montando  per pochi secondi, giusto il tempo di amalgamare gli ingredienti.  Mettere in freezer in un contenitore chiuso.

Affettare le cipolle  a rondelle non finissime, spadellare per pochi minuti con un filo d'olio, una foglia di alloro spezzata,  una spruzzata d'aceto, 1 cucchiaio  di zucchero e un cucchiaino scarso  di sale. 

Affettare il pane, togliere la crosta. Tritare grossolanamente sia il pane che la crosta. Tostare la granella ottenuta dalla crosta in padella antiaderente con un cucchiaio d'olio e due d'aceto dove avremo sciolto 1/3 della busta di zafferano, fino a che diventerà bella croccante.

Tostare il resto del pane in forno, poi bagnarlo con un'emulsione preparata con 2 cucchiai di acqua, 3 di aceto e il resto dello zafferano.

Tostare un poco i pinoli in una padella antiaderente e poi passarli al mixer riducendoli in polvere finissima. Mettere il latte a temperatura ambiente nel bicchiere di un frullatore ad immersione, aggiungere a filo l'olio e iniziare a montare come per una normale maionese. Aggiungere anche la polvere di pinoli e continuare a montare fino ad ottenere una salsa cremosa. Regolare di sale. Trasferire l'emulsione ottenuta in un biberon da cucina.

Far rinvenire l'uvetta in acqua calda e poi scolarla e asciugarla.

Togliere il sorbetto dal freezer, frullarlo con un frullatore ad immersione per ottenere una consistenza cremosa. Rimetterlo altri dieci minuti in freezer prima di impiattare.

Al momento di andare a tavola: infarinare le acciughe pulite, diliscate e aperte a libro, mantenendo la codina, poi friggerle in abbondante olio di semi di arachide, scolarle su carta assorbente, salarle e assemblare velocemente il piatto (per non perdere il contrasto caldo/freddo) : disporre quattro acciughe su ogni piatto , napparle con le cipolle, guarnire con foglie d'alloro, cospargere con uvetta, con il pane allo zafferano bagnato e quello croccante, dare delle strisciate con l'emulsione ai pinoli e da ultimo completare con due palline di sorbetto sopra le acciughe. E buon divertimento!








 

9 commenti:

  1. Ciao Cristina, confermo! Eccezionale :)
    Come anticipato, avevo in mente di farlo anche io perché in Abruzzo la scapece è alla vastese segno evidente di influenze culturali che passano dall'Abruzzo alla Puglia (perché la ricetta è identica, ma c'è lo zafferano che arriva dall'Aquila perché portato da un monaco nel 1200) grazie alla famosa transumanza.
    Insomma, davvero un bel piatto che si intona benissimo al saor. Brava!

    RispondiElimina
  2. Ciao Cristina, sono un socio Aifb come te.. e da Salentina non posso passare senza lasciare un commento su questo piatto che hai saputo non solo reinterpretare ma anche impreziosire! Per tanti motivi sono legata a Gallipoli, anche se vivo a Lecce, e devo dirti che mi ha anche commosso leggere come lo hai presentato, il richiamo alla storia della "città bella" e tutto il resto.
    E' stato un piacere passare da qui. Sonia.

    RispondiElimina
  3. Cristina mi inchino alla tua maestria. Questo piatto, sicuro candidato alla vittoria, ha tutto per piacermi: l'uso dell'olio di semi per il pesce, le differenze di consistenza e temperatura, le cipolle semicaramellate, l'impiattamento (splendido), l'accostamento dei colori, e il sorbetto.
    In questo piatto c'e' sentimento e ragionamento. E buona tecnica.
    Fallo vedere a Marco Stabile, sono sicuro che apprezzerebbe.

    RispondiElimina
  4. sono commossa e onoratissima da questi splendidi apprezzamenti, grazie di cuore a tutti voi!!

    RispondiElimina
  5. Spettacolare...non manca niente.. consistenze, contrasti...manca solo una forchetta x l'assaggio :) BraveRRima :)

    RispondiElimina
  6. Fantastica questa ricetta! Io conoscevo la versione molisana/abruzzese (molto simile) che ho già proposto nel mio blog per un MTC e avrei voluto preparare anche per i magnifici 6, ma questa gallipolina mi mancava proprio e ora vorrei proprio assaggiare il tuo piatto! Bravissima, come sempre!

    RispondiElimina
  7. pensa che anche l'antenato del sushi è nato così, con il pesce da conservare pressato tra strati di riso all'aceto...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo, ricordo bene il tuo post magistrale sul riso, sushi compreso!

      Elimina
  8. Stupendo. Non sono capace di dire altro. Da Livornese scapece mi fa venire in mente gli zerri sotto al pesto.... Che poi, come hai giustamente detto, noi Livornesi si chiama 'pesto' ma non è. :-) Sicuramente proverò questa ricetta. Grazie e continua a stupirci!

    RispondiElimina

HANNO ABBOCCATO ALL'AMO